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APPUNTI DI ANTROPOLOGIA
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Notizie false on line per depistare la polizia

Il Messaggero, Lunedì 30 Luglio 2001
Siti istituzionali paralizzati dai contestatori, mentre le forze dell’ordine tentavano un blitz telematico

ROMA - Il 21 luglio alle 11,37 la sede di San Francisco del network internazionale di "informazione indipendente" Indymedia denuncia il tentativo di infiltrazione della polizia italiana all'interno dei computer che gestiscono tecnicamente le chat in cui si incontrano e dialogano gli iscritti ad alcuni forum di discussione. La notizia non oltrepassa gli oceani e non viene replicata nemmeno su www.italy.indymedia.org, la versione italiana del sito dell'Independent Media Center (Imc). Ma chi digita http://sf.indymedia.org/display.php3?article_id=1 02074 scopre il fallito blitz telematico. La pagina web racconta delle ripetute operazioni di accesso ai server allo scopo di intercettare piani, programmi e accordi veicolati nelle chiacchierate online tra soggetti coinvolti nella protesta anti G8. Gli agenti avrebbero cercato di intrufolarsi utilizzando il nickname o soprannome "crudelia", ma sarebbero stati rapidamente individuati dai tecnici di Indymedia che hanno provveduto ad allertare l'intera struttura e, presumibilmente, a veicolare false informazioni su intenti e propositi in merito alle iniziative da adottare in occasione del summit. Uno degli specialisti di Imc ha dichiarato «Conosciamo bene i loro indirizzi Ip e i nomi dei loro host», che tradotto nel linguaggio degli "umani" significa che il fronte della "controinformazione" sapeva tutte le coordinate dei cyber-poliziotti che cercavano di acquisire notizie ed elementi di prova. Nonostante questi viaggiassero sulle autostrade dell'informazione con virtuali auto civetta, sull'altro versante c'era chi conosceva targhe, modello e colore delle vetture. La collettività delle chat di Indymedia informata di quanto stava accadendo avrebbe reagito calamitando l'attenzione degli investigatori su false piste e innescando la prima operazione di counter-intelligence non realizzata da professionisti della guerra dell'informazione. L'episodio ci deve far riflettere: nonostante le nostrane forze dell'ordine siano considerate forse le più brave del mondo nel fare questo mestiere attraverso Internet, c'è sempre da imparare. Se il fronte contrapposto, in questo caso no-profit e basato sul volontariato, ha capacità tecniche superiori, cosa succederà quando a dichiarare guerra saranno i boss del crimine organizzato, i folli leader del terrorismo, i signori del narcotraffico? Cosa si aspetta ad investire in questo settore? Perché si parla tanto del ruolo strategico dell'innovazione tecnologica e non si spende una parola per affrontarne la relativa sicurezza? Mentre a Genova si incrociava il tiro di lacrimogeni e molotov, in Internet era vera e propria cyberwar: centinaia di siti web scarabocchiati, importanti realtà istituzionali paralizzate in Rete da attacchi denial of service che hanno bloccato o rallentato i servizi erogati online, persino il lamentato invio di virus "di Stato" all'indirizzo degli attivisti anti G8. Il generale McLuhan aveva ragione. Se ci sarà una terza guerra mondiale, sarà guerriglia dell'informazione. E forse è già cominciata.

U. Rap.