Armi
sceniche, ovvero la “Storia infinita”, si potrebbe parafrasare
adottando il titolo di un film fantastico. Siamo cioè di fronte
al
classico problema che riguarda il cittadino comune ma che, però,
non
sembra aver interessato abbastanza le Istituzioni, al punto di muoversi
celermente per risolverlo.
È di questi
giorni, peraltro, l’impossibilità, per l’industria audiovisiva
italiana, di poter realizzare prodotti che prevedano l’uso di armi
sceniche sparanti a salve. Tra questi, anche film e serie TV che
normalmente godono del patrocinio dei diversi Ministeri interessati:
Interno e Difesa.

Il problema
è sempre lo stesso ed è da decenni che si ripropone con
impressionante periodicità.
Era il
lontano 1995 quando, per un’inchiesta che sembrava aver scoperto il
più grande arsenale di armi a disposizione di criminalità
e
terrorismo, vennero arrestati, nell’ambito delle armi utilizzate
per le riprese cinematografiche, fornitori e semplici operatori del
settore.
Appena il
tempo di brindare alla brillante operazione compiuta e finito di
riempire le pagine dei giornali con titoli sensazionalistici, che si
capì
immediatamente che ben presto tutta la vicenda si sarebbe
ridimensionata.
Le armi
sequestrate avevano tanto di nome e cognome, in quanto regolarmente
registrate e custodite con particolare cura in locali regolarmente
denunziati. Certo, ciò non toglie che avrebbero potuto lo stesso
essere “affittate” alla mala, con l’avvertenza, ovviamente, di
non perderle o farsi arrestare con le stesse in pugno, pena la veloce
individuazione dell’arsenale di provenienza.
Tempo pochi
mesi e delle terribili accuse non rimase più traccia, rimanendo
in
piedi soltanto l’ipotesi del mero illecito per non aver
correttamente detenuto armi per uso scenico come da … come da
disposizioni di legge inesistenti e regolamenti ministeriali mai
emanati, si scoprirà più tardi.
A novembre
del 2010 si arriva, infatti, soltanto per l’ostinazione degli
imputati che hanno rifiutato la prescrizione nel frattempo intervenuta,
all’assoluzione piena e la restituzione delle armi sequestrate. E
sì, per compiere un reato c’è la necessità di
violare qualche
regola e, soprattutto, in maniera consapevole.
Ma finita
nel migliore dei modi la brutta vicenda iniziata nel 1995, ecco che se
ne apre
una nuova, con nuovi arresti e sequestri a metà febbraio di
quest’anno.
Motivo?
Le armi per
uso scenico, sequestrate nei magazzini blindati dove dovevano essere,
e poco importa se per alcune potevano esserci problemi di
manutenzione, sono state considerate facilmente riattivabili e,
quindi, da considerare armi sparanti a tutti gli effetti, comuni e da
guerra, illegalmente detenute.
Più
velocemente della volta scorsa, però, tutti gli arrestati
hanno
velocemente riconquistato la strada di casa, ben una decina di giorni
prima della conferenza stampa tenuta dalla Questura di Roma per
presentare ai media l’incredibile sequestro di armi compiuto.
Dovendoci quindi porre nuovamente il problema di comprendere se e quali
violazioni di legge o regolamentari queste persone potrebbero aver
compiuto, ma anche e soprattutto i motivi per i quali, da un
giorno all'altro, si può impedire ad un intero settore
industriale la realizzazione di un certo tipo di prodotti, non resta
che ripercorrere tutte le fasi della “storia infinita”, partendo da due
lontani pareri espressi dal Consiglio di Stato con le Adunanze 1 aprile
1977 e 2 febbraio 1978.
Nell’approfondire
la lettura dei due provvedimenti, il primo dato che salta agli occhi
è che si tratta di due pareri molto distanti fra loro, se non,
addirittura, uno contrario all’altro.
