Michele Giannantonio e Anna Laura Boldorini

Articolo pubblicato nella Rivista Italiana di Ipnosi Clinica e Psicoterapia Ipnotica", 1997, 2, pp. 35-39

La tecnica del cambiamento di storia in psicoterapia ipnotica.

Alcune considerazioni operative

Introduzione

La tecnica del cambiamento di storia (CS) prende il nome dalla programmazione neurolinguistica (2). In realtà non si tratta di alcunchè di particolarmente originale ma - e questo è il suo punto di forza - della semplice sistematizzazione algoritmica di una modalità ecologica e spontanea di autogestione degli episodi emotivamente coinvolgenti. Neppure l'interesse per argomenti simili è nuovo. Infatti, il ripresentificarsi degli episodi traumatici (nel senso più ampio e quindi volutamente non preciso del termine) ed il tentativo di gestirli a posteriori per mezzo di abreazioni e mutamenti nel contenuto narrativo è stata oggetto di studio psicoanalitico per decenni (6, 10, 11), con esiti peraltro quantomeno dubbi, poichè ostacolati da pastoie metapsicologiche e metafisiche (7). è poi interessante osservare come la tecnica psicodrammatica di J.L. Moreno denominata ricostruzione in plus-realtà (4), molto utile nella rappresentazione psicodrammatica, nel role-playing e nelle psicoterapia di gruppo, sia esattamente un CS agito direttamente col corpo e con un contenuto ridotto di dissociazione visivo-cenestesica, il cui effetto è tra l'altro favorito da una parziale regressione di età.

Il fatto che il CS, se usato correttamente, produca ottimi risultati, fa pensare al fatto che sovente in psicoterapia si riscontri che le tecniche più ovvie sono anche le più efficaci, poichè implementanti le capacità di autoguarigione insite nell'uomo.

Molto sinteticamente, la tecnica del CS invita il soggetto a fare un tuffo nel passato per cambiare, nella sostanza o in una sfumatura determinante, un episodio che non è stato "metabolizzato" ed integrato adeguatamente, che l'ha in qualche modo sopraffatto, e che per questo motivo continua a manifestare nel presente e nelle proiezioni future (come le scelte di vita) influenze limitanti se non devastanti. La variabilità degli effetti di tali episodi è data dal fatto che il termine "sopraffare" ha un'amplissima vastità di manifestazioni, dal semplice pentimento per un'azione commessa, agli esiti traumatici a connotazione dissociativa di un evento altamente stressante (14, 17). In funzione della "traumaticità" dell'evento o degli eventi in questione e della successiva gestione intrapsichica ed interpersonale si determina anche il possibile impatto sulla persona medesima (17). Ne deriva che dal trattamento di tali episodi sia necessario aspettarsi tempi e risultati molto differenti in funzione delle loro caratteristiche e dell'assetto generale della persona. La tecnica del CS, comunque, deve essere applicata laddove sia possibile e segnatamente dove si è bloccato il naturale processo di elaborazione intrapsichica e interpersonale degli eventi. Se è normale per tutti ritornare su quanto di significativamente negativo avviene nella nostra vita e, gradualmente, cambiare le emozioni che proviamo, cambiare l'evento stesso o il suo significato, magari attraverso l'ironia, la condivisione con altri e l'impiego di rabbia e risentimento verso chi ci ha danneggiato, non sempre questa procedura, ecologica nella sua essenza, si produce spontaneamente nei modi e/o nei tempi adeguati. Può quindi succedere che un episodio spiacevole si ripresentifichi nella mente di una persona accompagnandolo anche per moltissimi anni senza ripercussioni importanti, come pure può accadere che vissuti traumatici irrompano periodicamente nella coscienza del soggetto attraverso flashbacks drammatici (1, 14, 17). Sinteticamente, allora, la variabilità di disagi a cui può predisporre un episodio non correttamente integrato possono ad esempio essere: disturbo post-traumatico da stress, disturbo di panico, fobie specifiche, sentimenti di vergogna, disistima, rabbia repressa, importanti meccanismi di rimozione e/o dissociazione, impotenza appresa, discordanze tra memoria semantica e procedurale, riattualizzazioni del trauma, applicazione coatta di "copioni", difficoltà ad instaurare relazioni interpersonali autentiche e profonde, presenza di convinzioni distorte non affatto gestibili per via in senso stretto cognitiva, condizionamenti verso situazioni similari a quella che ha precedentemente sopraffatto, presenza di emozioni di cui il soggetto non conosce l'origine o ne crea una attraverso confabulazioni, impiego di ricordi-schermo, distorsioni narrative, ricostruzioni ad hoc e falsi ricordi (15).

