Patrizia Valduga

Medicamenta

Vieni, entra e coglimi, saggiami provami...
comprimimi discioglimi tormentami...
infiammami programmami rinnovami.
Accelera... rallenta... disorientami.

Cuocimi bollimi addentami... covami.
Poi fondimi e confondimi... spaventami...
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami... ardimi bruciami arroventami.

Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domami, sgominami poi sgomentami...
dissociami divorami... comprovami.
*
Ho veduto due mosche un certo giorno:
cento colpi al minuto, mi hanno detto.
Le sue mani ho veduto a te dattorno,
ti stringeva alle reni con dilett.
Spargi seme, dannato capricorno,
a caso, dove viene viene.. A letto,
già, nel gioco dei ditteri l'esperto!
O gran dio, nell'inferno son per certo!
*
A me creduta esangue, non veduta,
un'oncia di coraggio, una manciata
di ragione scovata e già perduta,
lo dica qui dei vati la brigata,

di astro1ogi e indovini, il ciel li aiuta,
a che punto, lo dica di volata,
io sono con la vita (a mia insaputa)
e con la morte... a che punto agguantata

e goduta, di che g dente... O notte,
che su di me t'inarchi e mi tormenti,
mi sono inutili i pensieri... Notte

sifone del mio sangue e alba di lenti
lenti piaceri, disperdi le rotte
d'amore, sveleniscile al tuoi venti.
*
Di vacuità, vacazioni di sé
in assenze... e il futuro che sta là
e non si fa presente... né si sa
se rinnegarlo o prevenirlo in sé...

Darsi uno scopo che ancora non è
vita... se il vacuo invita o addita... Ma
certo a mancare il tempo poi verrà,
con vuoto di piaceri pianti o che,

e tempo di dar sale, d'assalire
l'altrove, il non per me, l'altro avvenire...
o perlomeno il perché d'altri giorni

d'altri, come dormire... di ritorni
del non ancora, di chi sia a morire...
e del rifar notte... infine capire.