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NOTA INTRODUTTIVA |
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a cura di Roberto Liberi |
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È probabilmente destino che le memorie di una persona, le carte, i documenti, le foto e le cartoline raccolte nel corso di una vita, ciascuna con il suo preciso significato per chi queste cose ha conservato, finiscano prima o poi in uno dei tanti mercatini del cosiddetto antiquariato minore, fra l’indifferenza dei più e, a volte, l’interesse dei collezionisti. È così che ho rinvenuto su una bancarella l’album di fotografie che qui presento, composto da Eugenio Torriani, ufficiale di Marina nato il lontano 24 luglio 1898, relativo al periodo che va dall’autunno 1929 al gennaio 1932 nel quale il Torriani, allora Tenente di Vascello poi promosso Capitano di Corvetta, fu destinato all’Accademia Navale di Livorno, molto probabilmente nell'incarico di aiutante di bandiera dell'Ammiraglio Comandante dell'Accademia, quel Domenico Cavagnari che di lì a poco doveva salire ai vertici dell'organizzazione, diventando Capo di Stato Maggiore nonché sottosegretario. Me lo fa ritenere sia un'immagine che lo ritrae con i noti "orpelli" distintivi dell'incarico, sia la coincidenza del periodo (Cavagnari fu a capo della R. Accademia dal 21 ottobre 1929 al 4 febbraio 1932). Poche notizie ho dell’ufficiale, entrato in Accademia nel 1913 e nominato Guardiamarina il 18 ottobre 1917. Un vecchio annuario del 1938 mi permette di sapere che fu promosso nel 1934 al grado di Capitano di Fregata. Ma per lui ci parlano le cento fotografie raccolte, che riguardano sia momenti per così dire "istituzionali" (cerimonie ed avvenimenti a Livorno e in Accademia), sia momenti privati, con pranzi fra colleghi, gite, svaghi al mare, in Versilia ma più spesso presso i vicini Bagni Pancaldi, sia infine l’attività sportiva con decisa preferenza per l’equitazione pur non disdegnando vela e canottaggio. Particolarmente interessante è il periodo documentato dall'album. Domenico Cavagnari prese, come si è detto, il comando dell'Istituto nell'ottobre del 1929. L'Accademia non era più quella da lui conosciuta da allievo quarant'anni prima: non solo era più grande, più moderna e più efficiente, ma non aveva più l'aria del collegio, senza più la preponderanza del sangue nobile. Per l'Accademia borghese, un comandante di estrazione borghese. Il padre di Cavagnari era un farmacista della Genova fine Ottocento e del genovese l'ammiraglio aveva la diffidenza e l'acume, la riservatezza e l'avarizia di parole. Cavagnari dà all'istituto la struttura di un solido ateneo con le stellette. E insieme comincia ad assolvere una funzione delicatissima, quella di ponte tra la Marina e il regime mussoliniano. Da una parte c'è la Marina, riservata e gelosa della propria autonomia, nemica per temperamento e per educazione delle manifestazioni plateali, delle adunate di massa, delle intemperanze verbose, che soprattutto non intende cambiare la bandiera tricolore con il gagliardetto fascista: dall'altra c'è una dittatura politica molto grossolana che ha nell'Aeronautica l'arma preferita, più "sua", giovane e tutta da plasmare, e che cerca di allargare la propria influenza anche sulla flotta. L'ammiraglio genovese deve controllare che non si allarghi troppo. Il periodo in cui Cavagnari assume la direzione dell'Accademia è cruciale. Nel 1930 il ministro della Marina chiede che le più alte personalità del regime vengano a tenere una serie di conferenze nell'ateneo labronico. Apre la serie, il 17 marzo, il segretario del partito fascista Augusto Turati con il tema "La concezione fascista dello Stato". Il nostro album ci mostra Cavagnari fare gli onori di casa alla presenza delle autorità militari e civili di Livorno al completo. Una settimana dopo è il turno del ministro delle Corporazioni, Giuseppe Bottai, sul tema "La carta del lavoro" ed anche questo evento ci è documentato dal nostro album che non si sofferma invece sulle altre cinque conferenze tenute rispettivamente dall'ambasciatore presso la Santa Sede, Cesare De Vecchi, conte di Val Cismon, dal gerarca della finanza Ettore