Principi base che consentono un efficace intervento di cambiamento di storia

Un CS non è certo applicabile tout court, ma sono necessarie alcune valutazioni preliminari. Innanzitutto e ovviamente, bisogna condividere con il paziente la rilevanza e l'opportunità di applicare la tecnica su un determinato avvenimento, opportunità di cui possono non esserne pienamente consapevoli il paziente e/o il terapeuta. Non conviene, infatti, fare affidamento solo su quanto verbalmente riportato dal soggetto, poichè non è sempre possibile verificare per questa via il grado di elaborazione di un episodio e la sua significatività nella storia di una persona. Spesso, anzi, sono le emozioni che indicano la rilevanza di quanto accaduto. In molti casi, poi, è sulla base dell'esperienza clinica che decidiamo di andare a verificare, per esempio con una metodica ipnotica, se l'episodio è o meno rilevante: le emozioni, infatti, possono essere non accessibili direttamente o comunque non riferibili dal soggetto all'episodio in questione (12). Con una certa frequenza, infatti, ci si trova di fronte a persone che parlano di episodi che, sulla carta, potrebbero essere non adeguatamente integrati ed ancora molto "vivi", ma che vengono verbalmente sminuiti, ridimensionati, definiti come «completamente superati», cioè attualmente privi di emozioni e di effetti condizionanti. Sono infatti possibili meccanismi di isolamento, spostamento, rimozione, repressione e dissociazione che non consentono un'adeguata valutazione per via verbale e cognitiva. Se il soggetto viene posto "dentro" l'episodio o, in dissociato, fa da spettatore, può invece scoprire che sono rimaste celate molte emozioni, sensazioni e valutazioni cognitive importanti sulle quali non si poteva lavorare per via cognitiva. Per questo motivo la tecnica dell'affetto-ponte (5, 14), il cui senso clinico si fonda sul concetto di memoria stato-dipendente e sull'espansione dello stato di coscienza connesso allo sviluppo della trance, può essere molto utile per individuare episodi non elaborati che comunque manifestano la loro rilevanza per mezzo delle emozioni, del corpo e delle convinzioni limitanti.

Spesso si trova che la persona non è stata in grado di affrontare una situazione a causa della quantità di emozioni che lo hanno soverchiato, o perchè "oggettivamente" devastanti o perchè il soggetto non era in grado di difendersi. Se tali emozioni sono rimaste ancora così prevaricanti, non è lecito aspettarsi nell'immediato alcun CS. è necessario, infatti, che preventivamente il soggetto prenda una graduale confidenza con tali emozioni e le abreagisca o, perlomeno, che abreagisca prima del CS un eventuale senso di impotenza, terrore, panico, paralisi, schifo, etc. Rabbia e risentimento, che comunque dovranno essere prima o poi abreagiti, in alcuni casi possono anche essere trattati e quindi stemperati all'interno del C.S. medesimo. Il processo dell'abreazione e della presa di controllo ha un tempo estremamente variabile, non direttamente correlato alla "traumaticità" dell'evento, poichè intervengono altre variabili importantissime come la qualità del rapport, le capacità dissociative ed ipnotiche, l'età, la presenza attuale di risorse adeguate per gestire l'episodio (intra ed interpersonali), le conseguenze a cui porta il superamento dell'evento (percepite più o meno consapevolmente). In alcuni casi il processo di presa di contatto con l'episodio, l'abreazione e la dissociazione possono essere compiute quasi completamente senza metodiche strettamente ipnotiche, ma all'interno del colloquio clinico: può essere estremamente produttivo favorire l'espressione delle emozioni e l'invito a parlare dell'episodio "alla giusta distanza", magari anche facendo vedere sulla parete della stanza le immagini di cui si parla o facendo scrivere o disegnare frammenti o integralmente l'episodio da elaborare. In particolare, questi accorgimenti possono rivelarsi preziosi con soggetti diffidenti verso l'ipnosi, quando la qualità del rapport non è ottimale, se il soggetto dimostra scadenti abilità ipnotiche o se si ritiene che non sarà in grado di non farsi travolgere dall'episodio da trattare.

