Peanuts

Luciano Tondinelli, Febbraio 2000



 
 

Cronaca essenziale
 

Il 2 Ottobre 1950 apparve la prima strip.


 
 
 

Il 3 Gennaio 2000 appare l’ultima serie di strips destinata ai quotidiani.


 
 

La sera del 12 Febbraio 2000 muore Charles M. Schulz.

Il 13 Febbraio 2000 sono cessate le strips per i domenicali.

Disegno di Vauro da "Il Messaggero" 14 Febbraio 2000


Una società segreta

I Peanuts erano arrivati ad apparire su 2600 giornali, e sono stati visti quotidianamente da 350 milioni di lettori in 110 nazioni.

Un problema classico della Teoria della Comunicazione è individuare quale sia il significato che il Destinatario dà al Messaggio ricevuto. È noto che il significato non coincide necessariamente con quello che gli ha attribuito il Mittente.

Ma quale è il messaggio ricevuto?

Ce lo dice Oreste del Buono nella Tavola Rotonda con Umberto Eco e Elio Vittorini, sulla rivista Linus, n°1, Aprile 1965, ora ripubblicata nel n°419, Febbraio 2000.

Trovavo persone che ridevano, leggendo Charlie Brown, e cercavo questa parte di comico senza trovarla: Però a un certo punto è avvenuta proprio una specie di rivelazione: ho scoperto che i fumetti di Charlie Brown sono assolutamente realistici. È avvenuta addirittura un’identificazione:
Charlie Brown sono io

Da questo punto ho cominciato a capirlo: Altro che comico, era tragico, una tragedia continua. Ed ecco finalmente ne ho cominciato a ridere.

Ergo Charlie Brown non è per tanti, anche se tanti lo leggono.

Gli adepti dei Peanuts, come i membri di una Società Segreta, non si conoscono fra loro e non hanno segni convenuti di riconoscimento. Possono, però, riconoscere quelli che non sono adepti.

Il non-adepto, dice del Buono, ride e basta. Segno di riconoscimento inequivocabile è il seguente: quando un adepto parla dei Peanuts con palese partecipazione, il non-adepto acquista la espressione vuota e furbetta di chi fa finta di capire; ma nei suoi occhi inespressivi l’adepto scorge il vuoto profondo dell’insensibilità.

L’adepto, allora, si sente solo con Charlie Brown, e insieme a lui si sente migliore e più forte.

Una indagine sui giornali

Il 14 Febbraio 2000 "Il Messaggero" e "la Repubblica" pubblicano articoli sulla scomparsa di Charles M. Schulz. In più, "la Repubblica" contiene un inserto "Addio con amore" tutto dedicato all’evento. Un esame degli scritti apparsi permette di verificare le seguenti ipotesi:
 
 

- 1- "Il Messaggero" è un giornale con ampio spettro di lettori, con giornalisti di non eccelsa levatura culturale (basti pensare che ci scrive Antonino Zichichi!). Dovrebbero esserci articoli che non colgono lo spirito dei Peanuts, quello che gli adepti sentono istintivamente.
 

- 2 - "la Repubblica" è un giornale letto da una élite di massa, lettori che hanno di sé una immagine più colta di quella che stimano essere la media nazionale, con giornalisti che in genere scrivono con competenza e proprietà. Se ne può dedurre che la percentuale di articoli pertinenti dovrebbe essere maggiore che non in "Il Messaggero".
 

- 3 - L’inserto di "la Repubblica" è dedicato solo ai Peanuts. Quelli che vi hanno scritto, si presume, sono sensibili al Messaggio originale, e un adepto può facilmente convenire con essi.
 
 
 

Quanto segue è una raccolta di frasi desunte dai suddetti testi, con qualche mio intervento personale.


"Il Messaggero" contiene articoli di Anna Guaita, Valerio Magrelli, Mario Ajello.

Guaita e Magrelli non hanno capito niente.

Guaita. Addio carissimo Schulz, poeta fra le nuvole - Narra la vita di Schulz, dei suoi due matrimoni (dà anche i nomi delle due mogli), dei suoi sette figli.

Narra della sua infanzia con il padre Carl e la mamma Dena (e il cane Snooky), la morte della madre, l’incontro a New York con la United Feature Syndicate, l’inizio della sua attività.