Rosboch, dal prefetto di Palermo, Umberto Albini, dal capo di stato maggiore della Milizia, Attilio Teruzzi, e dal senatore Tito Poggi. Per il silenzio dell'album sulla successiva visita di Mussolini all'Accademia il 14 maggio di quell'anno sospetto invece la mano del bieco mercante che ha con ogni probabilità preferito vendere a parte le pagine relative per conseguire un maggior profitto, smembrando così una preziosa testimonianza. Il successivo 15 agosto la prima squadra navale si riunisce nel porto di Livorno in occasione della consegna della bandiera di combattimento al C.T. Zeffiro, costruito dai Cantieri Ansaldo di Genova ed entrato in servizio nel 1928 e l'album ci dà immagini suggestive della bella ed imponente cerimonia. L'anno successivo è quello dei festeggiamenti per il cinquantenario che vanno in scena il 5 dicembre contemporaneamente al varo dell'incrociatore Pola. In porto e alla fonda sono schierate anche in questo caso le unità della prima squadra che alza l'insegna dell'ammiraglio Ernesto Burzagli. Incrociatori Trento e Trieste, portaerei Miraglia, cacciatorpedinieri Zeffiro, Pantera, Ostro, Borea, Espero, esploratori Da Recco, Pessagno, Vivaldi, Usodimare, Da Noli, Pancando, Tarigo, Malocello. È un venerdì piovoso e soffia robusto lo scirocco. Il mare in burrasca costringe il direttore del cantiere, ingegner Carlo Serra, a rimandare il varo. La madrina è la duchessa di Pistoia, che infrange la bottiglia di champagne sulla fiancata della nave alla presenza di Vittorio Emanuele III, della regina Elena e del principe Umberto, con il seguito d'obbligo, mentre la folla, sotto la pioggia battente, grida "Viva il Re". Ma tutto finisce là ed il Pola rimane sullo scalo (varo secco si direbbe oggi). E si passa in Accademia. Per Cavagnari è il momento culminante del suo mandato. L'ammiraglio genovese, in grande uniforme e monocolo, riceve il re, la regina, il principe Umberto, il duca e la duchessa di Pistoia, il duca d'Aosta, il duca di Spoleto, il duca di Bergamo, il duca d'Ancona. E insieme: il Grande Ammiraglio Thaon di Revel, il ministro della Marina Sirianni, il ministro dell'Aeronautica Balbo, il ministro della Guerra generale Gazzera, il maresciallo d'Italia Caviglia, il generale Bonzani capo di stato maggiore dell'Esercito, l'ammiraglio Ducci capo di stato maggiore della Marina, il generale Valle capo di stato maggiore dell'Aeronautica, il generale Teruzzi capo di stato maggiore della Milizia, l'onorevole Giuriati presidente della Camera, il senatore Federzoni presidente del Senato, le medaglie d'oro Rizzo e Goiran, gli accademici d'Italia Vallauri, Romanelli e Mascagni. Non manca Costanzo Ciano, giunto con De Bono su un idroplano. E tra le greche di Acton, Bucci, Burzagli, Denti di Piraino, Miraglia, Moreno, Nicastro, Casanuova, Conz eccetera, c'è anche quella di Romeo Bernotti. I discorsi sono altisonanti e la commozione dilaga imperiosa. Il brano d'apertura del discorso pronunciato dal ministro Sirianni merita di essere riportato: "Sire, altezze reali, oggi nel giorno in cui si celebra il cinquantesimo anniversario dell'Accademia Navale, sono intorno alla maestà del re, presenti o in spirito, tutti coloro che in questa scuola furono educati e forgiati. Principi del sangue, membri del governo, ambasciatori, governatori di colonie, accademici d'Italia, senatori, deputati, uomini eminenti nella politica, nelle scienze, nell'industria e in ogni attività della nazione, uomini di mare dalle più alte gerarchie ai giovani allievi. Di alcuni il nome rimarrà, esempio di vigoria, di alto intelletto, di strenuo valore. In giorni nei quali non fervida era la fede, un nostro amato camerata di Accademia, il principe Luigi, duca degli Abruzzi, stretto congiunto di vostra maestà e nostro orgoglio, lasciava le sue orme nelle latitudini più estreme, sulle vette più eccelse, come ad incitare la Patria ad elevarsi, per spaziare con il suo spirito, per indirizzare i suoi ideali verso più vasti orizzonti. Ma intorno alla maestà del re, un'altra schiera di giovani, qui educati, è presente: i caduti. Più non si distinguono per gerarchie, per gradi, per insegne; è più in alto chi più generosamente ha dato per