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2.3 Comunicazione

Una comunicazione avviene quando qualcuno (sorgente) si comporta in modo da tentare intenzionalmente [1] di far sì che la propria esperienza (che vuole comunicare come dato di fatto) o la propria azione (che vuole comunicare come sua decisione) siano accessibili all'esperienza o all'azione di un altro (destinatario) e le condizionino, e l'altro osserva ciò e si comporta in modo conforme, senza che d'altronde esista la possibilità di determinare direttamente l'esperienza interiore o l'azione dell'altro tramite le proprie.

"Conforme" significa quindi che la comunicazione non richiede necessariamente il consenso o rifiuto psichico sull'esperienza o sull'azione, ma solo la comunicazione di accettazione o rifiuto [2] . A tale proposito è necessario quindi distinguere (come abbiamo detto sopra) le referenze psichiche (individui) da quelle comunicative (sociali), poiché le prime possono anche essere divergenti dalle seconde, nonostante per gli individui possa essere meno gravoso il caso contrario.

Usando un'altra terminologia, si può dire anche che comunicare consiste nell'<<orientare l'orientato entro il suo dominio cognitivo indipendentemente dal dominio cognitivo dell'orientatore>> [Maturana e Varela 1985, 80]. Per fare ciò è necessario prima di tutto che gli interlocutori si riconoscano reciprocamente competenza comunicativa. Prima che la comunicazione inizi, la competenza dell'altro può essere solo presupposta, ma poi deve verificarsi in modo operativo nella comunicazione, altrimenti questa non avrà lungo respiro o addirittura non andrà oltre l'atto iniziale. Riconoscersi competenza comunicativa implica quindi, prima di tutto, riconoscersi come potenziali comunicanti e agire di conseguenza [3] .

A questo scopo, gli interlocutori si basano sulla propria differenza tra sé e non sé (ego e alter). Una volta costituiti sé e non sé infatti, si dispone di uno schema di base entro il quale sviluppare altre distinzioni. In particolare nel nostro caso quella tra esperienza e comunicazione, ovvero tra informazione e percezione da una parte (esperienza) e tra informazione e atto del comunicare dall'altra (comunicazione) [in modo simile Luhmann e De Giorgi 1992, 61 ss.]. Corrispondentemente, con l'ausilio della distinzione tra alter e ego, sorgono le distinzioni tra oggetti che non comunicano (che chiamiamo genericamente fonti) e oggetti che comunicano (che chiamiamo genericamente sorgenti) e le rispettive posizioni di chi percepisce (che chiamiamo osservatore) e di chi imputa come rivolta a sé una comunicazione (destinatario). Mentre per la percezione i due termini corrispondenti sono ego (chi osserva) e alter (cosa osservata), per la comunicazione la distinzione è fatta in modo più complesso, cioè entrambi sono l'uno per l'altro alter-ego. Alter perché non siamo noi, ego perché riconosciamo all'altro di essere come noi, che nel caso specifico della comunicazione significa riconoscere all'altro di avere competenza comunicativa, di essere dei partner possibili della comunicazione. Comunicare è possibile solo se entrambi sono capaci di riconoscersi come alter-ego (a differenza che per l'esperienza, per la quale non è necessario riconoscere all'altro-da-me la capacità di percepirmi a sua volta), altrimenti a un'intenzione comunicativa non seguirebbe una risposta e non si formerebbe un sistema di comunicazione. Quando si comunica, la distinzione alter-ego viene dereciprocizzata (o asimmetrizzata), e in particolare ego sarà chi ha il ruolo di destinatario, alter chi ha il ruolo di sorgente [4] . La distinzione tra sorgente e destinatario però, non indica posizioni fisse delle persone (tranne che in casi particolari, ad esempio nella comunicazione di massa) o addirittura persone fisse, ma solo le imputazioni che al momento vengono effettuate per ragioni operative (chi sta emettendo cosa e chi sta ricevendo cosa).

Richiamiamo l'attenzione sul fatto che la distinzione tra esperienza e comunicazione è una prestazione che deve essere compiuta dall'osservatore-destinatario indipendentemente dalla fonte-sorgente. Infatti, la distinzione tra esperienza e comunicazione non esiste di per sé e non può essere trasmessa, ma è creata per proprio uso da chi partecipa a una comunicazione [5] . Chi non la può usare non può comunicare, o distinguere una comunicazione da un'esperienza, e le differenze nel modo di usarla determinano le divergenze di opinione nel considerare un evento come esperienza o comunicazione o nel ritenere possibile o meno una comunicazione (diversi criteri di attribuzione di un evento a una categoria o all'altra).

