L'HANDICAP VISIVO IN ETA' PEDIATRICA
QUANDO L'OCULISTA NON BASTA


A CURA DI GIUSEPPINA GIAMMARI ALDE'
NEUROPSCHIATRA INFANTILE, RAGGRUPPAMENTO DI NEURORIABILITAZIONE 1, IRCCS "E MEDEA"


Le peculiarità di sviluppo dell'apparato visivo nel primo anno di vita fanno si che patologie oculari fortemente invalidati si manifestano nell'infanzia diversamente da quanto avviene nell'adulto.
Un ipovisus di in decimo non è uguale in un adulto prima normavedente o in un bambino appena nato. Lo sviluppo della funzione visiva, poc'anzi brevemente riassunto, comporta che un arresto dello sviluppo visivo provochi delle complicanze non indifferenti, anche in aree apparentemente lontane dalla funzione visiva. I risvolti neuropsicologici dell'handicap visivo precoce sono estremamente interessanti e strettamente connessi al quadro clinico puramente oftamologico.

Il bambino con conglobale compromissione sensoriale visiva manifesta diverse aree di sviluppo neuropsichico a rischio.

In primo luogo, l'atteggiamento nei confronti della realtà tende ad essere meno attivo e partecipe. La reazione agli stimoli sensoriali extra visivi è più di fastidio che di interesse poiché, non potendo utilizzare la vista come strumento di sintesi delle informazioni provenienti dagli altri sensi, il bambino ricava da questi ultimi una serie di messaggi frammentari che non riesce a catalogare come raggruppamenti sensoriali stabili, cioè tali da poter essere isolati rispetto al flusso globale di stimolazione. Il modo percettivo di questi bambini rimane quindi indifferenziato molto più a lungo di quanto non accada al normavedente che invece, fin dalle prime settimane di vita, può utilizzare i segnali visivi come strumento di integrazione delle esperienze di tutti gli altri sensi.

Le informazioni provenienti da una percezione visiva indistinta e confusa non specificano a sufficienza ne le caratteristiche fisiche degli oggetti ne le relazioni spaziali fa di essi, provocando due ordini di conseguenza: da un lato, il ritardo delle categorizzazioni degli stimoli e quindi nella formazione dei concetti, che rimangono a lungo tanto frammentari e incompleti da non poter essere tradotti in una corretta denominazione verbale; dall'altro lato, una scarsa consapevolezza delle relazioni spaziali che intercorrono tra i diversi oggetti, nonché dei cambiamenti delle relazioni spaziali in rapporto al movimento. In oltre, per quanto concerne la vicarianza sensoriale, il soggetto ipovedente è paradossalmente più svantaggiato del cieco congenito, nel quale la mancanza di afferente visive mobilita fin dall'inizio gli altri sensi, mentre l'imput visivo limitato ed incompleto interferisce, nell'ipovedente con l'attività degli altri canali sensoriali e ne ostacola una valida funzione sostitutiva.

La grave riduzione dell'acuità visiva influisce anche nello sviluppo motorio del bambino. Essa rende assai più difficile la coordinazione tra afferente somotocinestetiche ed afferente visive. Risultano insufficienti le informazioni direzionali e metriche per la programmazione dei movimenti di afferramento manuale, movimenti a cui, d'altro canto, il bambino è meno motivato perché gli oggetti percepiti confusamente attirano assai poco il suo interesse. Questa sostanziale passività nei confronti degli stimoli ambientali si traduce anche nella globale riduzione del tono muscolare e, di conseguenza, in una più lenta evoluzione del controllo dell'asse capo-tronco che, a sua volta, determina un ritardo nell'acquisizione della postura seduta e della statica eretta. La conquista della locomozione autonoma, avviene in ritardo e risente dell'atteggiamento cuto-timoroso del bambino nei confronti dell'ambiente e dei suoi potenziali pericolo (atteggiamento che spesso viene rinforzato dall'atteggiamento iperprotettivo dei genitori). Sul piano dello sviluppo cognitivo questi bambini incontrano due pesanti ostacoli: la carenza di attenzione agli stimoli ambientali e l'impedimento all'attività limitativa. Il primo tipo di problema e facilmente spiegabile in base alla costatazione che nel bambino normale l'attenzione è richiamata e mantenuta soprattutto dagli stimoli visivi. Per quanto concerne l'imitazione, occorre premettere che essa svolge un ruolo determinante all'interno del processo che produce dall'intelligenza sensomotoria all'intelligenza rappresentativa. Quest'ultima si fonda sulla possibilità di prevedere mentalmente (cioè in assenza di una sperimentazione completa) gli effetti che possono essere prodotti attivando determinati schemi di azione: si tratta di una capacità che viene normalmente acquisita intorno ai 18-20 mesi di vita e che deriva appunto, in larga misura, all'imitazione di schemi percepiti visivamente che, depositandosi in memoria sotto forma di immagini, danno luogo ad una "imitazione rappresentativa" che può sostituire l'attività diretta sulle cose. La grave riduzione delle afferente visive privando il bambino di usare l'imitazione di un modello, impedisce di immagazzinare le esperienze che potrebbero consentire di trasformare in schemi sensomotori in rappresentazioni simboliche dell'azione.

Per accedere a questo livello il bambino ipovedente dovrà basarsi essenzialmente sul linguaggio ovvero sull'altra funzione che si presta simbolicamente a codificare le altre funzioni. Ma l'uso delle strutture linguistiche che possono svolgere questo compito è ben più difficile da padroneggiare di quanto non lo sia quello delle rappresentazioni per immagini.

Dunque le gravi compromissioni congenite dei processi sensoriali visivi rappresentano un ostacolo per lo sviluppo di molte funzioni connesse alla conoscenza della realtà: la categorizzazione degli stimoli, l'attività analitico-sintetica, la competenza spaniel e psicomotoria, la focalizzazione attentava, l'imitazione, la rappresentazione mentale. Ma anche aspetti propriamente psichici come la motivazione ad apprendere, la partecipazione attiva all'ambiente ed alle relazioni interpersonali, in senso di sicurezza, l'apertura nei confronti delle esperienze, risentono della grave minorazione sensoriale.

Ne deriva la necessità di affrontare queste situazioni non con provvedimenti settoriali, ma con interventi educativi e riabilitativi ad ampio raggio, portati si tutte le dimensioni dello sviluppo. Le linee guida di un progetto riabilitativo neurovisivo comprendono: l'attivazione dell'attenzione visiva e il suo mantenimento nel tempo; l'organizzazione dei movimenti oculari sia in termini di localizzazione delo stimolo che di inseguimento lungo traettorie via via più complesse; l'organizzazione di adeguate strategie di esplorazione nell'ambiente; la coordinazione visuo-motoria; l'applicazione di strategie cognitive utili a facilitare il riconoscimento di immagini; la consapevolezza dei rapporti spaziali e logici intercorrenti tra parte e tutto; l'intermodalità delle informazioni sensoriali; la memoria visiva. Non esistono iter precostituiti da applicare senza modifiche ma è necessario elaborare programmi individualizzati per ogni paziente. È importante ricordare che la riabilitazione neuropsicovisiva non può essere ricondotta esclusivamente ad una stimolazione visiva: essa mira costantemente ad attivare schemi di coordinazione fra afferente sensoriali e processi esplorativi e cognitivi. Le sue finalità si estendo quindi alla globalità del funzionamento neuropsicologico e cognitivo del bambino.