Abbiamo parlato finora in generale degli effetti della luce sul nostro sistema percettivo, senza mai portare in primo piano le importanti differenze esistenti tra la percezione di colori come risultato di luci provenienti direttamente da una sorgente luminosa e la percezione di colori come risultato di luci riflesse da superfici interposte tra una sorgente ed i nostri occhi.
È ora il momento di considerare in dettaglio questa differenza, cominciando dai fenomeni legati alla prima delle due situazioni indicate.
Come abbiamo visto nei paragrafi dedicati al funzionamento dei recettori fotosensibili della retina, la visione dei colori dipende dall'azione combinata di tre tipi di coni, diversamente eccitati dalle onde elettromagnetiche che compongono la luce. È possibile sperimentare che una opportuna mescolanza di radiazioni di diversa lunghezza d'onda produce la visione del bianco: è, tale risultato, l'opposto di ciò che accade nella scomposizione della luce bianca solare nei colori dello spettro visibile ad opera di un prisma.
Il fatto che luci di differente lunghezza d'onda, le quali, viste singolarmente, ci appaiono ciascuna colorata in modo diverso, generino – sommate insieme – la visione del bianco, è un fenomeno che viene definito sintesi o mescolanza additiva. La visione del bianco può essere considerata come la controparte percettiva della somma di tutte le radiazioni che compongono lo spettro visibile.
Ai fini della creazione di un sistema affidabile per la generazione di colori ottenuti miscelando luci colorate, si ricorre solitamente all'uso di tre colori-base, che sono definiti primari. I primari utilizzati oggi nei televisori, nei monitor dei computer e nei sistemi di grafica digitale sono il rosso, il verde e il blu.
È interessante notare, però, che la terna dei cosiddetti colori primari è una scelta arbitraria dell'uomo, che non ha giustificazioni nella fisica o nella fisiologia dell'occhio. Una terna di colori primari, cioè, non esiste in natura. I tre tipi di coni presenti sulla retina hanno, ad esempio, il loro picco di sensibilità intorno alle frequenze del blu-violetto del verde e del giallo-verde, non in corrispondenza del rosso, del verde e del blu, e vengono stimolati tutti e tre (sia pure in modo diseguale), o almeno due su tre, dalla maggior parte delle frequenze visibili, a causa della relativa sovrapposizione della curva di sensibilità di ciascuno di essi.
Ciò che ha radici nella fisiologia della visione è
piuttosto: 1) il fatto che tre è il numero minimo di luci colorate che è
necessario mescolare per ottenere una gamma di colori più o meno paragonabile
alla ricchezza cromatica dello spettro visibile; 2) che il rosso, il verde e il
blu sono colori prodotti da una forte eccitazione di uno solo dei tre tipi di
coni e da una scarsa stimolazione degli altri due tipi, cosa che si accorda con
la necessità di far corrispondere ai colori primari
tre fonti di stimolazione
luminosa il più possibile indipendenti l'una dall'altra e in grado, combinate
tra loro, di provocare la massima eccitazione di tutti e tre i tipi di coni,
fenomeno quest'ultimo che produce appunto la visione del bianco. La scelta di
questi tre primari
si paga però con il fatto che mescolanze uguali di rosso,
di verde e di blu non producono esattamente il bianco, ma una sfumatura tendente
al giallo: occorre aggiungere del blu al rosso primario – o aumentare la
luminosità del blu - per ottenere il bianco.
In fig.14 è rappresentato lo schema classico della sintesi additiva. È l'effetto che si ottiene sovrapponendo tra loro tre raggi luminosi: uno verde, uno rosso ed uno blu, opportunamente corretti in partenza nel modo poco sopra descritto. Un simile esperimento si può realizzare facilmente, usando tre sorgenti di luce bianca, ciascuna schermata con un filtro di uno dei tre colori qui considerati primari, e proiettando i tre raggi su una superficie neutra. Come si può vedere, al centro, dove i tre raggi si sovrappongono, appare il bianco. Dove, invece, si sovrappongono solo la luce rossa e quella verde, vediamo il giallo, in accordo con quanto spiegato in precedenza, nei paragrafi dedicati alle funzionalità recettive dei coni. Nella zona di sovrapposizione tra verde e blu, il colore percepito è il ciano (un celeste luminoso e molto saturo). Infine, là dove di mescolano il rosso e il blu, il colore percepito è il magenta (un rosso violaceo molto saturo).
Fig. 14 – Esempio di sintesi (o mescolanza) additiva di tipo spaziale
Il tipo di mescolanza additiva mostrata in fig.14 è detto spaziale, perché l'effetto è prodotto dalla sovrapposizione di luci su una stessa porzione di spazio. Esistono però altri due tipi di sintesi additiva: la media spaziale e la media temporale.
La sintesi per media spaziale avviene quando delle luci di colore differente, molto ravvicinate tra loro, sono viste dall'occhio ad una distanza tale per cui non è più possibile scorgere le singole componenti: al loro posto appare invece un'unica macchia di colore. È questo appunto il principio adoperato da monitor e televisori, nei quali ogni punto visibile dello schermo è costituito da tre fosfori (elementi fotosensibili) molto ravvicinati tra loro, uno attivo nelle gradazioni del rosso, uno in quelle del blu ed uno in quelle del verde: l'occhio interpreta la loro vicinanza come un'unica stimolazione-somma, in grado di produrre la visione dei colori secondo le regole della mescolanza additiva, che è il meccanismo naturale di funzionamento dei nostri recettori della retina.
L'esempio in fig.15 mostra una sintesi additiva per media spaziale: il quadrato giallo-verde sulla destra è l'unione di molte migliaia di semiquadrati rossi e verdi, come quelli – molto ingranditi - accostati nel quadrato sulla sinistra dell'immagine: i recettori della retina non sono in grado di separare le singole componenti di rosso e di verde quando esse sono molto piccole e ravvicinate, per cui vediamo un unico colore-somma che è l'effetto della loro mescolanza additiva.
Fig. 15 – Esempio di sintesi additiva effettuata per media spaziale. Una
serie di bande rosso-verdi, viste ad opportuna distanza, appaiono come una
superficie uniformemente gialla
Il terzo ed ultimo tipo di sintesi additiva avviene per media temporale. Esso si ottiene quando luci che ci appaiono di colore differente colpiscono lo stesso punto della retina in rapida successione (almeno 50 o 60 volte al secondo): quando il ritmo del loro alternarsi è sufficientemente elevato, i recettori della retina non sono più in grado di discriminare tra due sensazioni successive, che vengono quindi fuse nella percezione psicologica di un unico colore-somma.
In fig.16 viene mostrato un esempio di sintesi additiva per media temporale: il disco rosso-verde (a sinistra), posto in rapida rotazione, viene percepito dall'osservatore come un disco di colore giallo uniforme (a destra).
Fig. 16 – Esempio di sintesi additiva effettuata per media temporale
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Aggiornato Tuesday, 30-Jul-2002 17:18:04 CEST