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Per conoscenza:
Al Presidente della Repubblica
Al Presidente del Consiglio
Ai gruppi parlamentari della Camera
Roma 30 giugno 2001
Oggetto: Violazione della legge elettorale sull’uso dei contrassegni
da parte dei candidati uninominali collegati ad una sola lista tra quelle
presenti nella quota proporzionale (si veda relazione allegata).
Con la presente per segnalare che, in occasione delle
elezioni politiche del 13 maggio 2001, alcuni elettori, tra cui anche il
sottoscritto, sono stati costretti al rifiuto della scheda per l’elezione
della “Camera dei Deputati - quota maggioritaria” in quanto non conforme
alle norme a tutela del corretto esercizio del diritto di voto da parte
degli elettori.
Le contestazioni, regolarmente verbalizzate dai segretari degli uffici
di sezione elettorale, non hanno ancora prodotto i dovuti risultati (sospensione
e annullamento dei risultati della consultazione elettorale maggioritaria)
e non sembrano essere state prese in minima considerazione dagli organi
competenti: né dagli Uffici centrali circoscrizionali e né,
vista l’assenza della questione dai primi atti parlamentari, dalla Camera
e dalla Giunta delle elezioni della Camera.
Sia allora qui permesso ricordare che, pur fatta salva
l’insindacabilità delle decisioni della Camera dei Deputati in ordine
all’ammissibilità dei propri componenti (art. 66 Cost.), a norma
dell’art. 87, comma 1, Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo
1957, n. 361 e successive modifiche, “Alla Camera dei deputati è
riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia
giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su
tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali
o all'Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.”
E’ pertanto escluso che la Camera dei Deputati possa far finta di nulla
di fronte alle contestazioni in oggetto, evitando di pronunciarsi e di
decidere sulle stesse, e né che sia necessario, al fine di attivare
l’esame delle stesse, ulteriore ricorso, da parte degli elettori, presso
la Segreteria della Camera dei Deputati.
Altresì, pur nella consapevolezza dell’insindacabilità
delle decisioni che la Camera riterrà opportuno adottare, l’eventuale
rigetto delle ragioni alla base delle contestazioni sarà motivo
di ricorso alla magistratura.
Di fronte alla truffa elettorale definitivamente consumata ai danni
degli elettori, l’insindacabilità delle decisioni della Camera non
potrebbe in alcun modo essere invocata per impedire l’individuazione delle
responsabilità degli Organi e degli Uffici istituzionali competenti
per tutto quanto non è stato fatto, prima e dopo la consultazione
elettorale, per impedire la violazione delle norme a tutela del corretto
esercizio del diritto di voto da parte degli elettori.
L’obiettivo di tale iniziativa è chiaramente rivolto ad impedire
il ripetersi dei fatti denunziati e per evidenziare le eventuali responsabilità
politiche di chi, arbitro di sé stesso, potrebbe decidere non per
il rispetto della legge ma per il proprio specifico tornaconto.
Certo dell’attenzione che i Vostri Uffici presteranno
alle questioni sollevate, rimango in attesa di Vostro riscontro.
Distinti saluti
Franco Ragusa
Relazione allegata: Violazione della legge elettorale
sull’uso dei contrassegni da parte dei candidati uninominali collegati
ad una sola lista tra quelle presenti nella quota proporzionale.
Alla fini dell'individuazione della violazione di legge in oggetto,
è bene premettere che il complesso delle norme che regola lo svolgimento
delle operazioni elettorali (Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R.
30 marzo 1957, n 361 e successive modifiche) presenta alcuni punti
di “presunta” contraddittorietà.
Punti di contraddittorietà, però, facilmente risolvibili,
tanto più tenendo conto del complesso delle norme e dei diritti
costituzionali prevalenti (la sovranità appartiene al popolo – art.
1 Cost) che sono alla base della corretta espressione di sovranità.
In tal senso, è sin troppo ovvio che, prima di ogni cosa, si
dovrà intervenire per tutelare, vista la titolarità della
sovranità in capo al popolo (art. 1 Cost.), il corretto esercizio
del diritto di voto da parte degli elettori, come regolato dall'art. 4
del Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 e successive
modifiche.
Art. 4
1. Il voto è un diritto
di tutti i cittadini, il cui libero esercizio deve essere garantito e promosso
dalla Repubblica.
2. Ogni elettore dispone
di:
a) un voto
per l'elezione del candidato nel collegio uninominale, da esprimere su
apposita scheda recante il cognome e il nome di ciascun candidato, accompagnati
da uno o più contrassegni ai sensi dell'articolo 18, comma 1.