Mentre,
infatti, ad un primo esame il Consiglio di Stato, più avanti si
vedrà come, si espresse per una definizione delle armi per uso
scenico
“solo ove si tratti di
armi simulacri; e cioè di armi sottoposte a demilitarizzazione e
ad una vera e propria disattivazione totale, per cui hanno perduto la
loro funzione di armi conservando solo l’aspetto esteriore”
|
su
successiva richiesta del Ministero dell’Interno, il Consiglio di
Stato si espresse in maniera diversa, ritenendo che
“possa essere anche
condivisa l’interpretazione
|
- e
su
questo passaggio è d’obbligo una prima riflessione: il Consiglio
di Stato, indirettamente, ben si guarda dal definire infallibile
l’interpretazione di legge che sta per dare (possa essere anche
condivisa) -
“che le armi per uso scenico escluse dal divieto
dell’articolo 22 della legge 110 del 1975, comprendono tutte le armi
aventi apparenza scenica, ma private di efficacia offensiva e fra esse
anche quelle che rientrano nella comune accezione di armi a salve.
Naturalmente questa
conclusione richiede che siano adottate tutte le cautele necessarie a
impedire che le armi consentite per uso scenico possano venire
impiegate o convertite per un uso diverso; e siano pertanto richieste,
oltre le normali autorizzazioni per la detenzione delle armi, anche un
autorizzazione per l’uso, che implichi un obbligo di particolare
vigilanza per la custodia, come specificato nella relazione del
Ministero dell’Interno.”
|
Siamo
quindi
di
fronte
ad
un
Consiglio
di
Stato
che
cambia
opinione nel giro di un
anno, rafforzando l’impressione che si tratti, in ogni caso, di
pareri da prendere con le dovute cautele, tanto più che, come
sopra
evidenziato, il condizionale è d’obbligo proprio per il tipo di
formulazione adottata dal Consiglio di Stato stesso.
Non si vuole
con ciò sostenere l’inutilità di pronunciamenti
così espressi,
ma, ovviamente, visto il pericolo che nel frattempo qualche libero
cittadino potrebbe ritrovarsi accusato di un reato non commesso, non
si può fare a meno di chiedersi se potrebbero esservi altre
chiavi
interpretative “più chiare” e “compatibili” con il dettato
della legge.
I
dubbi sono
più che fondati, ed è il dato comune presente in entrambi
i pareri
a confermare, in linea di massima, l’esistenza di un approccio
sbagliato alla questione.
Ma prima è
opportuno ricordare quanto previsto dall’art. 22 comma 1 della
legge 110 del 1975.
Articolo 22 -
Locazione e comodato di armi.
Non è consentita la locazione o il comodato delle armi di cui
agli articoli 1 e 2, salvo che si tratti di armi per uso scenico,
ovvero di armi destinate ad uso sportivo o di caccia, ovvero che il
conduttore o accomodatario sia munito di autorizzazione per la
fabbricazione di armi o munizioni ed il contratto avvenga per esigenze
di studio, di esperimento, di collaudo.
|
Come
si
vede,
siamo
di
fronte
ad
un
articolo
che
vieta
la locazione e il
comodato delle di armi sparanti, di cui all’art. 1 (armi da
guerra) e art. 2 (armi comuni), salvo che si tratti di …
Cosa sta
quindi a significare questo “salvo che si tratti di”?
Armi
completamente o parzialmente disattivate?
Non è
detto, vista la specifica delle armi da caccia o per altri fini che
sono, a tutti gli effetti, armi da sparo.
Come e
perché, allora, si è arrivati alla prima definizione del
Consiglio
di Stato, fortemente restrittiva per le armi per uso scenico,
considerate meri simulacri in occasione del primo parere?
Con ogni
probabilità, tutto è dipeso dalla presunzione del
Ministero
dell’Interno di dover dimostrare la continuità della legge
110/1975 con l’esperienza precedente. Non vennero cioè presi in
considerazione i possibili aspetti innovativi della legge. Da qui la
questione posta, nei termini sbagliati, al Consiglio di Stato.
Ciò che
infatti il Ministero dell’Interno chiese di sapere, è se per
armi
sceniche si poteva intendere, come nel passato, anche le armi
disabilitate solo in parte e in grado, diversamente dalle “armi
simulacro”, di sparare soltanto a salve, senza possibilità di
utilizzazione di munizionamento di tipo offensivo.
Partendo
da
questo
presupposto,
dimostrare
l’eventuale
continuità
con
il
passato,
il
Consiglio
di Stato ritenne, sulla base della presunta
volontà espressa dal legislatore in fase di approvazione della
legge, di poter interpretare l’articolo 22 in senso fortemente
restrittivo.
Dalla
lettura dei lavori parlamentari emerse l’approvazione di un
emendamento sopprimente la dicitura, prevista dall’originario
progetto di legge governativo, in riferimento alle armi sceniche, “a
salve”.