La tecnica della dissociazione visivo-cenestesica (8, 12) consente un'agevole abreazione e decondizionamento degli episodi da trattare. Molto sinteticamente, consiste nel porre il soggetto in una condizione-risorsa (classicamente un senso di sicuro rilassamento psico-fisico, ma non affatto necessariamente questo stato) e fargli osservare ripetutamente su uno schermo il film dell'episodio, fino a quando perde di salienza ed è sufficientemente svuotato emozionalmente. A volte si osserva che il soggetto, già durante questa fase, agisce dei piccoli o grandi cambiamenti dell'accaduto, dal finale a piccoli dettagli, ma in ogni caso spesso inizia ad incrementare la propria presenza attiva verso il passato. Se il soggetto non è in grado di osservare l'episodio perchè, con questa impostazione di base, viene travolto dalle emozioni, possono essere introdotte molte varianti orientate ad aumentare il senso di gestione delle emozioni. Ad esempio, si può effettuare una doppia dissociazione visivo-cenestesica (il soggetto vede sè stesso che a sua volta vede lo schermo), ma soprattutto una serie di variazioni preziosissime a livello di variabili submodali (3): togliere l'audio, fare canticchiare una canzone-risorsa, mettere una cornice ridicola attorno allo schermo, ridurlo indefinitamente di dimensione, osservare il filmato al contrario o rapidissimamente, osservarlo attraverso uno schermo di un colore-risorsa, e così via. Ovviamente questi accorgimenti, che possono rivelarsi preziosissimi, non possono tout court applicarsi ad ogni soggetto, ma è necessario trovare quelli che meglio incidono sulla loro prestazione ipnotica.

Il cambiamento di storia vero e proprio

Terminata la fase dell'abreazione e della dissociazione si passa al CS vero e proprio. Questa operazione può essere compiuta in una quantità di modi praticamente infinita. In ogni caso, comunque, se la fase preparatoria è stata compiuta adeguatamente, il soggetto deve essere in grado di effettuarla dall'interno dello schermo, cioè in associato e al suo termine deve sentirsi sollevato, soddisfatto, privo di risentimento e soprattutto di impotenza.

L'approccio più semplice è quello di invitare il soggetto ad entrare nello schermo con l'istruzione di cambiare la storia in più modi fino a quando non si sente completamente soddisfatto, potendo fare e rifare cambiamenti nel filmato dell'avvenimento come se potesse manipolarlo per mezzo di un videoregistratore. Non sempre, però, è possibile effettuarlo in modo così semplice ed autogestito, in quanto al soggetto al momento dell'episodio mancavano le risorse necessarie per gestirlo adeguatamente o, ancora adesso, ha difficoltà a recuperare le risorse necessarie per cambiare quanto successo. In quest'ultimo caso, dunque, si può fare cercare alla persona la risorsa che, se avesse posseduto allora, gli avrebbe fatto vivere l'episodio in modo completamente diverso, fargli vivere un episodio in cui ha sentito intensamente la risorsa, ancorarla o autoancorarla, e portarla, infine, nell'episodio in questione con l'istruzione di cambiarlo (13). Se questo non è possibile o sufficiente (la persona non ha mai vissuto la risorsa necessaria, la risorsa non è sufficiente, l'episodio è notevolmente soverchiante) allora possono essere adottate altre varianti.

