Miracoli e predicazione di Gesù (Mc. 1, 29-39)

 

 

A Cafarnao, dopo aver guarito un indemoniato, Gesù libera dalla febbre la suocera di Pietro. Poi guariti molti malati e scacciati demoni, assediato dalla gente passa a predicare in tutta la Galilea.

I miracoli sono una delle componenti più suggestive ed affascinanti della predicazione di Gesù e quella che forse ne fa un personaggio sorprendente ed interessante al tempo stesso: non a caso la parola “miracolo” indica qualcosa che stupisce, perché supera le leggi naturali.

Ce ne sono di più tipi, a seconda che riguardino solo alterazioni di fenomeni naturali (come quelli dell’Antico Testamento: il roveto ardente di Mosè, l’apertura del mar Rosso, il fermarsi del sole davanti a Giosuè etc.; oppure quelli del Nuovo Testamento: la tempesta sedata, la moltiplicazione dei pani, etc.); oppure fenomeni che riguardano Gesù stesso (come la teofania della colomba nel battesimo del Giordano, la Trasfigurazione,  il suo andarsene passando in mezzo alla folla, o l’entrare a porte chiuse nel cenacolo, etc.); o, ancora, liberazione di indemoniati, che attesta la vittoria del Regno di Dio su quello dell’Avversario.

Su questi miracoli, e specialmente su quelli relativi all’alterazione delle leggi della natura, basta osservare che non c’è poi molto di strano se Chi ha dettato quelle regole – essendo Dio -possa dimostrare che è anche capace di cambiarle quando e come vuole: per questo non può essere condivisa la smania che pervade molti cristiani – più spesso studiosi – che si preoccupano a più non posso di indagare e reperire ad ogni costo cause naturali che giustifichino storicamente quei fenomeni straordinari (la manna, l’apertura del mare, le piaghe etc.).

Forse, a questo proposito, basterebbe soffermarsi un attimo a pensare che anche l’ordinarietà della natura, la nascita e la riproduzione della vita, la complessità del macro e del microcosmo è talmente strabiliante e stupefacente da essere essa stessa un grande – e troppo spesso snobbato – miracolo.

Ma quello che sembra quanto mai interessante sono invece i miracoli – per lo più di guarigione – che Gesù opera nei confronti di moltissime persone.

L’interesse è nel fatto che questi particolari prodigi non si verificano solo per volontà di Gesù, ma anche e soprattutto per la fede di chi li riceve (o comunque la fede di qualcuno).

Ecco il senso delle parole che spesso Gesù rivolge ai destinatari del segno miracoloso: “La tua fede ti ha salvato”.

Ed ecco perché in certi casi – come ad esempio quello dell’emorroissa (Mc.  5, 25-34) Gesù nemmeno individua subito chi ha ricevuto il miracolo: perché a quella donna che desiderava la guarigione è bastato toccare anonimamente il mantello di Gesù, credendo con vera fede in Lui, per trovarsi subito guarita.

Allora, per fare i miracoli non ci vuole solo Gesù, ma occorre qualcuno che abbia fede.

Si spiega perché anche i discepoli e qualunque uomo possono “fare miracoli”: basta che questi siano chiesti nel nome del Signore e nei confronti di chi abbia fede.

Salvarsi dunque dipende non dal miracolo che si riceve ma dalla fede in Gesù Cristo, dal piegare il ginocchio del nostro orgoglio dinanzi a Lui, riconoscendolo come il Signore della vita di ciascuno e proclamando quel Suo Nome che è al di sopra di ogni altro nome.

Anche nel miracolo, perciò, c’è la libertà che Dio ci lascia sempre. Per questo non possiamo meravigliarci quando gli chiediamo miracoli e questi non vengono: evidentemente non abbiamo abbastanza fede, ma piuttosto stiamo tentando il Signore affinché si mostri, e dimostri con un segno prodigioso di essere veramente quel Dio “buono” che si dice.