I contrassegni che contraddistinguono il candidato non possono essere superiori
a cinque.
b) un voto
per la scelta della lista ai fini dell'attribuzione dei seggi in ragione
proporzionale, da esprimere su una diversa scheda recante il contrassegno
e l'elenco dei candidati di ciascuna lista. Il numero dei candidati di
ciascuna lista non può essere superiore ad un terzo dei seggi attribuiti
in ragione proporzionale alla circoscrizione con arrotondamento alla unità
superiore. Le liste recanti più di un nome sono formate da candidati
e candidate, in ordine alternato.
Per l'individuazione dei contrassegni che l'elettore troverà
sulla scheda, quindi, l'articolo fa esplicito e specifico rinvio al comma
1 art. 18.
Art. 18
1. La presentazione delle
candidature nei collegi uninominali è fatta per singoli candidati
i quali si collegano a liste di cui all'articolo 1, comma 4, cui gli
stessi aderiscono con l'accettazione della candidatura. La dichiarazione
di collegamento deve essere accompagnata dalla accettazione scritta del
rappresentante, di cui all'articolo 17, incaricato di effettuare il deposito
della lista a cui il candidato nel collegio uninominale si collega, attestante
la conoscenza degli eventuali collegamenti con altre liste. Nel caso di
collegamenti con più liste, questi devono essere i medesimi in tutti
i collegi uninominali in cui è suddivisa la circoscrizione. Nell'ipotesi
di collegamento con più liste, il candidato, nella stessa dichiarazione
di collegamento, indica il contrassegno o i contrassegni che accompagnano
il suo nome e il suo cognome sulla scheda elettorale. Nessun candidato
può accettare la candidatura in più di un collegio, anche
se di circoscrizioni diverse. La candidatura della stessa persona in più
di un collegio è nulla.
Il comma, tranne un unico rinvio all'art. 1 che verrà approfondito
più avanti, è sufficientemente chiaro. Ma vale qui la pena
approfondirlo proprio perché è soltanto da questo comma che
debbono giungere le indicazioni utili ai fini dell'individuazione dei contrassegni
che affiancheranno il nome del candidato sulla scheda, visto il richiamo
imperativo dell'art. 4 allo stesso.
In primo luogo è bene notare che soltanto in un caso si parla
di contrassegni: Nell'ipotesi di collegamento con più liste,
il candidato, nella stessa dichiarazione di collegamento, indica il contrassegno
o i contrassegni che accompagnano il suo nome e il suo cognome sulla scheda
elettorale.
Tutto ciò potrebbe sembrare, a prima vista, quanto mai curioso,
visto che è proprio dalla lettura di questo comma che si dovrebbe
rispondere alla questione "di quali contrassegni?" posta all'art. 4.
Ma non ci troviamo affatto di fronte ad una formulazione strana.
Il comma, molto semplicemente, non si pone particolari problemi da
risolvere perché, secondo quella che è la logica che sottende
ogni competizione elettorale, tanto più se di tipo maggioritario,
e la ratio che sottende una legge impostata sullo scorporo, non c'è
nessun problema da risolvere, in quanto è la natura stessa del collegamento
tra i candidati e le liste ciò che è necessario rappresentare
sulla scheda al fine di permettere agli elettori l'esercizio consapevole
del diritto di voto.
Per cui, soltanto nel caso di più collegamenti, visto che sulla
scheda non possono comparire più di cinque contrassegni, si pone
l'esigenza di prevedere e risolvere i problemi dei candidati facenti riferimento
ad una coalizione. Ma al di là di questa specifica ipotesi, nulla
si aggiunge perché non c'è nulla da dover prevedere per i
candidati collegati ad una sola lista che, per il principio della responsabilità
politica di fronte degli elettori, non dovrebbero avere alcun motivo di
nascondere, sulla scheda elettorale, elementi in grado di costituire motivo
di giudizio da parte degli elettori.
E per l'appunto, il comma non permette altro oltre il caso specifico
che si premura di circoscrivere e regolare, e questo non tanto per rendere
la vita difficile alle forze politiche intenzionate ad aggirare i meccanismi
dello scorporo, quando per impedire ai candidati di nascondere agli elettori
importanti elementi di giudizio. Si pensi soltanto alla scarsa conoscenza
del fenomeno “liste civetta” da parte degli elettori, sino alla fine tenuto
sotto silenzio e non reso visibile come avrebbe dovuto proprio per la mancata
presenza, a fianco del nome dei candidati, del simbolo dell’unica lista
collegata.