Magrelli. Nel mondo lacerato un Socrate ricco di humour - Riduce il dettaglio anagrafico, ma dice alcune sciocchezze: "Arte piccola, quella delle strisce". Fa poi uno sciocco confronto a proposito della decisione di Schulz di non volere che le strips fossero continuate da altri: "... che cosa sarebbe accaduto se, per esempio, Walt Disney avesse fatto la stessa cosa con Topolino?"

In sostanza Guaita e Magrelli non capiscono, (non possono capire) come l’autore empirico crei, insieme alla narrazione, anche l’Autore Modello.

Ajello. Schulz muore insieme a Snoopy - Questo lo ha capito Ajello: il suo articolo comincia così:

SNOOPY sono io. Charles Schulz non avrebbe potuto proclamare questa equazione alla Flaubert (Madame Bovary c’est moi) in maniera più drammatica e commovente di come ha fatto.

"A Schulz è capitato di dileguarsi da questo mondo proprio mentre Snoopy, nell’ultima vignetta disegnata dell’artista americano, intonava davanti alla storica macchina per scrivere un devoto requiem, preparandosi a sua volta a lasciare la scena. Chi saluta chi? Sarebbe difficile dirlo. ...

Così, ecco la fiaba edificante e triste dell’uomo di cultura che non considera i suoi personaggi alla stregua di sudditi. Ma anzi, oltre a dargli vita, ne riceve. In un rapporto paritario."

"la Repubblica" contiene articoli di Gabriele Romagnoli, Arturo Zampaglione, Vittorio Zucconi.

Zucconi. Schulz muore insieme ai Peanuts - Non ha capito niente. Lui campa facendo l’inviato di "la Repubblica" negli S.U., e rapina il suo stipendio inviando al giornale la descrizione di banali fatterelli di cronaca americana (capito lo squallore? Cronaca, per di più fatterelli, in più banali, e con tutta l’imbecillità dell’americano medio). Lui cerca di costruire per sé l’immagine di uno attento al lato umano delle cose, sensibile ai multiformi aspetti della vita minore, vorrebbe che il lettore (ma lui pensa soprattutto alla lettrice formatasi su "Novella 2000", "Gente", "Oggi" et similia) recepisca un messaggio di sofferto neorealismo. Il lettore non ottuso capisce invece che a lui di queste cose non cale alcunché, e che ha trovato un modo comodo e forse ben retribuito di vivere in vacanza.

La notizia più imbecille che Zucconi tiene a farci conoscere, dopo avere detto l’età della morte di Schulz, avere descritto la sua casa a Santa Rosa, precisando che è a settentrione di San Francisco, dopo aver detto che Schulz aveva donato alla città il palazzetto dello sport costruito a sue spese, e che si fermava a bere una cioccolata calda al bar del patinoire che aveva battezzato "Il cucciolo tiepido", è che la Ragazzina dai Capelli Rossi si chiamava Donna Wold, e che lo respinse nel 1950. Come in quelle note di critica estetica (sic) che nelle antologie scolastiche dicono che la Silvia di Leopardi è identificata con Teresa Fattorini , figlia del cocchiere, morta di tisi nel 1818.

Zampaglione. Addio a Charles Schulz. Era il papà dei Peanuts - Zampaglione è altrettanto ottuso. Comincia col dire che Schulz è morto nel sonno, alle 21 e 45 di sabato, ora della California, le 6 e 45 di Domenica, ora italiana. Seguono dettagli truculenti sulla sua morte, poi banalità varie sulla sua psicologia, e conclude: La morte di Schulz ha suscitato molta impressione negli Stati Uniti.

Come Zucconi, Zampaglione è corrispondente di "la Repubblica" negli S.U. .

I due sono forse bravi a inviare al giornale notizie di cronaca quotidiana (e questo lo dico solo per non apparire fazioso, ma in realtà lo sono) ma certamente sono inetti e insensibili per quanto riguarda la narrativa e il ruolo autonomo dei mondi creati dall’attività estetica. Per di più appare chiaro che i due, per scrivere il loro pezzo, sono andati a consultare qualche squallido giornaletto di qualche orrendo e piatto paese della anonima provincia americana, per giustificare il loro ruolo di inviati del giornale.

