Un collega che vede sintonia tra l'impegno sul campo e la lotta in mezzo alle carte: Augusto Cosulich
Caro Eduardo,
ti scrivo queste due righe di commento sul tuo libro che ho appena finito di
leggere.
Oltre al concetto del "deja vu" di cui ti parlavo circa i
primi anni della mia esperienza africana (stesse situazioni coinvolgenti,
stesse paure professionali, stesse vittorie, stesse frustrazioni) devo notare
anche altri concetti che emergono chiaramente da quel caleidoscopio di quadri che
hai prodotto.
Innanzitutto devo dire che hai avuto una fortuna che è toccata a pochi, il
poter vivere in prima persona gli anni entusiasmanti del periodo sandinista.
Esperienza unica nel suo genere, ch'io sappia non ci sono altri esempi nel
mondo moderno (forse con l'eccezione del Cile di Allende) di una commistione
tra il socialcomunismo e la religione, cattolica in questo caso, fatto che ha
stravolto almeno per qualche anno gli equilibri strategici tra quei due mondi
da sempre così dichiaratamente antitetici. Dev'essere stato proprio bello
vivere e lavorare assieme a gente che credeva fermamente nel suo ideale,
fortemente motivata pur vivendo in una povertà quasi assoluta. E dev'essere
stato ancor più duro vedere a distanza di pochi anni il cambiamento in
negativo, come chiaramente traspare nell'epilogo del tuo libro.
E' comunque un testo molto istruttivo per coloro, e sono i più, che hanno
vissuto l'esperienza sandinista in Nicaragua attraverso i media e a migliaia di
km di distanza. Gran peccato che l'esperienza sia finita negativamente, non
tanto perché rovesciata con la forza come in Cile, ma attraverso pubbliche
elezioni popolari: questo dimostra purtroppo chiaramente che la natura umana è
geneticamente troppo egoista (il nostro peccato originale!) per poter dare una
sostenibilità continuativa del modello "tutti uguali". Il periodo
della piñata ne è l'esempio lampante. Forse la mia è una visione
troppo pessimistica del mondo, o forse è semplicemente realistica, d'altronde
penso che anche la recente tragica esperienza del G8 a Genova ti abbia
confermato che i ricchi non hanno la benché minima intenzione di privarsi di un
parte delle loro risorse per darle ai più poveri; che quest'ultimi si
accontentino del sovrappiù, del grasso che cola...
. Beninteso che questo stato di cose non può essere accettato, credo però che difficilmente e certamente non in breve tempo si potrà arrivare ad una più equa distribuzione delle risorse nel mondo.
A noi operatori di cooperazione il compito di portare un
contributo concreto e continuativo, se pur modesto, al cambiamento. Il tuo
compañero Mauro ne è un fulgido esempio, ma non va dimenticato ed apprezzato
anche chi lotta in mezzo a carte e burocrazie imbalsamanti, come te caro
Eduardo, e i tanti altri oscuri cooperanti sparsi in mezzo mondo. Certo,
nessuno di noi vedrà il frutto immediato di quello per cui lavoriamo, per
questi cambiamenti ci vorranno tempi epocali, e non sono neanche sicuro che la
transizione sarà pacifica. Potremo però sempre dire di aver anche noi
contribuito col nostro mattone alla nuova costruzione umanitaria.
Beh, finita la digressione, eccomi ancora a te. Il tuo è un libro
"romantico", come penso debba essere necessariamente anche il tuo
spirito, che fa tanto bene a chi vuole trovarvi quei valori umani di
solidarietà, onestà e dedizione che sono ormai diventati un bene raro nella
nostra attuale società.
Si nota anche il tuo profondo spirito religioso, di una religione però vissuta
più che professata, condivisa più che singola ed isolata. Certamente questo tuo
modo di essere deve averti aiutato non poco in circostanze spesso difficili se
non drammatiche. Non è così?
Ti capisco bene, anch'io ho avuto un'educazione
profondamente religiosa (cattolica). Quando mi sono affacciato alla vita, con
tutti i suoi problemi e i suoi tiburones, ho molto ringraziato i miei genitori
per avermi dato questo tipo di educazione che mi ha permesso di continuare
diritto lungo la strada che avevo intrapreso. Allo stesso tempo però ho sempre
meno dato importanza agli aspetti confessionali (la messa domenicale, i
sacramenti) e sempre più invece ho cercato di vivere la mia religiosità giorno
dopo giorno nei rapporti col prossimo, nel lavoro, in famiglia; cosa che cerco
di fare tuttora.
So che per te non cambia nulla, comunque volevo anche dirti che ammiro molto la
tua coerenza professionale ed umana: già lo si legge in varie occasioni nel
testo del libro, ma poi so che questa tua onestà e franchezza anche nei
riguardi di superiori poco corretti (eh sì, i nostri cari amici diplomatici...)
ti ha recentemente procurato non poche frustrazioni.
Coraggio, amico mio, e non mollare, mi raccomando!!
Un abbraccio. Augusto