LE BASI GENETICO-MOLECOLARI DELL'EREDITARIETA' DELLE RP AUTOSOMICO-DOMINANTI E AUTOSOMICO-RECESSIVE.
Presentiamo qui di seguito
un quadro riassuntivo dei progressi degli ultimi anni nel campo delle indagini
genetico-molecolari sulla retinite pig mentosa autosomico-dominante e autosomico-recessiva,
in particolare mediante un breve esposto sui singoli geni patologici e una
descrizione dei meccanismi patologico-molecolari conosciuti.
Alla grande varietà di forme cliniche della retinite pigmentosa si
accompagna un'analoga eterogeneità genetica della malattia. A tutt'oggi
sono noti una trentina di loci per la RP, attribuibili a diversi settori
cromosomici del menoma umano a dipendenza delle loro caratteristiche famigliari.
Un secondo aspetto della variabilità genetica è rappresentato
dal numero inaspettatamente elevato di mutazioni nei geni per la RP finora
identificati. Nonostante la diversità delle mutazioni, spesso i fenotipi
sono relativamente unitari, non chiaramente distinguibili l'uno dall'altro
mediante criteri clinici.
Retinite pigmentosa autosomico-dominante (adRP)
Nel 1990 venne scoperto il primo gene la cui mutazione poteva essere messa
in relazione con una forma di retinite pigmentosa ad ereditarietà
autosomico-dominante: era il gene della rodopsina, il fotopigmento molecolare
dei bastoncelli.
A partire da quel momento vennero identificati, in pazienti con una retinite
pigmentosa autosomico-dominante (adRP), un gran numero ( 100) di mutazioni
del gene della rodopsina. Si stima che il 20 % dei casi di retinite pigmentosa
autosomico-dominante sia dovuta a mutazioni della rodopsina.
Il secondo gene adRP conosciuto codifica per una proteina strutturale specifica
dei fotoricettori, la periferina /RDS. Questa è presente sia nei
coni sia nei bastoncelli. Si ritiene che la proteina della periferina partecipi
alla formazione e alla stabilizzazione della struttura fine - altamente
specializzata - di entrambi i tipi di fotoricettori. Si è postulato
che, a causa delle mutazioni, la quantità della proteina sintetizzata
dall'allele non modificato non basti più per il normale processo
di formazione dei segmenti esterni dei fotoricettori. Le mutazioni del gene
della periferina /RDS possono accompagnarsi a tutta una serie di fenotipi
clinici, che possono addirittura variare all'interno di una stessa famiglia.
Nella patogenesi della adRP le mutazioni del gene della periferina/RDS sono
scarsamente rappresentate, le stime indicano che riguarda un 3-5 percento
dei casi.
In pazienti RP di un piccolo gruppo di famiglie venne identificato, in aggiunta
a una mutazione eterozigote del gene della periferina/RDS, anche
una mutazione eterozigote del gene ROM1 (rodouter segment membrane protein
1), una proteina strutturale dei segmenti esterni dei fotoricettori (ereditarietà
digenica). Sull'insieme delle distrofie retiniche ereditarie, il numero
di casi di RP dovuti a mutazione del gene della periferina/RDS + ROM1 non
dovrebbe essere troppo rilevante. Eppure questo modello genetico di interazione
di mutazioni recessive di due geni (o di più geni noti o ancora sconosciuti)
potrebbe senz'altro svolgere un ruolo importante, magari nella patogenensi
dei cosiddetti casi sporadici o nei casi di malattie ereditarie non monogeniche
quali per es. la degenerazione maculare correlata all'età.
Nei geni per il fattore di trascrizione "Neural Retina Leucine Zipper/Basic
Motif-leucine Zipper" (NRL/bZIP) e per il fattore di trascrizione "Cone-
Rod Homeobox" (CRX), due dei cosiddetti fattori di trascrizione che
pilotano la morfogenesi e la differenziazione evolutiva dei fotoricettori,
sono stati di recente identificate delle mutazioni che causano retinite
pigmentosa autosomico-dominante. Sull'insieme dei casi di adRP si hanno
probabilmente pochissime mutazioni NRL e CRX, la quota parte dovrebbe essere
inferiore al 3 percento.
Nel 1999 venne trovato un ulteriore gene per la retinite pigmentosa autosomico-dominante
che corrisponde al locus RP1 sul cromosoma 8q11-
q22.
Accanto ai geni sopra discussi, a tutt'oggi nel genoma umano vennero trovati
almeno 6 altri loci per l'adRP, i rispettivi geni non sono però ancora
stati identificati.
Retinite pigmentosa autosomicorecessiva (arRP)
Questa forma di trasmissione genetica della RP è la più frequente,
soprattutto se si considera che la maggior parte dei casi cosiddetti sporadici
sono dovuti a mutazioni recessive di geni autosomici. Sono chiamati sporadici
quei casi in cui sulla base dell'albero genealogico non si riesce a determinare
con certezza le modalità della trasmissione della RP.