Da questa
soppressione, il Consiglio di Stato ha quindi dedotto che il
legislatore volesse operare, evitando questo tipo di specificazione,
un intervento di tipo restrittivo.
Siamo di
fronte, certamente, ad un’interpretazione quanto mai originale,
visto che dalla mancata definizione dell’arma scenica è
abbastanza
curioso che possano automaticamente derivare dei divieti non scritti
o desumibili in nessuna parte del testo di legge.
Il Consiglio
di Stato avrebbe ben potuto ipotizzare, vista la mancata
specificazione, una volontà del legislatore tendente ad
identificare
l’arma scenica con le armi di cui agli articoli 1 e 2, purché
utilizzata per un determinato scopo: dal fucile antico da far sparare
a salve durante le rappresentazioni storiche (si veda a lato la
Polizia amministrativa del Comune di Alpignano), sino al
più
impegnativo pezzo di artiglieria contraerea che potrebbe, ad esempio,
essere messo a disposizione dalle forze armate per prodotti
audiovisivi considerati di rilievo nazionale, purché, appunto,
impiegati per fini scenici; allo stesso modo, peraltro, di quanto
già
succedeva in altri paesi.
E che non vi
fossero particolari intenti “punitivi” da parte del legislatore,
nel momento che ha deciso di sopprimere la precisazione “a
salve”, è confermato dalla ricostruzione storica fatta dal
Consiglio di Stato stesso in occasione del secondo pronunciamento. Agli
atti
parlamentari, infatti, non risultano motivazioni per la soppressione
della dicitura “a salve”.
Nel
ripartire da questa nuova consapevolezza, il Consiglio di Stato, come
si è già scritto all’inizio, rivede la sua posizione e
arriva ad
una nuova formulazione: le armi per uso scenico ... comprendono
tutte le armi aventi
apparenza scenica, ma private di efficacia offensiva e fra esse anche quelle
che
rientrano nella comune accezione di armi a salve”.
Da
questa
definizione e in assenza di successive e specifiche
circolari del Ministero dell'Interno , si arriva,
però, ad un sistema di regole "non scritte" poco o per nulla
fedele
allo
spirito della legge e che attribuisce un di più alla definizione
sopra data sulla base di un orientamento che tende a privilegiare
presunti problemi di ordine pubblico e che ha comportato e che
ancora comporta enormi difficoltà per gli operatori del settore.
Sulla base
di un non precisato e non indicato intervento di riduzione permanente
all’inoffensività delle armi per uso scenico, sia nella legge
che
nella definizione del Consiglio di Stato, il giorno prima l’arma
tal dei tali potrebbe essere considerata scenica se modificata sino
al punto X; il giorno dopo, però, in assenza di riferimenti
chiari
circa il cosa intendere per disattivazione parziale, ad X potrebbe
essere necessario aggiungere anche l’intervento Y. E chi più ne
ha
più ne metta.
Senza parlare, poi, delle possibili conseguenze legate al
deterioramento
conseguente all’uso.
Cinque
minuti prima si può detenere l’arma scenica senza problemi;
cinque
minuti dopo, però, se durante l’uso viene meno l’intervento X o
Y, per l’armiere che ha l’arma in custodia può immediatamente
scattare l’accusa di detenzione illegale di armi.
Vi
è quindi
un problema di applicazione della legge, ma anche della definizione
data dal Consiglio di Stato, che in nessun modo identifica
l’inefficacia all’offesa con delle specifiche operazioni da
compiere sull’arma.
Del resto,
il collezionista competente che carica la sua arma da fuoco antica a
salve, per poterla utilizzare durante una parata storica autorizzata,
sta utilizzando o no l’arma in condizioni tali da poterla ritenere,
in quel momento e per l’uso che ne viene fatto, inefficace
all’offesa?
E la persona
sprovveduta, che carica con munizionamento non a salve un’arma con
la canna parzialmente o del tutto occlusa, sta utilizzando o no
l’arma in condizioni di estrema pericolosità, per se stesso e
per
chi gli è vicino (rischio di esplosione dell'arma), nonostante
l’impossibilita, per il proiettile,
di fuoriuscire dalla canna?
