Riforme istituzionali:
Schede informative sui referendum |
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Questione preliminare sul divieto di ripresentare il medesimo quesito già sottoposto agli elettori e non approvato prima di cinque anni.
Su questa proposta referendaria è bene sottolineare che il corpo
elettorale è già stato chiamato a pronunciarsi il 18 aprile
dello scorso anno.
Come si ricorderà, contrariamente a tutte le previsioni, oltre
il 50% degli elettori non si recò a votare e, secondo quanto stabilito
dal comma 4 dell'art. 75 della Costituzione, il referendum fu respinto.
Art. 75 ... La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. |
Ma indipendentemente da queste considerazioni, quello che si fa fatica
a comprendere è la necessità, sentita dalla Cassazione, di
operare forzature interpretative in presenza di norme estremamente chiare
e nel totale silenzio riguardo ad una presunta "assenza di risultato
della consultazione a seguito del mancato raggiungimento del quorum".
Anche l'art. 38, infatti, parla soltanto di "risultato contrario
all'abrogazione", senza con ciò operare delimitazioni o definizioni
riguardo al significato da dare al concetto di "risultato contrario
all'abrogazione".
L. 25 maggio 1970 n°352, art 38. Nel caso che il risultato del referendum sia contrario all'abrogazione di una legge, o di un atto avente forza di legge, o di singole disposizioni di essi, ne è data notizia e non può proporsi richiesta di referendum per l'abrogazione della medesima legge, o atto avente forza di legge, o delle disposizioni suddette, fermo il disposto dell'articolo 31, prima che siano trascorsi cinque anni. |
Legittimità costituzionale della legge elettorale maggioritaria
È sorprendente come non sia stato possibile, sinora, mettere
in discussione la legittimità costituzionale della legge di risulta
prodotta dal referendum elettorale del '93 per il Senato e della legge
poi varata per la Camera.
Come si ricorderà, dopo le elezioni del '94 il vocabolario della
politica italiana si è arricchito di nuovi termini e, come per incanto,
la Costituzione si è dimostrata inadeguata a reggere le "innovazioni"
introdotte dalla nuova legge elettorale di tipo maggioritario.
Motivi, questi, per riflettere sulla legittimità del nuovo meccanismo
elettorale?
Niente affatto, il volere di circa 29 milioni di italiani non poteva
essere messo in discussione; piuttosto, da tutte le parti è arrivato
l'invito ad adeguare la Costituzione al nuovo regime introdotto dal maggioritario.
Adeguamento che ad un certo punto sembrava cosa fatta con l'istituzione
della Commissione Bicamerale.
Oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo tentativo di peggiorare ulteriormente
la legge elettorale, e questo ai fini di eliminare tutte le minoranze politiche
che non s'identificano con la semplificazione bipolare.
Ma non solo: se dovesse passare il referendum in questione, la prossima
maggioranza parlamentare avrà potere di vita e di morte, non potendo
più trovare concreta applicazione le garanzie costituzionali poste
a tutela di tutte le minoranze concepite per un regime elettorale di tipo
proporzionale.
Basti pensare all'elezione del Presidente della Repubblica che, a Costituzione
vigente, grazie al maggioritario potrebbe facilmente essere eletto da coalizioni
di governo ben più omogenee che nel passato; e per di più
non rappresentative dell'effettiva maggioranza degli elettori. Non più
un Presidente espressione di un ampio arco di forze politiche e di un variegato
insieme di interessi, quindi, ma la diretta espressione del programma di
governo uscito premiato dal meccanismo elettorale. A ciò dobbiamo
poi aggiungere che questo "Presidente di parte" a sua volta nomina
un terzo dei giudici della Corte Costituzionale e presiede il Consiglio
superiore della magistratura.
Come anche non è da trascurare, indipendentemente dalla maggioranza
che potrebbe essere richiesta, il potere di nomina parlamentare relativamente
a questi due organi: un terzo dei giudici della Corte Costituzionale e
del C.S.M.
Per non dire, poi, dell'inutilità delle Commissioni parlamentari
in genere, private del tutto della somma delle minoranze escluse dalla
rappresentanza dal meccanismo elettorale. Un punto critico dei sistemi
bipolari, infatti, è l'azzeramento politico che avviene soprattutto
tra le forze di opposizione, permettendo, di norma, soltanto ad una di
queste di essere adeguatamente rappresentata.
In altre parole, con il passaggio dal proporzionale al maggioritario
e divenuta concreta la possibilità, per il Governo, di poter definire
in via pressoché esclusiva la composizione degli organi preposti
al controllo della legalità costituzionale: il controllato che di
fatto nomina i suoi controllori!
Ma oltre ad aver sconvolto l'assetto degli equilibri istituzionali posti
a tutela delle minoranze, l'attuale sistema elettorale ha anche il "pregio"
di essere riuscito a svuotare di significato l'espressione della sovranità
popolare che si manifesta, principalmente, attraverso il voto.
