"La visione nell'infanzia: quali competenze in campo ?"
A cura di
Fabrizio Zeri
Psicologo riabilitatore - Roma
Lo studio dello sviluppo della percezione visiva e più in generale
dello sviluppo del bambino ha aperto orizzonti nuovi nella comprensione
delle implicazioni che un deficit visivo congenito o estremamente precoce
è in grado di determinare. Questa conoscenza può consentire
all'equipe clinica che si occupa d'ipovisione di mettere in atto l'intervento
riabilitativo più valido che sarà necessariamente diverso
a secondo dell'età d'insorgenza di tale deficit.
Ma quando termina lo sviluppo percettivo del bambino? E quali sono le competenze
visive e alla nascita? Inoltre è l'ambiente a determinare lo sviluppo
umano o questo è predeterminato geneticamente?
Fino agli anni '60 le conoscenze sulle competenze visive del bambino erano
ancorate ai pareri di alcuni tra i più autorevoli personaggi della
psicologia di fine ottocento e dell'inizio del nuovo secolo. William James
sosteneva che il mondo percettivo del bambino è una grande confusione
ronzante e variopinta. Freud e Piaget parlavano di un mondo indifferenziato
alla nascita. Questo quadro di un bambino incompetente da un punto di vista
della percezione visiva è stato, in questi ultimi 30 anni, profondamente
rivisto grazie alle ricerche condotte da numerosi autori. Queste ricerche
hanno rappresentato un vero e proprio boom scientifico che ha interessato
in modo principale lo studio del neonato e del bambino nella prima infanzia,
cioè prima dell'acquisizione del linguaggio, perché dopo questo
periodo si riteneva che lo sviluppo percettivo fosse completo.
L'aspetto che ha permesso in primis questa esplosione di ricerche è
stato senza ombra di dubbio lo sviluppo di una serie di tecniche di ricerca
piuttosto ingegnose che hanno ovviato al problema dell'impossibilità
nella prima infanzia di sfruttare le risposte verbali del bambino.
Consideriamo dapprima lo sviluppo delle funzioni visive di base come l'acuità
visiva (AV), la sensibilità al contrasto (SC), la visione dei colori,
l'accomodazione e la convergenza, la visione binoculare, l'oculomotricità.
che sono alla base della percezione visiva
Nei primi sei mesi di vita è possibile riscontrare un rapido incremento
sia dell'AV che della SC. Alla nascita il neonato presenta un'AV di circa
1 c/g a tre mesi di 2-5 c/g a 6 mesi di 6-20 c/g (ricordiamo che 1/10 equivale
a 3 c/g)-(Fig.1). Nello stesso periodo la curva di SC si modifica (Fig.2)
indicando un aumento della sensibilità assoluta a tutte le frequenze
spaziali, specie a quelle medie, e un aumento della gamma di frequenze spaziali
a cui il bambino è sensibile in particolar modo alle alte (questo
sta ad indicare l'aumento dell'AV). Per quanto riguarda la percezione cromatica
già a 2 mesi i bambini normovedenti sembrerebbero usare il sistema
tricromatico potendo compiere discriminazioni tra stimoli colorati anche
se solo di grandi dimensioni e forte intensità. L'accomodazione e
la convergenza, bloccate alla nascita, sembrerebbero entrare in funzione
a 2-4 mesi. L'allineamento dei due occhi è buono fin dalla nascita
e la stereopsi (la percezione binoculare della profondità) compare
tra i 3 e i 6 mesi e nel primo anno di vita arriva vicino ai livelli di
un adulto. Per quanto riguarda i movimenti oculari il nistagmo optocinetico
è presente fin dalla nascita (anche se asimmetrico) i movimenti d'inseguimento
sono evidenti anche nei neonati per stimoli lenti e di grandi dimensioni
e le saccadi hanno parametri quantitativi (ampiezza e velocità) uguali
agli adulti solo se gli stimoli hanno molti contorni. Le fissazioni sono
invece più brevi che negli adulti, ma dipendono fortemente dalla
grandezza e dal contrasto dei contorni.
Se vogliamo fare un primo bilancio di queste competenze visive di base nei
primi sei mesi di vita, possiamo senz'altro dire che se da un lato siamo
lontani dai livelli sensoriali di un adulto dall'altro, per l'ambiente di
vita del bambino che è essenzialmente limitato al "face to face"
con le figure di riferimento in primis la mamma (pensiamo all'allattamento),
queste funzioni possono essere considerate più che sufficienti per
uno sviluppo percettivo, cognitivo e affettivo normale.