Ma in che cosa consiste la distinzione tra esperienza e comunicazione? Nel fatto che ogni evento perturbatorio venga considerato, secondo criteri formati nel sistema, rispettivamente o come una percezione del sistema stesso (osservatore) che rimanda a un'informazione o come un atto di un altro sistema (sorgente) che rimanda ancora a un'informazione. Si tratta quindi di un processo di imputazione (o attribuzione, o inferenza) di eventi a una categoria o all'altra (esperienza o comunicazione), indipendente da ciò che avviene nel mondo e che può perciò essere anche fatto in modo diverso. In entrambi i casi, l'informazione che ne risulta non viene imputata, rispettivamente, alla percezione (all'osservatore) o all'atto di comunicare (alla sorgente), ma al loro rispettivo ambiente [6] . La differenza tra imputazione al sistema e imputazione all'ambiente corrisponde a quella tra azione (percezione o atto del comunicare, cioè selezione imputata al sistema) e esperienza vissuta (informazione, cioè selezione imputata all'ambiente). Solo se si riesce a mantenere distinte tali imputazioni, si possono avere esperienze e comunicare. Con ciò resta ovvio che tutte queste imputazioni sono effettuate nel sistema (l'osservatore-destinatario, o la sorgente, se si parte dal punto di vista di chi si orienti a tutto questo per cercare di comunicare) e che al di fuori di esso o non esistono né percezione né comunicazione, o dove esistono (in altri sistemi, o nello stesso sistema dopo un po' di tempo) non è detto che siano imputate nello stesso modo.

L'importanza di questa distinzione di imputazioni per la comunicazione è presto detta: essa si ricollega alle possibilità di motivare ego (destinatario) all'accettazione del senso offerto nella comunicazione da alter (sorgente) come senso valido anche per lui, cioè di aumentare le probabilità che una comunicazione non sia solo compresa (soluzione del "problema semantico" di Shannon e Weaver), ma che a ciò seguano gli effetti desiderati dalla sorgente (soluzione del "problema dell'efficacia"), nonostante sia comunque impossibile eliminare del tutto le possibilità di rifiuto. Ciò è possibile a condizione che alter e ego:

  1. coordinino opportunamente le loro imputazioni:
    • al sistema (alter decide sull'azione di ego ed ego esegue);
    • all'ambiente (alter vuol ottenere che una sua esperienza sia considerata valida anche da ego, ed ego acconsente);
    • a una combinazione di sistema e ambiente (alter decide su qualcosa, ad esempio su un acquisto di beni, e non richiede ad ego di decidere a sua volta sulla sua decisione, ma solo di accettarla interiormente; oppure alter esperisce qualcosa, ad esempio amore, e chiede ad ego di agire di conseguenza);
  2. dispongano dei mezzi di motivazione corrispondenti (per gli esempi fatti, mezzi di punizione, mezzi argomentativi, mezzi economici e mezzi di seduzione). Questi mezzi [7] , sviluppatisi evolutivamente, favoriscono l'espressione di accettazione o rifiuto di determinate offerte di senso a condizioni ben precise, che richiedono al massimo la comunicazione dell'accordo stesso, al limite anche in assenza dello stato mentale corrispondente, come nel caso dell'esecuzione di direttive sgradite. Se i mezzi di motivazione di alter non sono sufficienti o efficaci ed ego non si coordina ad alter in modo conforme alla volontà di quest'ultimo, si avrà invece il rifiuto.

Dunque, come avviene il processo di decisione che dalla percezione di una perturbazione porta all'esperienza o alla comunicazione?