In caso di RP autosomico-recessiva parecchie proteine modificate a causa
di mutazioni dei geni sono coinvolte (direttamente o indirettamente) nella
cascata della fototransduzione. In pazienti con una RP autosomico-recessiva
sono infatti state trovate svariate mutazioni, in particolare dei geni della
rodopsina, delle sottounità alfa e beta della fosfodiesterasi, dell'arrestina
e della sottounità alfa del canale ionico comandato dal guanosinmonofosfato
ciclico cGMP dei bastoncelli. Che le mutazioni della rodopsina siano presenti
non soltanto nelle RP autosomico-dominanti, ma anche in quelle autosomico-recessive
(seppure molto più raramente) merita una menzione particolare.
Un secondo gruppo di proteine partecipa all'approvvigionamento di vitamina
A dei fotoricettori: in pazienti con svariate forme di distrofia retinica
autosomica-recessiva vennero trovate delle mutazioni nei geni per RPE65,
una proteina dell'epitelio pigmentato retinico (EPR), e per la proteina
legante il retinolo. È notevole constatare che queste proteine non
sono specifiche dei fotoricettori bensì sono abbondantemente espresse
nell'epitelio pigmentato retinico.
Il gene ABCR codifica per la proteina rim, una molecola da trasporto dei
fotoricettori, appartenente alla superfamiglia dei trasportatori con un
fattore ATP-legante. Mutazioni recessive di questo gene vennero trovate
innanzitutto in pazienti con la degenerazione maculare autosomico-recessiva
di tipo Stargardt. Soltanto in casi eccezionali le mutazioni (determinate
mutazioni?) del gene ABCR danno il fenotipo della distrofia generalizzata
della retina di tipo RP, che evolve probabilmente verso una perdita totale
delle funzioni. Il gene per TULP1 (tubby like protein 1) codifica per una
proteina espressa unicamente nella retina, di cui però attualmente
non si conosce ancora la funzione fisiologica esatta.
Svariati gruppi di mutazioni di peso per l'insorgere della malattia sono
stati identificati nel gene per TULP1 in pazienti/famiglie con retinite
pigmentosa autosomico-recessiva.
Il ruolo delle mutazioni degli 8 geni sopra citati nella patogenesi di tutti
i casi di adRP è piccolo, l'ordine di grandezza sarà dell'1-2%.
A causa del numero molto limitato di pazienti con una RP autosomico-recessiva
con mutazioni in uno dei geni citati, le ricerche sulle interazioni tra
genotipo e fenotipo sono di conseguenza estremamente difficili. Ammesso
che non esista un gene principale per la RP autosomico-recessiva e che la
base della nostra ipotesi scientifica sulla patogenesi molecolare generale
della malattia collimi con quest'ipotesi si può ritenere che la maggior
parte dei geni e loci della arRP sono ancora sconosciuti.
A parte i geni citati, le cui mutazioni sono associate con arRP, nel genoma
umano vennero finora mappati già 5 (altri) loci per la arRP. Anche
qui è difficile capire fino a che punto mutazioni di geni attualmente
ancora sconosciuti possano costituire una causa frequente di arRP.
C'è da aspettarsi che negli anni a venire la maggior parte dei geni
responsabili di una determinata forma di distrofia retinica ereditaria sarà
caratterizzata. Con l'estensione delle conoscenze delle basi genetiche aumenta
anche il nostro sapere sui processi fisiologici normali del complesso retina-coroide
umano. A questo si collega la speranza di fare dei progressi anche in fatto
di terapia. Per i geni qui descritti si può fare già
oggi una diagnosi diretta del DNA.
La più volte menzionata eterogeneità genetica, rispett. la
complessità delle distrofie ereditarie della retina e coroide dovrebbe
però imporre particolare prudenza nell'interpretazione dei risultati
dei test sul DNA. Si deve inoltre considerare che soltanto in un ridotto
numero di pazienti con RP una diagnosi del DNA avrà successo. Per
identificare delle mutazioni associate alla malattia, si dovrebbe infatti
analizzare tutta una serie di geni. Una simile diagnostica DNA è
necessariamente molto costosa e richiede molto personale senza peraltro
poter fornire in tutti i casi un risultato valido. Sappiamo anche che -
oltre al difetto genetico primario - ulteriori fattori possono influenzare
fortemente il quadro clinico della malattia.
I nuovi riconoscimenti sulle basi genetico-molecolari delle distrofie ereditarie
della retina e coroide porteranno in futuro ad attribuire più in
fretta maggiore peso ai diversi modelli animali per le distrofie retiniche
e al loro particolare significato per lo sviluppo di terapie farmacologiche
o geniche. A queste previsioni si associa la speranza che l'accompagnamento
dei pazienti negli ambiti diagnosi, profilassi, terapie vedrà pure
importanti miglioramenti.
Prof. dott. Andreas Gal, D-Amburgo