Se il fatto è accaduto quando la persona era piccola ed incapace di difendersi o di gestire la situazione, può essere mandato nel passato un adulto ad aiutarlo a superare l'episodio in modo "felice". Se possibile, conviene sempre mandare nel passato il paziente adulto, in quanto maggiormente ecologico ed incrementante il suo senso di autostima e di controllo sugli eventi. Se non è possibile (non è in grado di cambiare sostanzialmente l'episodio) allora si può fare scegliere al soggetto uno o più adulti adeguati per andare nel passato ad aiutare sè stesso.

In alcuni casi può risultare utile cambiare anche l'inizio dell'episodio allo scopo di mutarne lo svolgimento globale, per esempio mandando sè stessi nel passato un attimo prima che succeda un episodio per spiegare al protagonista tutto quello che in seguito succederà. In questo modo si riduce notevolmente l'impatto dell'accaduto, specialmente se è stato vissuto male perchè improvviso ed imprevisto.

Una breve esemplificazione clinica potrà ora servire ad illustrare il procedimento generale, in una sua possibile configurazione.

Paola, in trattamento da alcuni mesi, reagisce con grande paura e sofferenza ad ogni separazione, percependo una profonda solitudine che l'ha anche recentemente portata ad un tentativo di suicidio. Non è però in grado di spiegare queste sue reazioni e perciò si ricorre ad una rappresentazione sensorialmente basata del suo disagio. Già precedentemente introdotta all'ipnosi, dopo essere stato condotta in un luogo-risorsa, impiegando la tecnica dell'affetto-ponte applicata alla sua rappresentazione sensoriale di quanto percepisce in seguito ad una separazione, Paola arriva a ricordare ed a descrivere la situazione seguente. Ha 12 anni e le viene detto dal padre in lacrime e disperato che la madre, già ricoverata in Ospedale, è molto grave e che non ce la farà. Paola reagisce con grande dolore e sorpresa e poi si rifugia in camera dove piange a lungo in attesa che qualcuno la consoli, ma ciò non succederà. Dopo l'abreazione del dolore ed il graduale decondizionamento dalle sensazioni di solitudine e di abbandono, si invita la "Paola adulta" ad andare nel film immediatamente prima che a "Paola bambina" venga data la notizia, spiegandole quello che succederà e che, inoltre, alla fine la madre sarà salva e vivrà tanto da diventare vecchia (cosa realmente accaduta). La Paola adulta, inoltre, resta con lei mentre viene data la notizia e poi segue la "Paola bambina" in camera per poterla finalmente consolare. Poco dopo questo intervento Paola chiederà di sospendere il trattamento poichè si sente molto meglio e perchè deve assestare e digerire i nuovi ed importanti cambiamenti da lei percepiti. Durante il cambiamento di storia, inoltre, Paola si è accorta che mentre era sul letto a piangere in camera sua ha percepito una fortissima fame. è da quel periodo, appunto, che la paziente ha iniziato ad avere un approccio disordinato e disturbato con l'alimentazione, tanto da divenire uno dei suoi maggiori problemi. Fra le cose che riferisce di avere visto nella sua stanza c'è una scatola di pastelli a cera, apparentemente una banalità; aggiungerà però in seguito che è in quel periodo che ha iniziato a disegnare in modo sistematico e poi a dipingere, facendone la propria vera passione. Da quel giorno, infatti, Paola ha avuto come principale figura di riferimento il nonno materno, un pittore, che in seguito sosterrà la paziente nelle sue aspirazioni artistiche. è da notare che l'episodio in questione era perfettamente ricordato da Paola, ma vissuto con un importo emotivo molto minore e senza il riconoscimento cosciente di alcuna connessione con le problematiche delle separazioni, della pittura e del cibo. Tale episodio, però, come altri con simili contenuti, venivano vissuti dalla paziente come flashes, brevi storie non inserite in un fluire coerente della propria storia, in una parola si tratta di una paziente con una scadente "competenza autobiografica", caratteristica frequentemente presente in persone con forti e/o contraddittorie esperienze emotive intervenute con le principali figure di attaccamento (9), esattamente come è successo in Paola.