A quale contrassegno debbono quindi far riferimento i candidati ad una
sola lista?
Quali i criteri sostanziali d’individuazione dei contrassegni da affiancare
ai candidati a cui fa riferimento l'art. 4, se non il previsto collegamento
dei candidati a liste di cui all'art. 1 comma 4?
Art. 1
4. In ogni circoscrizione,
il venticinque per cento del totale dei seggi è attribuito in ragione
proporzionale mediante riparto tra liste concorrenti a norma degli articoli
77, 83 e 84.
In altre parole, il collegamento si realizza con liste presenti nella
competizione proporzionale, accettandone la candidatura (art. 18 comma
1); da qui, quindi, i criteri sostanziali d’individuazione dei contrassegni
da affiancare ai candidati a cui fa riferimento l'art. 4.
Ma a voler essere ancora più pignoli: quali contrassegni hanno
a disposizione le liste per il proporzionale che, al tempo stesso, propongono
candidature a norma del comma 1 art. 18 (i candidati, infatti, accettano)?
Art 14
1. I partiti o i gruppi
politici organizzati, che intendono presentare candidature nei collegi
uninominali o liste di candidati, debbono depositare presso il Ministero
dell'interno il contrassegno col quale dichiarano di voler distinguere
le candidature nei collegi uninominali o le liste medesime nelle singole
circoscrizioni. All'atto del deposito del contrassegno deve essere indicata
la denominazione del partito o del gruppo politico organizzato.
E' bene notare che nell’articolo si fa chiaro riferimento alla presentazione
di un solo contrassegno.
Le liste per il proporzionale, quindi, che di fatto propongono candidati
uninominali attraverso il collegamento, ai sensi del comma 1 art. 18, nell'impossibilità
di poter disporre di altri simboli, non possono far altro che presentare
candidature uninominali con l'unico contrassegno di cui possono disporre,
evidentemente uguale per entrambi i tipi di competizione elettorale.
Ciò che l’art. 14 invece consente, è la presentazione
di un contrassegno per la sola consultazione maggioritaria nonostante l’obbligo,
per i candidati uninominali, di collegarsi alle liste presenti nel proporzionale.
La ratio dell’articolo è chiaramente quella di permettere le
aggregazioni tra diverse forze politiche con la presentazione di un simbolo
comune per le candidature uninominali, senza con questo obbligarle a presentare
il medesimo simbolo nella quota proporzionale, dandogli così la
possibilità di presentarsi separatamente nel proporzionale con proprie
specifiche liste e contrassegni.
Ma la facoltà di presentare un contrassegno di coalizione per
il maggioritario, diverso dai simboli presenti nel proporzionale, che possa
essere indicato dai candidati uninominali, deve, per l’appunto, trovare
fondamento nel collegamento a più liste da parte dei candidati.
Il principio è così evidente che a nulla dovrebbero valere
le obiezioni di chi ritiene che per l’individuazione dei contrassegni si
debba far riferimento ad altri articoli.
Perché mai, infatti, far riferimento ad articoli che risolvono
diversamente la questione, quando l'art. 4 fa espresso richiamo al comma
1 art. 18?
L'eventuale contraddittorietà, non dovrebbe risolversi nel senso
di non attribuire validità, ai fini della posizione dell'elettore
garantita dall'art. 4, a tutto quanto, direttamente o indirettamente, con
questa posizione contrasti?
Ci si ponga, per un attimo, nei panni dell'elettore e non del candidato.
Questi sa di avere diritto ad una scheda compilata in un determinato
modo ai sensi del comma 1 art. 18; il comma 1 dell'art. 18 è in
grado di risolvere, senza ulteriori rinvii e dubbi, il problema del come
individuare i contrassegni attraverso l'esatta rappresentazione del collegamento
candidati - liste per il proporzionale: e perché mai l'elettore
dovrebbe accettare una scheda in difformità a quanto previsto dal
comma 1 art. 18?
Per essere imbrogliato dai candidati che intendono aggirare la legge?
In ogni caso, i contrasti d'interpretazione sembrano avere più
attinenza a questioni meramente formali che sostanziali. Si veda, ad esempio,
sempre l’art. 18.
Art. 18
1. .….