È
sin
troppo
evidente,
quindi,
che
il
motivo
che
sottende
all’ostinata
ricerca
di divieti o obblighi non indicati dalla legge, potrebbe non
avere nulla a che vedere con i problemi di sicurezza da garantire
durante l’uso scenico, ma avere come unico scopo l’intento di
garantire, è bene ripetere, la risoluzione di presunti problemi
di
pubblica sicurezza. (come del resto implicitamente
confermato dal Dirigente Edoardo Calabria
nell'intervista rilasciata in occasione degli ultimi sequestri di
febbraio 2011).
Problemi che
il parere del Consiglio di Stato sembrerebbe accogliere laddove da
indicazione di adottare le opportune cautele affinché le armi
per
uso scenico non possano venire impiegate o convertite per un uso
diverso.
Ma anche in questo caso, le Autorità di Pubblica
sicurezza
potrebbero aver aggiunto interpretazioni non propriamente richieste o
comunque in grado di privare le procedure della dovuta
flessibilità in
presenza di casi controversi, quali ad esempio l’improvvisa detenzione
illecita di un arma considerata, soltanto un attimo prima, scenica.
Riguardo al non impiego
per usi diversi e la non convertibilità,
il Consiglio di Stato ha
infatti dato
delle indicazioni precise: oltre
le
normali
autorizzazioni per la
detenzione delle armi, anche un’autorizzazione per l’uso,
che implichi un obbligo di particolare vigilanza per la
custodia.
Sul
punto, quindi, si potrebbe
far riferimento alle
specifiche autorizzazioni per l’uso e
agli obblighi di vigilanza, piuttosto che
ad altro, al fine di impedire
che le armi sceniche vengano impiegate o convertite per un uso
diverso: se
si
hanno
i
titoli
per
detenere
armi
per
uso
scenico, e peraltro si
fa riferimento alle normali autorizzazioni di detenzione delle armi, queste non potranno in ogni caso essere utilizzate
in altro modo, quali
che siano le caratteristiche possedute, stante
l’impossibilità di ottenere le
autorizzazioni
necessarie per un uso
diverso da quello scenico. Le
stesse, inoltre, debbono essere utilizzate in condizioni di massima
vigilanza.
Naturalmente questa
conclusione richiede che siano adottate tutte le cautele necessarie a
impedire che le armi consentite per uso scenico possano venire
impiegate o convertite per un uso diverso; e siano pertanto
richieste, oltre le normali autorizzazioni per la detenzione
delle armi, anche un autorizzazione per l’uso, che implichi un obbligo
di particolare vigilanza per la custodia, come specificato nella
relazione del Ministero dell’Interno.”
|
C’è
da rilevare, infine, che con
la legge 36/1999 il legislatore ha
avuto nuovamente l’occasione per
intervenire
sulla legge 110/1975.
Paradossalmente, però,
sulla
base di un’interpretazione superficiale delle
modifiche introdotte, il
principio che il legislatore
ha inteso riconfermare, come
fattispecie specifica di
armi, le
armi sceniche, diversa
da quella che individua le
armi giocattolo, viene
sistematicamente trasformato
nel suo esatto opposto.
Dalla
previsione delle circostanze aggravanti, per i possessori di porto
d’armi, per i reati compiuti anche con le armi sceniche, si è infatti soliti
far derivare l’immediata assimilazione delle stesse alle armi
giocattolo non occluse ai sensi del quarto comma del medesimo
articolo.
Legge 18 aprile 1975, n.
110
|
Articolo 5 - Limiti alle registrazioni. - Divieto di
giocattoli trasformabili in armi.
Le disposizioni di cui al primo comma dell'articolo 55 del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773 e
successive modificazioni, non si applicano alla vendita al minuto delle
cartucce da caccia a pallini, dei relativi bossoli o inneschi
nonché alla vendita dei pallini per le armi ad aria compressa e
dei giocattoli pirici.
L'articolo 4-bis del decreto-legge 22 novembre 1956, n. 1274,
convertito nella legge 2 dicembre 1956, n. 1452, è abrogato.
Le disposizioni del citato testo unico, del R.D. 6 maggio
1940, n. 635, e quelle della presente legge non si applicano ai
giocattoli.
I giocattoli riproducenti armi non possono essere
fabbricati con l'impiego di tecniche e di materiali che ne consentano
la trasformazione in armi da guerra o comuni da sparo o che consentano
l'utilizzo del relativo munizionamento o il lancio di oggetti idonei
all'offesa della persona. Devono inoltre avere l'estremità della
canna parzialmente o totalmente occlusa da un visibile tappo rosso
incorporato.