Il destinatario è un sistema già organicamente distinto e con una rappresentazione interna della propria distinzione (identità). Tale sistema viene prima di tutto perturbato da eventi esterni. Poi imputa tale perturbazione a un qualche tipo di oggetto costituito internamente come esterno (non sé). Infine decide se tale perturbazione è un'esperienza o una comunicazione e quindi se l'oggetto perturbatorio è una fonte o una sorgente. Si ha un'esperienza, quando si imputa a sé (osservatore) la percezione e a una fonte (ambiente) l'informazione ottenuta; si ha una comunicazione quando si imputa a una sorgente l'atto di comunicare e all'ambiente di quest'ultima l'informazione [Luhmann e De Giorgi 1992, 69]. Tutto ciò avviene internamente al sistema, con l'ausilio della distinzione tra sé (osservatore-destinatario) e non sé (fonte-sorgente). E' importante rimarcare ancora che si tratta di una distinzione imputata per ragioni operative del momento, non di una descrizione di stati di fatto, dato che appunto di fatto, quando c'è una comunicazione c'è anche percezione, e l'informazione si può imputare tanto all'ambiente quanto al sistema. Queste ultime considerazioni vengono però tenute "di riserva" nel caso le si voglia utilizzare in seguito per effettuare imputazioni diverse (ad esempio ego può affermare "ti sbagli" o "tu menti" se alter richiede ad ego imputazione all'ambiente "comune" ma ego imputa al sistema-alter).

La sorgente, mutatis mutandis, opera in modo del tutto simile al destinatario, ovvero: prima ancora di decidere se comunicare o meno, deve prima di tutto individuare nell'ambiente un potenziale destinatario (cioè qualcuno a cui egli imputa competenza comunicativa), e poi decidere se vuole impegnarsi in una comunicazione con lui o no.


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[1] Preciseremo il discorso sull'intenzionalità nel paragrafo seguente. Torna Su
[2] Il fatto che, contrariamente a quanto si intende di solito, una comunicazione "conforme" possa essere anche un rifiuto, si ricollega a quanto detto sopra a proposito della comunicazione di aspettative devianti. Torna Su
[3] In questo senso la competenza comunicativa comprende tutte quelle precondizioni, conoscenze e abilità che devono sussistere affinché un individuo possa prender parte a una comunicazione. Un atto è "comunicativo" e non semplicemente "linguistico", in quanto la sua esecuzione implica la conoscenza e l'applicazione di regole sociali e non solo grammaticali, sintattiche e semantiche. Un'espressione linguistica deve infatti essere appropriata al contesto in cui viene emessa, e non solo corretta linguisticamente [Ricci Bitti e Zani 1983, 17 ss.]. Ciò non toglie la validità di quanto sopra detto sul particolare significato di "conformità" di una comunicazione. Torna Su
[4] Non vale qui la critica secondo cui questa concezione interattiva della comunicazione sarebbe "monologica" perché enfatizzerebbe la produzione dei vari atti comunicativi come azioni singole, trascurando la costruzione dei significati come azioni mutuamente riconosciute [Markovà 1990]. Infatti prima di tutto il concetto di riconoscimento mutuo presuppone che si possano distinguere le posizioni dei partecipanti e poi che ci sia un minimo di accordo su chi ha comunicato e che cosa (altrimenti chi riconoscerebbe chi e che cosa?). Su questa base minima di accordo, senza la quale diventa ben presto chiaro che ha poco senso tentare di comunicare, si può poi comunicare su varie altre cose, anche se non si è d'accordo su di esse e non si giungerà a un accordo. Questo perché, anche se l'accordo può essere il fine di una comunicazione, ciò non significa che la comunicazione dipenda dal suo raggiungimento per verificarsi. Infatti si può comunicare anche se non si sa se dopo si sarà d'accordo. Inoltre ci sono comunicazioni (ad esempio le sentenze di tribunale) che si attuano indipendentemente dal fatto che coloro alle quali sono rivolte (l'imputato o gli accusatori) siano d'accordo. Torna Su
[5] Non può essere trasmessa, lo ricordiamo, perché ciò dovrebbe avvenire in una comunicazione, ma non potrebbe avvenire alcuna comunicazione se la distinzione non fosse già prima presente. Torna Su
[6] Dato che si tratta solo di imputazione, tutto questo non toglie che l'informazione, come abbiamo ricordato sopra, si costituisca sempre all'interno di ogni singolo sistema e mai nell'ambiente. Torna Su
[7] Ci riferiamo ai media della comunicazione simbolicamente generalizzati [Luhmann e De Giorgi 1992, 61 ss., in particolare 105-117]. Torna Su