Valutare l'esito di un cambiamento di storia

L'esito di un CS non è certamente sempre ottimale o quantomeno positivo. Dopo l'intervento, quindi, è necessario valutarne l'impatto, a seconda dei casi, su uno o più dei seguenti livelli di indagine: emotivo, cognitivo, somatico, comportamentale, interpersonale e submodale.

Innanzitutto le emozioni: deve esserci una sostanziale modificazione del contenuto emotivo e della sua intensità. Per esempio (ma con molta variazione a seconda delle circostanze), la paura, il dolore o la vergogna devono essere radicalmente mitigate, se non invece comparire emozioni totalmente nuove connesso allo sviluppo dell'autostima ed autoefficacia. Caratteristica generale del cambiamento emozionale, infatti, è che l'emozione non gestibile (con Paola il panico derivante dalla minaccia di separazione), non sia più l'unica emozione che caratterizza globalmente l'intero episodio. Nel caso in questione, infatti, sono comparse la tristezza per il padre senza speranze, la rabbia per la mancanza di un consolatore, il fortissimo appetito e la solitudine, e inoltre intere parti del ricordo possono risultare non contaminate da emozioni particolarmente negative. Ciò che resta dell'emozione originaria, poi, non deve più essere inavvicinabile, ma mutarsi in esperienza magari "oggettivamente negativa", ma della quale si può parlare con un certo distacco e capacità di sopportazione.

Da un punto di vista cognitivo, interventi di questo tipo generano spesso importanti cambiamenti nelle convinzioni e nella visione del mondo del paziente. Nel caso di Paola, la propria opzione di vivere una vita ritirata, le sembra sempre meno una scelta e sempre più una fuga di fronte ad importanti ferite relazionali, della quale quella emersa è solo una. Se persistono convinzioni distorte connesse a quanto elaborato, si danno due possibilità: o l'intervento non è stato sufficientemente efficace oppure è necessario seguire un'altra strada. Non è affatto raro, infatti, che il trattamento di un episodio accusato dal paziente come foriero di ogni disgrazia lasci successivamente spazio al riemergere di ulteriori ricordi ben più importanti e determinanti, verso i quali si impone il trattamento successivo. Deve inoltre sparire ogni sorta di ruminazione sterile su quanto accaduto.

Il punto di vista somatico è importantissimo, in quanto di fronte ad eventi traumatici o comunque ad episodi a forte connotazione emotiva il corpo ne è regolarmente coinvolto (17). La tecnica dell'affetto-ponte, infatti, si basa anche su questo assunto. Con Paola sarà necessario, per esempio, valutare se è ancora presente una forte ondata di calore percepita dallo stomaco muoversi verso la gola ogni volta che si presenti o si minacci una separazione percepita come importante. In alcuni casi, il cambiamento sul registro somatico è così potente da includere la stessa percezione dello schema corporeo. Ciò può essere riferito direttamente dal soggetto, ma anche colto indirettamente. In un caso già riporato da uno degli autori in questa Rivista (8), per esempio, dopo un intervento simile a quello di Paola, Angelo, che aveva assistito alla tragica morte del padre quando aveva sette anni, mentre in precedenza con al tecnica della sedia vuota "vedeva" il padre molto più alto di lui, in seguito al trattamento dell'evento traumatico si sente più "grosso" e può guardarlo alla sua stessa altezza.