2. Per ogni candidato nei collegi uninominali deve essere indicato il cognome,
il nome, il luogo e la data di nascita, il collegio uninominale per il
quale viene presentato e il contrassegno o i contrassegni tra quelli depositati
presso il Ministero dell'interno con cui si intende contraddistinguerlo,
nonché la lista o le liste alle quali il candidato si collega ai
fini di cui all'articolo 77, comma 1, numero 2). Qualora il contrassegno
o i contrassegni del candidato nel collegio uninominale siano gli stessi
di una lista o più liste presentate per l'attribuzione dei seggi
in ragione proporzionale, il collegamento di cui al presente articolo è
effettuato, in ogni caso, d'ufficio dall'Ufficio centrale circoscrizionale,
senza che si tenga conto di dichiarazioni ed accettazioni difformi. Le
istanze di depositanti altra lista avverso il mancato collegamento d'ufficio
sono presentate, entro le ventiquattro ore successive alla scadenza dei
termini per la presentazione delle liste, all'Ufficio centrale nazionale
che decide entro le successive ventiquattro ore. Per le candidate donne
può essere indicato il solo cognome o può essere aggiunto
il cognome del marito.
Il comma 2 art. 18, nel regolare i requisiti formali richiesti per la
presentazione delle candidature, né più e né meno
di come si farebbe per indicare un modello da compilare per la partecipazione
ad un concorso, finisce con il dire, apparentemente, più di quanto
dovrebbe.
L'elenco dei requisiti indispensabili per presentare le candidature
e per impedire violazioni in materia di applicazione dello scorporo, infatti,
ad una prima lettura finisce per divenire qualcosa di diverso.
Per presentare la candidatura, ovviamente, oltre al nome ed al cognome
e quant'altro, c'è l'oggettiva necessità di conoscere il
contrassegno che contraddistinguerà il candidato. Ma per la determinazione
del contrassegno si deve far riferimento al comma 1 art. 18. Il fatto che
si dica, nel comma 2, del contrassegno o dei contrassegni che contraddistingueranno
il candidato, indicato tra tutti quelli depositati presso il Ministero
dell'Interno, altro non significa che dire che si deve compilare per intero
la domanda.
Certo, c'è un s'intende "di troppo".
Ma è anche vero che all'art. 4 c'è un comma 2 in "di
meno", e qualcosa vorrà pur dire nel senso di non poter attribuire
anche a questo comma criteri sostanziali di determinazione validi ai fini
richiesti dall'art. 4.
Vedere, quindi, un di più in questo comma, significa soltanto
mettere in dubbio che sia il comma 1 art. 18 a regolare, secondo quanto
imperativamente previsto dall'art. 4, i criteri di determinazione dei contrassegni
che possono comparire sulla scheda. E questo, decisamente, non può
essere concesso.
Altresì, continuando nella lettura del comma 2 art. 18, ha addirittura
del paradossale che, interpretando in un certo modo la norma, si agevoli,
di fatto, proprio quello che la norma fa di tutto per impedire: individuare
i mancati collegamenti al fine di applicare correttamente il meccanismo
dello scorporo.
Nell'affermare, infatti, che in presenza di contrassegni per il maggioritario
uguali a quelli presenti nel proporzionale il collegamento si applica d'ufficio,
indirettamente si avrebbe la conferma della possibilità, per i candidati
collegati ad una sola lista, di potersi presentare con un diverso contrassegno.
Come dire, dopo il danno la beffa, perché è proprio attraverso
questa interpretazione che è stato aggirato il meccanismo dello
scorporo senza la necessità, per le forze politiche e i candidati
che si sono resi protagonisti di questo mal costume politico, di doversi
assumere la responsabilità della scelta.
Molto più conformemente alla ratio della legge, l'interpretazione
della norma deve invece essere ricondotta agli obiettivi che con questa
s'intendono conseguire, senza con ciò trasformare una non felice
formulazione nel suo esatto contrario, tanto più visto quanto prescritto
dal più volte richiamato art. 4 e ricordando, molto banalmente,
che prima dei diritti dei candidati ci sono quelli del popolo sovrano.
Per gli stessi motivi, perdono di significato altri eventuali riferimenti
impropri di altri articoli ai fini della determinazione dei contrassegni
che gli elettori hanno il diritto di trovare stampati sulle schede elettorali.
Per concludere, la legge è sin troppo chiara per essere male
interpretata e male applicata: se da un lato, infatti, nulla può
per impedire ai candidati di collegarsi alle cosiddette liste civetta;
dall’altro lato è sin troppo chiara nell’imporre l’assunzione della
piena responsabilità di tale scelta di fronte agli elettori, con
l’obbligo dell’uso del contrassegno dell'unica lista collegata.
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