la sua terra ... Compirono tutti il loro dovere. Vostra maestà, venticinque anni or sono, in un giorno non dimenticato, offrì a questo istituto la bandiera. L'affidava incitando a ispirarsi a quegli alti ideali di valore che diedero una patria grande e unita. L'alto incitamento è penetrato nelle anime, ha temprato caratteri e volontà, rendendoli degni delle vicende severe: quella bandiera può oggi sventolare con onore". A Sirianni risponde Cavagnari che conclude così il suo discorso: "Da questa ormai provata e gloriosa Accademia si alza, ardente, fiero e solenne, il giuramento che, quando la maestà del re chiamasse le attuali e le nuove generazioni degne della patria, grande, eterna, indimenticabile, generosa, divina, non sarebbero da meno di quelle passate, decise a tutto sacrificare per il re e per la patria, oggi e sempre, maestà!". Seguono la visita, la rivista con le bandiere e le rappresentanze delle accademie militari di Modena, Torino, Caserta e Roma costituite dagli allievi di Fanteria, Artiglieria, Genio, Aeronautica e Finanza. I cannoni rombano ventun volte. E subito dopo il re, la regina e il principe ereditario tornano rapidamente alla stazione. Per solennizzare la ricorrenza, le regie poste hanno emesso speciali francobolli commemorativi da lire 0,20, 0,50 e 1,25.Una busta primo giorno commemorativa è inserita nell'album, con firma (a stampa) del ministro Sirianni, mentre un altro tipo di busta primo giorno potete trovarla nella sezione Accademia Navale del sito "La Marina in cartolina". La Duchessa di Pistoia ha accettato di rinviare la partenza e assisterà al varo del Pola che si effettuerà l'indomani. Il tempo, contro ogni previsione, è cambiato. Il varo riesce bene. Dopo la giornataccia del venerdì, sulla costa toscana splende il sole. La folla prende d'assalto il cantiere da tutte le entrate permesse e non permesse. Il direttore, ingegner Serra, spiega le ragioni del rinvio. La discesa in mare dell'incrociatore poteva effettuarsi regolarmente anche con lo scirocco, ma le condizioni dello specchio d'acqua dell'avanscalo e l'effetto del vento avrebbero reso pericolosa la manovra dei palombari per liberare lo scafo dall'ossatura di legname che costituisce la slitta con cui il Pola entra in mare, una slitta di 450 tonnellate. Al varo c'è anche un fuori programma. Un signore vestito di grigio, alto, senza cappello, va e viene sotto lo scafo, parla con gli operai, stringe la mano all'ingegner Serra e l'ingegnere ordina ai marinai che sono sulla tolda della nave di calare il barcarizzo. Ma il barcarizzo, che con la nave in mare sfiorerà l'acqua, adesso rimane più alto di quindici metri, non arriverà alla portata degli uomini in basso che devono appoggiare alla fiancata del Pola una scala di legno. E il tipo si arrampica svelto: l'acrobatico visitatore è Amedeo, duca d'Aosta, futuro viceré d'Etiopia: ha 33 anni ed ha seguito un corso di specializzazione all 'Accademia Navale, per cinque mesi. Poi il taglio dei cavi, gli schianti secchi della scure, la nave che, finalmente libera, non freme e non parte, i lunghissimi secondi di attesa tra la folla ammutolita, e poi la discesa dello scafo d'acciaio, il colpo d'ariete della poppa che solleva una muraglia d'acqua facendo ballare come turaccioli le barche, il concerto delle sirene: in sessanta secondi il varo è compiuto. I festeggiamenti per il cinquantenario dell'Accademia Navale si esauriscono quella mattina del 5 dicembre 1931 nel cantiere che ora si chiama Odero-Terni-Orlando. Ormai il compito di Domenico Cavagnari è giunto alla fine. La sua investitura è maturata. La parte sostenuta con grande decoro durante le celebrazioni del cinquantenario e la ristrutturazione dell'Accademia Navale hanno costituito un trampolino per prendere in pugno il timone della Marina. Nel febbraio 1932 Cavagnari lascia Livorno non prima d'aver assistito, con il fido Torriani, all'ultima caccia alla volpe a Tombolo il 18 gennaio 1932, come puntualmente il nostro album ci testimonia. (Le note storiche sono tratte dal libro "Livorno Ammiraglia - cento anni di Accademia Navale" di Aldo Santini - Belforte, Livorno 1981). |
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