Romagnoli. Andarsene è un’arte - Romagnoli è più sensibile: con riferimento a Charlie Brown scrive: ... la morte è una invenzione degli adulti, di quelli che non sanno più giocare, hanno esaurito i modi per essere felici o infelici ... Vedi una ragazzina dai capelli rossi e t’innamori: vivi. Comincia un nuovo campionato, vai in campo: vivi. "Era una notte buia e tempestosa", lo scrivi: vivi.

Charlie Brown sono io, tutti i Peanuts sono io.

Inserto di "la Repubblica "Schulz . Addio con amore" contenente molte strips e articoli di Natalia Aspesi, Emanuela Audisio, Furio Colombo, Oscar Cosulich, Umberto Eco, Umberto Galimberti, Curzio Maltese, Michele Serra, Luciana Sica, Vittorio Zucconi.

Eco. Aveva il cuore di un poeta - La capacità di cogliere, attraverso l’iconografia della saga di Schulz, la rivelazione che delle cose ci faccia toccare il fondo, o si ha o non si ha, per cui faccio mia entusiasticamente questa affermazione: Se diciamo che Schulz è un Poeta lo facciamo anzitutto come sfida e presa di posizione. L’affermazione "Schulz è un poeta" vale per "noi amiamo incondizionatamente, fervidamente, ferocemente, intollerantemente Charlie M. Schulz e non permettiamo che sia discusso, chiunque affermi il contrario o è un malvagio o è un illetterato.

Eco è senza dubbio il migliore esegèta di Schulz. Non c’è da meravigliarsi: Eco ha come interesse preponderante la semiologia, più naturalmente l’interesse per tutte le cose di cui valga la pena interessarsi. La saga di Schulz può essere analizzata secondo la metodologia esposta in: Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano, 1964. Nel Capitolo dal titolo "Lettura di Steve Canyon", pag. 130-173, si analizza la saga pubblicata Da Milton Caniff a partire dal gennaio 1947; qui l’iconografia del fumetto è analizzata come grammatica dell’inquadratura, sintassi di montaggio, natura dell’intreccio, dichiarazione ideologica riguardo all’universo dei valori sottostanti alla saga. Fondamentale è l’osservazione che il ricorso a convenzioni comunicative si basa sull’esistenza di una koiné di cui facciano parte sia chi emette il messaggio, sia chi lo riceve.

Parallelamente a questo scritto si deve leggere il testo: La struttura assente, Bompiani, Milano, 1968. Nel Capitolo 5 dal titolo "Il messaggio pubblicitario", pag. 165-188, si analizzano i livelli di codificazione visiva di cinque messaggi. Nonostante Eco premetta che " ... una trattazione semiologica esaustiva rimane da attuarsi per il messaggio pubblicitario ..." l’analisi che fa è del tutto esauriente e convincente.

Zucconi. La lunga lettera d’amore di un genio malinconico - Zucconi continua a non avere capito niente. Fa la biografia di Schulz, dice che lui non sposò Donna Wold perché la madre di lei non volle, e fa questa banale considerazione: Che Dio sia lodato per le madri impiccione: se Donna Wold avesse sposato Charlie, non sarebbero mai nati i Peanuts. Una affermazione improntata a un meccanico psicologismo d’accatto, fatta da uno che non potrà mai concepire le insondate profondità a cui nasce l’immaginazione estetica.

Ma non voglio più parlare di Zucconi: la sua incapacità è un difetto genetico, come l’albinismo o il piede equino.


Cosulich ha scritto quattro pezzi, disuguali fra loro per l’impostazione e il contenuto:

Woodstock. La spalla comica dell’inseparabile bracchetto - Un buon pezzo. L’uccellino, spalla di Snoopy in giochi e avventure, parla il linguaggio degli uccelli, reso graficamente da una serie di aste, un linguaggio che solo Snoopy è in grado di capire, traducendolo poi per il Lettore. Woodstock non pone limiti alla propria immaginazione, come quando ha raccontato che nell’inverno del 1981 ha ucciso cinque orsi polari. A Snoopy che gli chiede una prova, risponde di averli già mangiati. A volte Woodstock si mette strane idee in testa, come quando cerca di capire se avrebbe potuto essere un buon gufo spalancando gli occhi, per poi scoprire che fa male lasciare entrare troppa luce nella testa.

Linus. Con la coperta della sicurezza in un campo di cocomeri - Buono. Dissento dalla affermazione che è sempre stato Linus ad essere considerato il vero titolare della saga dei Peanuts, sopravanzando Charlie Brown e gli altri. Credo che alla rivista Linus sia stato dato questo nome per la sua più facile utilizzabilità dal lettore medio italiano di allora (1965).