Anche sul versante comportamentale ed interpersonale si deve assistere a cambiamenti conseguenti al CS. Nel caso di Paola, ad esempio, ci si dovrebbe attendere una più serena capacità di instaurare relazioni intime profonde, senza essere pesantemente condizionati dal timore della separazione.

La valutazione di alcuni aspetti submodali nel ricordo dell'episodio trattato può essere molto preziosa. Per definizione, il ricordo dell'episodio, nelle sue infinite componenti submodali, non può più essere il medesimo una volta che viene trattato. Frequentemente viene riferito (e si può facilmente osservare) che l'episodio è come più lontano (o finalmente esterno rispetto al corpo del paziente), o più breve, che è come un film mentre prima era costituito da uno o più flash, che compaiono parole nuove, spariscono o scompaiono alcuni odori, e così via.

Conclusioni

La tecnica del cambiamento di storia può dimostrarsi molto utile ed efficace nella psicoterapia ipnotica. Richiede però un'attenta valutazione anamnestica al fine di individuare correttamente gli episodi da rielaborare, congiuntamente ad un attento inquadramento teoretico che consenta di valutare se e come episodi sottaciuti, dimenticati o svalutati dai pazienti possano invece risultare molto significativi nella loro evoluzione, e quindi utili da trattare. è infine opportuno che ogni cambiamento di storia sia sempre preceduto da un intervento abreattivo e di dissociazione visivo-cenestesica, approccio che in alcuni casi potrà risultare sicuramente superfluo, ma che è pericoloso escludere a priori. Il paziente, infatti, non sempre è in grado di riferire correttamente sul reale coinvolgimento emotivo che lo lega ad un evento trascorso.

Bibliografia

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3.    Bandler Richard (1985), Usare il cervello per cambiare. L'uso delle submodalità nella programmazione neurolinguistica, Astrolabio, Roma, 1986.

4.    Boria G. (1983), Tele. Manuale di psicodramma classico, Franco Angeli, Milano.

5.    Edelstein G.M. (1981), Trauma, trance e trasformazione. Guida clinica all'ipnoterapia, Astrolabio, Roma, 1982.

6.    Freud S. (1920), Al di là del principio di piacere, in Opere, Boringhieri, Torino, vol. 9.

7.    Giannantonio M. (1993), «Trauma, desiderio e lutto: il problema della coazione a ripetere nella metapsicologia freudiana», Rivista di psicologia, 1-2-3, pp. 123-131.

8.    Giannantonio Michele (1994), «La risoluzione di un lutto inelaborato mediante dissociazione visivo-cenestesica in ambito ipnotico», Rivista Italiana di Ipnosi Clinica e Psicoterapia Ipnotica, 3: 81-84.

9.    Holmes Jeremy (1993), La teoria dell'attaccamento. John Bowlby e la sua scuola, Cortina, 1994.

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11. Loewenstein Rudolph M. (1949), «A posttraumatic dream», Psychoanalytic Quarterly, 18, pp. 449-454.

12. Pennati A. (1991), Efficacia della dissociazione visivo-cenestesica in ambito ipnotico nel disturbo da attacco di panico di origine post-traumatica, in Mosconi G.P., Collot G. (a cura di), Ipnosi oggi: l'evoluzione del fenomeno dalla neurofisiologia alla psicoterapia, pp. 205-210.

13. Pennati A. (1992), «Un approccio ipnotico alla psicoterapia del disturbo da attacchi di panico di origine post-traumatica», Rivista Italiana di Ipnosi Clinica e Sperimentale, 1:22-28.

14. Pennati A. (1994), «Abuso infantile, sintomi dissociativi e fenomeni ipnotici: mappe antiche, tesori nuovi», Rivista Sperimentale di Freniatria, CXVIII, pp. 158-176.

15. Pennati A. (1995), Verità storica/verità narrativa, ipnosi sperimentale/ipnosi clinica: riflessioni epistemologiche, conclusioni operative, in Mosconi (a cura di), Ipnosi e psicoterapia ipnotica, pp. 125-132.

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