In barba a quanto affermato nell'art. 49 Cost., dove si afferma che
“Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti
per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”,
l'importante e fondamentale principio "concorrere a determinare"
è stato trasformato in una mera adesione, da parte degli elettori,
a questo o quel programma di Governo senza che gli sia data la possibilità
di una qualche forma d'intervento propositivo attraverso l'espressione
di voto (rafforzando, ad esempio, questa o quella formazione all'interno
della coalizione di Governo perché portatrice di un qualcosa di
diverso).
Un'arbitraria semplificazione dell'espressione di voto che, proprio
perché sottrare al corpo elettorale qualsiasi capacità d'intervento
correttivo, non può essere considerata in grado di realizzare il
principio della corrispondenza effettiva tra l'azione di governo ed i programmi
passati al vaglio degli elettori.
È un'illusione credere che gli elettori possano punire una data
coalizione di Governo, che non fosse riuscita a risolvere i problemi per
la risoluzione dei quali era stata eletta, secondo un principio bipolare
che non tiene conto che determinate scelte politiche, determinati contrasti
sociali, non possono esprimersi attraverso la logica dell'alternanza.
Con quale criterio, infatti, si può pensare che l'elettore eventualmente
deluso del Governo D'Alema, a causa dei continui attacchi portati al sistema
pensionistico, possa poi votare l'altra parte, il Polo, perché “che
bello, c'è l'alternanza!”, è un mistero ancora tutto
da scoprire.
Piuttosto, proprio per cercare di determinare quanto più possibile
la corrispondenza tra i programmi di governo ed i programmi passati al
vaglio degli elettori, bisognerebbe creare le condizioni che permettano,
attraverso l'espressione del voto, di punire quei dirigenti politici che
non si fossero mostrati in grado di praticare le soluzioni indicate – o
meglio, subite ed accettate – dai propri elettori, senza però dover
per questo danneggiare la coalizione di provenienza. In mancanza di ciò,
infatti, non si realizza nessun principio, né quello della responsabilità
e né quello dell'alternanza, in quanto, in una logica bipolare,
è più facile accettare di turarsi il naso, piuttosto che
veder prevalere lo schieramento opposto.
La soppressione della residua quota proporzionale, quindi, non potrebbe
che peggiorare il rapporto di sudditanza degli elettori nei confronti della
classe politica.
L'unica possibilità oggi data agli elettori di poter "comunicare"
le proprie preferenze in ordine alle priorità del programma di Governo,
è quella di poter votare una singola formazione all'interno dello
schieramento, che più si avvicina alle proprie idee, attraverso
la quota proporzionale. È soltanto attraverso questa espressione
di voto che l'elettore può oggi in qualche modo intervenire sugli
equilibri decisi a tavolino secondo un metro di misura che premia oltremodo
le formazioni che possono passare da uno schieramento all'altro.
Non tutte le forze politiche, infatti, hanno le stesse possibilità
d'influenza all'interno delle rispettive coalizioni; anzi, alcune di esse,
pur se più significative in termini di consenso elettorale, non
ne hanno proprio.
È triste dover constatare che quanto più una forza politica
è dotata di qualità trasformistiche, potendosi indistintamente
schierare da una parte come dall'altra, tanto più conta nei confronti
di chi, con onestà, persegue coerentemente le proprie idee.
Una coalizione al 45%, infatti, che sa di scontrarsi con un'altra coalizione
al 40%, potrebbe benissimo permettersi il lusso di perdere una forza politica
che rappresenti il 4% dell'elettorato e vincere lo stesso le elezioni,
a patto che... a patto che quel 4% non passi dall'altra parte.
Ed è per questa logica che un partito intorno al 7%, come Rifondazione,
laddove fosse abolita del tutto la quota proporzionale, potrebbe rischiare
di sparire dal panorama politico parlamentare. Al contrario, partiti come
la Lega, i tanti Patti Segni o cespuglietti vari del centro (che il più
delle volte si moltiplicano proprio in prossimità delle elezioni),
avendo la possibilità di tenere inchiodati i partiti maggiori a
degli accordi elettorali dell'ultima ora, possono facilmente imporre l'elezione
di numerosi candidati ed ambire a dei posti di Governo.
Paradossalmente, con il maggioritario si è data più forza
proprio a quei partiti che prima, con il proporzionale, potevano sì
imporre delle condizioni a chi cercava di formare dei Governi di coalizione,
ma soltanto dopo aver conseguito un risultato elettorale minimo e comunque
soltanto nel caso si fossero rivelati dei “numeri necessari”.
Oggi s'impongono già da prima, nella fase della scelta dei candidati
da far eleggere: oggi bisogna addirittura garantirgli l'elezione!
E il messaggio che arriva agli elettori è sin troppo chiaro:
o vi prendete questa minestra, o vi buttate dalla finestra!
Alla faccia del principio costituzionale sancito nell'art. 49 che afferma
esattamente il contrario: concorrere a determinare.
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