Schroeder. Un pianoforte giocattolo per difendersi dalle passioni - Banale. Cosulich si limita a descrivere la figura di Schroeder come quella di un bambino prodigio, abbastanza anonimo senza il suo pianoforte. Non mette in evidenza l’invalicabile muro di imbecillità che separa il resto del mondo, impersonato da Piperita Patty e da Lucy, da chi è dotato di sensibilità e cultura.

Charles Schulz. Charles Schulz, una vita da cartoon - Orrendo. Cosulich supera Zucconi in incompetenza giornalistica e artistica. Copia da qualche giornaletto locale, e riporta, la solita deduzione che Schulz si è ispirato al suo incompiuto amore per Donna Wold nel creare la ragazzina dai capelli rossi. Per di più, come un grigio impiegato municipale riporta diligentemente nomi e cognomi delle due mogli di Schulz e di ognuno dei cinque figli, aggiungendo, riguardo questi ultimi: sicura fonte di ispirazione dei Peanuts.

Gli altri sette pezzi sono, per vari motivi, accettabili.

Aspesi: Lucy. Consigli psichiatrici e un pugno sul muso - Ha l’animo dell’imprenditrice: dalla sua baracchetta "Psychiatric Help", come tutte le dispensatrici di consigli scemi, e magari come alcuni brillanti psichiatri, le sue risposte alle angosce esistenziali dei Peanuts sono ovvie e banali. Purtroppo anche Lucy, come tante altre ragazze dell’epoca protese alla rivoluzione, avrebbe dato tutto il suo carattere per l’uomo ovviamente sbagliato, il suo pianista Schroeder.

Aspesi non è dura con Lucy, come questa meriterebbe (vedi nota). Solidarietà di genere femminile?

Audisio: Piperita Patty. L’anti Barbie che tutti vorremmo per amica - Piperita non è tipa da calendari. Anzi, è l’anti Barbie. Con quei capelli a spaghetto che sembrano un ciuffo d’erba impazzito, con quella eterna pioggia che bagna i suoi compiti pieni di poesia e di errori. Basta aver conosciuto un po’ Piperita Patty per aver voglia di vivere senza obbedire. E di rispondere al mondo come lei per anni ha risposto alla maestra minacciosa che le chiedeva del compito a casa: se l’è mangiato il cane.

Colombo: Charlie Brown. Non sarà un genio ma ci si può sempre contare - Il mondo dei Peanuts esiste perché esiste Charlie Brown; persino Snoopy non potrebbe esistere senza di lui. Charlie Brown, bambino semplice, in realtà è la figura più complessa del mondo creato da Schulz. Charlie Brown è il più americano dei Peanuts, nel senso rooseveltiano e New Deal della parola, uno come gli altri che però fa differenza perché non si chiama fuori, non si difende, non si preoccupa di sé stesso, non trova scuse e non è furbo.

Galimberti: L’analisi. Sotto le strisce batte l’inconscio - Le strisce di Schulz non ci hanno fatto ridere, perché sotto sotto sentivamo che ci facevano conoscere. ... : Sono un po’ anch’io come Charlie Brown, ma non proprio come lui, dicevamo. E in effetti eravamo peggio.

Non mi piace il titolo, che introduce gli abusati concetti della psicoanalisi nel mondo della narrativa. In questo mondo possibile valgono criteri diversi da quelli in uso nel mondo attuale.

Maltese: Snoopy. La metamorfosi di un cane che si crede un dio - Snoopy non conosce frustrazioni né delusioni. ... È un megalomane, d’accordo. È un cane che si sente un dio. Condizione umanissima, peraltro. ... Non c’è avventura che non possa vivere, guerra che non abbia combattuto, continente che non abbia esplorato, bracchetta che non abbia sedotto ... Alla fine, gli basta una ciotola.

Serra: La ragazza dai capelli rossi. Un fantasma amoroso da sognare ogni giorno - Lungo trent’anni e rotti di Peanuts, la sola qualità conoscibile della ragazzina coi capelli rossi è quella di avere i capelli rossi. Più le probabili efelidi, anche se non ricordo, al momento, se il suo mentore Charlie Brown ne abbia mai fatto esplicitamente cenno. Per il resto non sappiamo nulla. Né il nome né il carattere. Perché la ragazzina coi capelli rossi non è stata mai disegnata ... potrebbe anche essere il fantasma amoroso del suo innamorato.