Nessuna limitazione è posta all'aspetto dei giocattoli
riproducenti armi destinati all'esportazione.
Chiunque produce o pone in commercio giocattoli riproducenti
armi senza l'osservanza delle disposizioni del quarto comma è
punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da lire un
milione a lire cinque milioni.
Quando l'uso o il
porto d'armi è previsto quale elemento costitutivo o circostanza
aggravante del reato, il reato stesso sussiste o è aggravato
anche qualora si tratti di arma per uso scenico o di giocattoli
riproducenti armi la cui canna non sia occlusa a norma del quarto comma
(gli ultimi due commi così sostituiscono l'originario ultimo
comma per effetto dell'art. 2, L. 21/02/1990, n. 36).
|
Come
è
però
facile
verificare,
il
quarto
comma
nulla
dice
delle
armi
sceniche, in quanto fa riferimento alle sole armi giocattolo al fine
di stabilire quali caratteristiche queste debbano possedere.
Ma
anche l’ultimo comma fa riferimento alle sole armi giocattolo,
laddove le individua con il richiamo al quarto comma.
Il
reato sussiste anche qualora si tratti di arma per uso scenico o
di giocattoli riproducenti... ripetiamo: armi sceniche,
cioè una data cosa a cui far riferimento, o di giocattoli
riproducenti... cioè un’altra cosa.
Per
l’operato del legislatore, nel 1999 non è quindi arrivato nulla
di
nuovo che permetta di ritenere possibile ricavare improprie
limitazioni di legge che non sono presenti in alcuna parte del testo.
Il
quadro
delle incertezze può quindi essere concluso con l’esame della
circolare del 20 settembre 2002 del Ministero dell’Interno
N557/B.50106.D.2002 che, in materia di “demilitarizzazione e
disattivazione delle armi da sparo”, riprende, nei principi
generali, le circolari del 1994 e 1995.
Anche in
questa circolare, le armi per uso scenico non vengono citate una sola
volta; non prevedendo, peraltro, neanche una soluzione intermedia tra
la demilitarizzazione e la disattivazione totale, un intervento,
cioè, in grado di consentire di ottenere armi sparanti a salve
senza
possibilità di utilizzazione di munizionamento di tipo
offensivo,
così come definite nella richiesta ministeriale al Consiglio di
Stato nel lontano 1977.
Circolare del 20
settembre 2002 N557/B.50106.D.2002
|
1. Demilitarizzazione
delle armi portatili.
Definizione e
generalità.
Per “demilitarizzazione” si intende la trasformazione di un’arma da
guerra o tipo guerra in un’arma comune da sparo.
…
2. Disattivazione.
Definizione e
generalità.
Per “disattivazione” si intende l’operazione tecnica mediante la quale
un’arma portatile da guerra o comune viene in modo permanente ed
irreversibile resa inerte e portata allo stato di mero simulacro anche
nelle sue parti essenziali.
|
E
con quest’ultimo atto, che per l’ennesima volta conferma che più
di quanto previsto dall’art. 22 della legge 110/1975, cioè
nulla,
non è possibile ricavare disposizioni tecniche alle quali far
riferimento, si arriva ai giorni nostri, con l’ennesima inchiesta
che, basandosi sul nulla, sta costringendo l’industria italiana
dell’audiovisivo a non poter realizzare tutti i prodotti che
prevedono l’uso delle armi sceniche.
Ma
una speranza sembra apparire all’orizzonte.
Il
primo luglio 2011 entrerà infatti in vigore il “Decreto
legislativo 26 ottobre 2010 N° 204 - Norma di attuazione della
direttiva 2008/51/CE”, che va ad integrare l’art. 22 della
110/1975, dando finalmente una definizione dell’arma per uso
scenico che non dovrebbe poter essere fraintesa.
“Decreto legislativo 26 ottobre 2010 N° 204 - Norma di
attuazione della direttiva 2008/51/CE”
|
Art. 22 - ... Per armi da
fuoco per uso scenico si intendono le armi alle quali, con semplici
accorgimenti tecnici, venga occlusa parzialmente la canna al solo scopo
di impedire che possa espellere un proiettile ed il cui impiego avvenga
costantemente sotto il controllo dell’armaiolo che le ha in carico.
|
Al
Ministero dell’Interno il compito di non complicare ulteriormente
le cose.