E’ un discorso molto serio: la nostra propensione abituale (anche se forse non sempre ce ne rendiamo conto) non è di chiedere con umiltà e fede l’intervento salvifico del Signore nella nostra vita, ma di pretendere che Egli ponga rimedio a mali o difficoltà che noi addebitiamo a Lui e rispetto ai quali la nostra richiesta di soluzione consiste nel dirgli, certe volte presi anche da disperazione: Tu ci hai messi in questa situazione e tu devi salvarci.

Questo non è fede, ma tentare Iddio, come Israele nel deserto, che pretendeva continuamente miracoli imputando a Dio stesso le proprie situazioni di diffidenza e di peccato: e Dio ha risposto ad Israele spesso con misericordia, talvolta invece con severa giustizia (v. episodio dei serpenti velenosi, quando “il popolo non sopportò il viaggio”).

Dio non ha nessun obbligo verso di noi, avendoci da sempre fatto oggetto di dono e di perdono: non ha senso logico rivolgersi a Lui in tono ultimativo come tanto spesso siamo usi a fare, e meno male che la Sua misericordia è davvero sconfinata, perché noi al posto Suo ci saremmo già stancati da tempo di sopportare e comprendere un atteggiamento così ostile e diffidente.

Forse il miracolo della suocera di Pietro Gesù lo compie anche per dare una ulteriore conferma a Pietro (anche se si tratta della suocera…..) e facilitare una scelta definitiva ad una persona tanto generosa e spontanea quanto dubbiosa ed incredula.

Ma quel miracolo, ovviamente, rappresenta anche in se stesso una grande verità attraverso un segno semplice ed efficace di guarigione.

Sulla febbre che attanaglia la nostra vita, sul masso delle preoccupazioni, dei crucci e delle angosce che opprimono la tua e la mia realtà quotidiana, sull’insofferenza che sperimentiamo così spesso nell’alzarci la mattina per una nuova giornata di difficoltà, sorge il sole di Cristo, e così basta che Lui si accosti a noi e ci prenda per mano affinché possiamo trovarci immediatamente sollevati, cioè sgravati dal peso, liberati dall’oppressione.

Con Lui possiamo tornare a vivere e a camminare, qualunque siano i nostri problemi.

La risposta della suocera di Pietro a questa liberazione è che lei si mette subito a servire: Matteo di ce “a servirlo”, mentre Marco (forse più opportunamente) dice “a servirli”, indicando in modo sublime questa forza incredibile di carità rivolta a tutti che nasce quando siamo presi per mano da Gesù.

La Sua presenza e la Sua vicinanza nella nostra vita rendono naturale una risposta in termini di Amore e di servizio per Lui e per tutti coloro che ci sono intorno.

Allo stesso tempo, si comprende proprio da questo particolare che quella donna ha riconosciuto in Cristo il suo salvatore, Colui che può guarire perché è il Figlio di Dio.

Se lei non avesse questa fede, non sopravverrebbe alcuna guarigione, perché è anche scritto chiaramente che a Nazareth Gesù “non fece molti miracoli a causa della loro incredulità” (Mt. 13. 58), e  che finanche Pietro, camminando sulle acque per andare incontro a Gesù, appena fu sfiorato dal dubbio cominciò ad affondare.

Allora, per chiedere i miracoli occorre vera fede. Non molta: ne basta come un granellino di senapa per spostare un monte, ma almeno quella occorre…

E quindi per chiedere la fede serve pregare, proprio come Gesù stesso fa dopo aver operato guarigioni e scacciato demoni.

Ed occorre non tentare il Signore, non confondere la Sua misericordia con qualcosa di dovuto, che ci spetta.

Quando Simone, prima dell’alba, trova Gesù che prega, gli fa presente che tutti lo cercano: ed Egli sa benissimo (come dirà apertamente più avanti) che la gente lo sta cercando egoisticamente per pretendere da Lui miracoli, non quindi per ascoltarlo e convertirsi, ma per strumentalizzarlo come si farebbe con un mago o uno stregone.

Questo lo induce ad andarsene, perché è evidente che non è stato capito, e a passare in un’altra regione, perché la Sua missione è di annunciare il Regno del Padre, non solo compiendo miracoli fisici, ma spargendo il seme della Parola per realizzare il vero e il più grande dei miracoli, quello della conversione degli uomini.