Sica: L’intervista. La mia storia con i Peanuts -

- Del Buono, lei ha detto più di una volta di amare alla follia tutti i personaggi di Schulz ...

- Veramente alla fine degli anni Sessanta dissi d’identificarmi con Charlie Brown, che io trovo - per così dire - il padre e la madre di tutte le cose. Bene, un intellettuale ormai scomparso scrisse "Del Buono è un imbecille ... Lei poi sa come sono gli intellettuali, gente che non sa niente di fumetti, non li ha mai letti, o ha finto di leggerli per pura moda ..."

- Non ci saranno eredi a raccogliere la matita di Schulz. È una scelta che condivide?

- A me ricorda tanto gli antichi che mettevano le cose più care, quelle per cui avevano vissuto, nelle loro tombe ... Un gesto antico quello di Schulz, non un gesto di superbia, e anche in questo si coglie la sua profonda classicità.
 
 


Conclusione

Questa non è la conclusione del mio scritto; esso non ne ha, perché è solo un sincero omaggio al mondo dei Peanuts. Riporto invece la conclusione che Eco trae alla fine della Famosa Tavola Rotonda del 1965, conclusione riguardante la struttura formale delle strips, l’origine del loro farsi "narrazione":

La forza di Charlie Brown è che ripete sempre, con ostinazione, ma con un senso del ritmo, qualche elemento fondamentale. Come certo jazz ripete con ostinazione una certa frase musicale.

Potremo quindi concludere dicendo: il buon fumetto è quello in cui la ripetizione ha un significato e accresce la ricchezza sella storia, il cattivo fumetto è quello in cui la ripetizione annoia e dimostra povertà d’invenzione.

Nelle storie di Charlie Brown apparentemente accade sempre la stessa cosa, anzi, non accade nulla, eppure a ogni nuova strip il carattere di Charlie Brown ne risulta arricchito e approfondito.

Se si legge una strip isolata non vi si trova effettivamente nulla, ma dalla serie quotidiana delle strips nasce il senso di un’epica popolare il cui sviluppo avviene attraverso il ripetersi delle avventure.

Il principio di similarità è alla base della poesia: figure di parola , rime, assonanze, cadenze ritmiche, allitterazioni e ogni altra forma del parallelismo su tutti i livelli dell’organizzazione del testo sono costanti del discorso poetico.

Se il testo è sotto forma iconica vale lo stesso principio.

L’epica dei Peanuts è vera opera di Poesia.
 
 

Nota

Commento di Bruno Cavallone apparso in Linus, n°1, aprile 1965:

Lucy Van Pelt arcigna, supponente, militarista, intrigante, diffidente, maccartista e rompiscatole è perennemente impegnate nella distruzione morale (...) del protagonista, per cui costituisce una sorta di incubo tirannico, causa non ultima delle sue turbe emotive. (...) Per altro verso, Lucy ama non riamata Schroeder, più giovane di lei, e passa lunghe ore languidamente appoggiata al suo pianofortino, senza tuttavia intenderne la sublime capacità artistica, che apprezza se mai solo come strumento di prestigio sociale e di guadagno.

La figura di Lucy è così rappresentata in: Umberto Eco: Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano, (1964), 1989, pag.269:

... Lucy, matriarcale, perfida, sicura di sé, imprenditrice a profitto sicuro, pronta a smerciare una sicumera del tutto fasulla ma di indubbio effetto (sono le sue lezioni di scienze naturali al fratellino Linus, una accozzaglia di improntitudini che a Charlie Brown danno male allo stomaco, I can’t stand it, non posso sopportarlo, geme lo sciagurato, ma con quali armi si può arrestare la malafede impeccabile quando si ha la sventura di essere puri di cuore?).

Altrove Lucy ha la seguente conversazione con Linus, che le dice: Domani è il quattro luglio. E la matriarca: È anche il giorno dell’Indipendenza ... lo sapevi?. No, io no .... Allora, con la noncurante semplicità del saggio, Lucy getta a Linus una briciola del suo Sapere:

Questo è uno di quegli anni in cui cadono entrambi nello stesso giorno .
 
 




 

© LT, Feb 2000



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