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- 10 marzo 2008 La legge elettorale può violare la Costituzione? L'incredibile caso del "Dottor Amato e Mister Hide" di Franco Ragusa Come più volte lamentato nei diversi approfondimenti presenti sul sito
Riforme Istituzionali, nel sistema delle garanzie costituzionali vi
sono pericolose zone d'ombra in grado di rendere vana l'enunciazione
dei diritti fondamentali per i quali potrebbero non esservi tutele
reali.
In sede di ammissibilità del referendum abrogativo, ad esempio, tranne casi particolari legati all'esigenza di garantire che "Un organo elettivo, previsto dalla Costituzione, non può essere neppure temporaneamente privato delle norme elettorali che ne rendono costantemente possibile l’operatività" (sentenza N° 29 1987) e, quindi, "I referendum abrogativi delle leggi elettorali degli organi costituzionali non devono paralizzare i meccanismi di rinnovazione, che sono strumento essenziale della loro necessaria e costante operatività" (sentenza N° 26 1997), la Corte Costituzionale ha via via confermato che in sede di ammissibilità del referendum abrogativo "non viene di per sé in rilievo l’eventuale effetto abrogativo del referendum". La prospettata illegittimità costituzionale di una sua possibile conseguenza "non può essere presa in considerazione e vagliata al fine di pervenire a una pronuncia di inammissibilità del quesito referendario", tanto più che la conseguente situazione normativa potrebbe dar luogo, se e quando si realizzi, ad un giudizio di legittimità costituzionale, nelle forme, alle condizioni e nei limiti previsti (sentenza N° 26 1987). In altre parole, per bocca della
stessa Consulta, anche se gli effetti di un referendum abrogativo
potrebbero produrre una legge anticostituzionale, per l'esame degli
effetti concreti si dovrà attendere la nuova legge al varco per poi,
soltanto in quel momento, poter mettere in moto i modi di accesso per
il giudizio di legittimità costituzionale.
Con la sentenza N. 15/2008, in sede appunto di ammissibilità del referendum elettorale, la Corte si è però spinta ben oltre. Non solo ha confermato la propria giurisprudenza circa i limiti d'intervento riguardo l'ammissibilità di quesiti anche in caso di sospetta incostituzionalità delle leggi di risulta; ma ha anche precisato altri e ben più sostanziosi limiti quando afferma che "L'impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi." Appurata quindi l'esistenza di questi
limiti che la Corte Costituzionale ha ritenuto "darsi" , quali gli
strumenti, i modi di accesso, per poter poi far arrivare alla Corte
Costituzionale quelle leggi per le quali lei stessa ha ritenuto
doveroso inviare un segnale d'allarme?
E qui entrano in ballo una serie di questioni problematiche ben conosciute dai manuali di Diritto Pubblico.
Vi sono infatti delle leggi per le quali i modi di accesso alla Consulta di fatto non esistono (o meglio: per le quali si fa fatica ad accettare ciò che sarebbe più logico e corretto al fine di garantire un sistema di tutele costituzionali più sostanziale che formale). Scoraggiante, in tal senso, un passo di Zagrebelsky su "La giustizia Costituzionale" (ed. 1988, pag. 226) che affronta proprio questo tipo di problemi. Trattando delle difficoltà di accesso alla Consulta per alcune leggi, si fa appunto un esempio con la legge elettorale: ... si pensi ad una legge elettorale che preveda la distribuzione dei seggi in violazione del principio di eguaglianza, la quale potrebbe forse giungere alla Corte in seguito ad una questione sollevata da una delle Giunte delle Camere, in sede di contestazione da parte dell'interessato della proclamazione dei risultati - anche se l'ipotesi è irrealistica, dipendendo da un atteggiamento suicida dei parlamentari eletti sulla base della legge elettorale che si vorrebbe contestare. Ciò che qui Zagrebelsky mette in
evidenza, non è tanto l'impossibilità teorica di far giungere la
questione alla Corte Costituzionale, quanto che nella realtà ciò non
potrà mai succedere, per il semplice motivo che l'unico Organo (ancora
oggi considerato) titolato a sollevare la questione, non avrà mai
l'interesse a farlo, in quanto esistente proprio grazie alla legge
elettorale che dovrebbe inviare all'esame della Consulta.
Sta tutta qui l'assurdità di un sistema di controllo di costituzionalità delle leggi che fa finta di non vedere e che sa solo rinviare ad "altro giudice". Così come successo anche con il ricorso contro la legge Calderoli presentato da tre elettori, per altro avvocati, ai quali si sono poi aggiunti altri elettori di provata esperienza nel campo del Diritto. Al di là del risultato ottenuto (ancora in bilico in attesa della pronunzia del Consiglio di Stato domani 11 marzo 2008), il pregio dell'iniziativa di questi elettori risiede proprio, per paradosso, vista l'impossibilità di riuscire ad ottenere che il giudice amministrativo si ritenga competente per sollevare, nulla di più, la questione di legittimità costituzionale, nell'aver messo in evidenza l'enorme cono d'ombra che con ogni probabilità ci porterà a votare con una legge elettorale non conforme all'impianto costituzionale. Ma non solo. Sono state svelate anche le ipocrisie di chi ha sempre fortemente criticato l'attuale legge elettorale. E' quanto mai curioso, infatti, che la Presidenza del Consiglio, nella Persona di Prodi, e il Ministro dell'Interno, nella persona del costituzionalista Giuliano Amato, abbiano sentito l'esigenza di difendere il tanto disprezzato Porcellum nei confronti del ricorso di questi elettori chiaramente finalizzato ad ottenere il riconoscimento di una banale tutela costituzionale: il pronunciamento della Consulta. Tanto più che sono di questi giorni le dichiarazioni del Ministro Amato che giudicano i criteri per l'assegnazione del premio di maggioranza peggiori di quelli contenuti nella legge Acerbo di fascista memoria. Non sarebbe stato più corretto non opporre alcuna difesa, rimettendosi per intero alle decisioni dei giudici (il Presidente del Consiglio D'Alema in occasione dei referendum radicali del 2000 decise di non opporre memorie difensive), evitando all'Avvocatura dello Stato di sprecare risorse per difendere il tanto da loro disprezzato Porcellum? Per altro, come da abitudine per ogni difesa puntare su tutte le carte, con ogni probabilità scopriremo pure che l'Avvocatura dello Stato, nell'opporre un'accanita difesa dell'attuale legge elettorale, non avrà tralasciato di entrare nel merito. Prima o poi ne verremo a conoscenza e potremmo appunto scoprire di avere avuto a che fare con un Ministro dell'Interno "Dott. Jekyll e Mister Hide", che mentre da un lato si prodiga per denunziare l'assurdità dei criteri di assegnazione del premio di maggioranza, dall'altro si fa promotore per difenderne la legittimità costituzionale in in sede di giustizia amministrativa contro le legittime aspirazioni degli elettori. Per commenti a questo editoriale: riforme.info |
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