OZONOTERAPIA ED OCCHIO
di Daniele Morreale
L'Ozono (O3), altra forma
instabile dell'ossigeno (O2), è uno dei componenti gassosi minori
dell'atmosfera terrestre. Esso si forma in natura nella stratosfera per
azione delle radiazioni ultraviolette sull'ossigeno. È di colore
blu, è più solubile nell'acqua (circa il doppio dell'O2) e
presenta un odore caratteristico di fieno o trifoglio tagliato.
Per le sue azioni ossidanti ne è stato proposto l'utilizzo in medicina
per la sua cura di affezioni neurologiche, oculari, vascolari, reumatologiche,
odontostomatologiche, dermatologiche e del sistema immunitario. L'Ozono
medicale può essere somministrato per via sottocutanea, intramuscolare,
intraarticolare, endovenosa, intradiscale e per via rettale, ma non per
via inalatoria per la sua azione tossica ed irritante nei riguardi delle
mucose dell'apparato respiratorio. Non può essere somministrato,
inoltre, nei soggetti con turbe piastriniche, tireopatiche e nelle donne
in gravidanza per possibili effetti collaterali. In oculistica la via preferenziale
di somministrazione è quella endovenosa, attraverso la reifusione
di sangue del paziente precedentemente prelevato
e fatto interagire con una miscela di Ossigeno - Ozono per circa 20-30 minuti.
In particolare, è utilizzato nella cura di infezioni congiutivali,
di cheratiti ed ulcere corneali resistenti alla terapia medica tradizionale.
Nell'ultimo decennio, inoltre, è stato proposto nel post - operatorio
del distacco retinico e per il trattamento delle maculopatie retiniche e
della retina pigmentosa.
In quest'ultima affezione si avrebbe un accumulo abnorme di dischi di materiale
lipoproteico presenti nel segmento esterno prima dei bastoncelli e nelle
fasi avanzate anche dei coni. Tali accumuli ostacolano la diffusione tra
l'epitelio neurosensoriale e l'epitelio pigmentato retinico ed il circolo
coroidale con conseguente degenerazione del neuroepitelio per sofferenza
ipossica. L'azione dell'Ozono si baserebbe, pertanto, sul suo effetto ossidante
tramite la formazione di idroperossidi, che scatenano apparentemente paradossale
effetto a cascata anti - ossidante. Si ha, infatti, un aumento di produzione
degli enzimi Catalasi, Glutation
perossidasi, Glutation reduttasi che catalizzano la demolizione di H2O2;
dell'enzima Superossido Dismutasi che elimina l'anione superossido O2- (prodotto
di riduzione parziale dell'Ossigeno); e dell'enzima G6P deidrogenasi che
partecipa al Ciclo dei Pentoso Fosfati con produzione del NADPH. Aumentando
la concentrazione di quest'ultimo, si promuove il metabolismo aerobico del
glucosio con produzione di ATP, necessario per il funzionamento della pompa
NA/K, importante per il mantenimento del gradiente di questi cationi entro
e fuori l'eritrocita, e di 2,3 Difosfoglicerato (2,3 DPG), necessario per
il rilascio dell'O2 dall'emoglobina. Il NADPH, inoltre, viene utilizzato
nel globulo rosso anche per la riduzione del Glutatione. In conclusione
l'Ozono determinerebbe una migliore ossigenazione dei tessuti aumentando
la deformabilità della membrana eritrocitaria con conseguente diminuzione
della viscosità ematica e permetterebbe un più rapido rilascio
di O2 ai tessuti oculari, tramite le variazioni di concentrazione intraeritrocitaria
di 2,3 DPG.
Come si ricava dalla poca lettura, tuttavia, nonostante la validità
dei presupposti teorici, i risultati dell'ozono - terapia sono ancora controversi.
Infatti, mentre la scuola cubana e quella italiana di Bologna riportano
dati soddisfacenti, specie in associazione al trattamento chirurgico ed
elettrostimolante nella retinite pigmentosa, quella americana non ha riscontrato
variazioni statisticamente significative nei soggetti trattati. In particolare
invariate sarebbero rimaste l'ampiezza delle onde dell'ERG e quella delle
aree di visione dei campi visivi. Una così marcata differenza di
valutazione, impone per un corretto e definitivo giudizio di estendere la
ricerca su un campione più numeroso, così come proposto da
autori polacchi che su una casistica limitata hanno riportato risultati
incoraggianti.