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Riforme.net  - 1 marzo 2025
 
Più Trump o più Europa?

 Franco Ragusa

Meglio di cento dibattiti o opinioni a confronto, quanto visto in mondo visione tra il duo Trump-Vance e Zelensky non può in alcun modo prestarsi a dubbie interpretazioni.
Il primo dato che emerge è che non si è parlato di "ragioni" e o di "pace giusta". Chi l'aggredito? Chi l'aggressore? Chi nel giusto o chi dalla parte meno giusta? Quali garanzie per il futuro?
Nulla di tutto ciò. Questioni ininfluenti o superate riguardo al corso che Trump vuole imporre agli ucraini per giungere al cessate il fuoco.
Il tutto si è risolto nello sbattere in faccia a Zelensky una cruda verità: se gli Usa non avessero sostenuto l'Ucraina, la guerra sarebbe durata 15 giorni; ma, soprattutto, senza più gli aiuti americani, l'Ucraina sarebbe spacciata, per cui Zelensky non ha carte proprie per giocare la partita.
Ammesso e non concesso che Trump abbia ragione, l'assunto che ne deriva è uno e uno soltanto: chi ha più armi vince! Sottotitolo: chi non è in grado di difendersi se ne faccia una ragione.
Più o meno la stessa tesi sostenuta dai frequentatori del "Bar Giallo-Verde" in Italia: dato che, come dicono da ben prima di Trump, è impensabile che l'Ucraina possa vincere la guerra contro l'aggressione della Russia, l'unica strada da percorrere era la via negoziale anzichè l'invio di armi. Il tutto guardandosi bene, però, dall'entrare nel merito circa il negoziato che sarebbe stato concretamente possibile realizzare. Lo stesso negoziato che Trump oggi vorrebbe imporre agli ucraini?
Una scelta, quest'ultima, in grado però di produrre una situazione paradossale: se da un lato, infatti, ci sono le prese d'atto che Trump ha ricordato a Zelensky; dall'altro lato c'è chi, con buoni motivi, teme che quanto si stia cercando di imporre ora all'Ucraina possa avvenire di nuovo.
Quali conseguenze, cioè, nel cercare di imporre la regola del "chi ha più armi vince!", se non quelle di alimentare l'ulteriore corsa all'auto sufficienza militare di tutti i soggetti?
Dovendoci per altro aggiungere i tentativi di Trump, sempre più palesi, nel cercare di dividere l'Europa per esercitare una nuova forma di egemonia sulla stessa.

Chiarito il passo indietro nella storia che si va prospettando, che fare?
Senza dubbio ripartire dall'articolo 11 della Costituzione: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; ..."
Principio che conferma quanto ci sia di sbagliato nella guerra mossa dalla Russia all'Ucraina.
Anche ammesse e non concesse le ragioni che "trumpisti" e alcuni pacifisti di casa nostra riconoscono al putinismo, aver riportato l'Europa ai tempi della seconda guerra mondiale va considerato un crimine senza se e senza ma.
L'articolo 11 sta appunto lì a metterci in guardia contro qualsivoglia ragione per una guerra di aggressione.
Ci ricorda che c'è sempre stato e sempre ci sarà un pretesto per rivendicare la conquista di confini maledetti, per cui esigenze politico-economiche del momento un domani potrebbero condurre a rivendicare l'Istria per l'Italia o il Sud Tirolo per gli austriaci. Così come, del resto, già ora Trump vorrebbe poter mettere le mani sulla Groenlandia e "convincere" i canadesi.
Tutto ciò va fermato prima che sia troppo tardi e il modo migliore per farlo è rendere i confini un qualcosa di superfluo.
Un'utopia?
Certamente, ma in buona parte questa utopia già esiste e si chiama Unione Europea.
C'è solo da scegliere, quindi.
Può valere la pena lavorare per avere altri 80 anni di pace, aumentando il desiderio di altri Stati di farvi ingresso e rendendo i confini all'interno dell'Unione ancor più superflui, oppure no, meglio seguire le idologie sovraniste fatte di piccole Patrie "Make Great Again" e sacri confini?
 

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IV edizione - aprile 2014
 
di Franco Ragusa
 
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