Quando andiamo poi ad analizzare le ricerche sullo sviluppo della percezione
visiva (che è il livello superiore di elaborazione visiva a stretto
contatto con attenzione, memoria e funzioni cognitive superiori) nella prima
infanzia è possibile constatare delle sorprendenti capacità.
Già agli inizi degli anni '70 era stato dimostrato che bambini tra
le 8 e le 20 settimane "percepiscono" la costanza di forma, e
nel 1985 questa competenza è stata rintracciata anche in bambini
di 2 giorni. La costanza di grandezza invece sarebbe stata rintracciata
anche nei neonati.
Persino alcune delle modalità di organizzazione del campo percettivo
(chiusura, somiglianza e buona continuità) descritte dalla Psicologia
della Gestalt sono state trovate in bambini di 3 mesi. Per quanto riguarda
la percezione della profondità, le numerose ricerche condotte, hanno
indicato come a 6 mesi i bimbi percepiscono un precipizio visivo e bimbi
dai 6 ai 21 giorni "percepiscono" un oggetto che si avvicina al
viso.
Una delle competenze più sbalorditive del neonato è quella
del riconoscimento dei volti. Il volto umano è uno dei più
complessi stimoli visivi in cui il neonato può imbattersi infatti
si muove, è tridimensionale, ha zone di alto e basso contrasto, la
relazione tra i suoi elementi costitutivi è variabile e allo stesso
tempo invariante, ogni viso è unico e infine il viso interagisce
con il bambino. Il bambino ha una straordinaria preferenza per i volti come
dimostrò per primo Robert Fanzt nel 1966 su bimbi di 3 mesi. E' stato
dimostrato che i neonati fissano di più uno schema bidimensionale
corretto del viso rispetto ad uno con caratteristiche (occhi, naso e bocca)
mescolate alla rinfusa inoltre a 4 giorni i bambini possono riconoscere
il volto della mamma ma hanno bisogno delle informazioni esterne (i bordi)
del viso.
I bambini hanno anche notevoli capacità di percezione intermodale:
i neonati sono in grado di girare gli occhi verso la fonte di emissione
di un suono; a tre mesi i bambini sono in grado di associare ad un filmato
la colonna sonora appropriata e di associare una voce maschile o femminile
al volto dello stesso sesso. Inoltre è stato dimostrato che bimbi
di 2 mesi e mezzo sono in grado di riconoscere visivamente oggetti che hanno
precedentemente toccato segno di una certa capacità di percezione
trasmodale.
Alcuni autori hanno individuato in bimbi di 3-4 mesi delle forme di categorizzazione
percettiva, cioè possono formarsi rappresentazioni di categorie basate
su prototipi (ciò è stato dimostrato per cani, gatti e uccelli).
Un filone di ricerche interessante è quello della Percezione del
Sé; l'azione finalizzata verso l'esterno è una chiara espressione
della differenziazione tra ambiente circostante e sé. L'afferrare
gli oggetti (1 settimana) e l'imitazione (6 settimane), entrambi molto precoci,
sono le prime manifestazioni di una individuazione di sé.
Per concludere quindi i risultati di una serie di studi nell'ambito dello
sviluppo della percezione visiva ci portano a considerare l'infante umano
in una veste nuova: certamente caratterizzato da competenze precoci, e di
un sistema dotato di capacità di maturazione e apprendimento molto
rapide in forte integrazione con lo sviluppo motorio e cognitivo.
Lo sviluppo del bambino avviene quindi in varie aree (percettiva, motoria,
cognitiva, sociale, affettiva) in reciproca interazione. Visto che i processi
percettivi visivi hanno un importante ruolo strutturante delle funzioni
cognitive e motorie del bambino, consentendo di strutturare la realtà
e organizzare il proprio Io, un loro deficit avrà ripercussione sulle
altre aree dello sviluppo.
La strategia riabilitativa, come sostengono i maggiori esperti di riabilitazione
del bambino ipovedente, dovrebbe mirare all'ottimizzazione dell'uso delle
risorse residue con l'obiettivo di porle al servizio dello sviluppo globale.