Riforme Istituzionali
Rassegna stampa
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Corriere della sera  02-10-2004
 
Riforme, Berlusconi preme. Casini con Ciampi
 
Il presidente della Camera: non vanno fatte per tornaconto elettorale. Pera: evitare scelte frettolose
 
ROMA - Tutti, anche se con diversi accenti, lodano il pensiero di Carlo Azeglio Ciampi sulle riforme costituzionali, espresso nell’intervista al Corriere . Ma la traduzione del discorso è molto diversa a seconda dei punti di vista: per la Casa delle Libertà «è quello che già si sta facendo» ed «è colpa del centrosinistra» se non c’è dialogo mentre per l’opposizione la maggioranza «ha chiuso le porte ad ogni intesa» e «vuole solo distruggere la Costituzione».
 
«CHIUDERE PRESTO» - Silvio Berlusconi, nel centrodestra, è deciso che comunque «bisogna andare avanti» perché «sulle riforme l’importante è chiudere presto». Tanto che interviene anche sulle scelte parlamentari esprimendosi a favore delle sedute notturne. Ciò che conta, e che viene prima di tutto, è la tenuta della coalizione: «Dobbiamo restare uniti, la litigiosità non paga». Ed è ciò che pensa dopo avere incontrato il ministro per le Riforme, Roberto Calderoli. Dello stesso avviso appare il leghista Roberto Maroni: «Per il governo non è più il momento delle pause di riflessione. Del resto più le riforme sono incisive, minore è il grado di consenso che possono ottenere». E, come se non bastasse, il ministro del Welfare lancia anche una critica al veleno nei confronti del Quirinale: «Il presidente Ciampi non ebbe nulla da dire quando nel 2001 venne approvato il federalismo dal centrosinistra a colpi di maggioranza. Non capisco perché lo faccia adesso». Anche per il presidente del Senato Marcello Pera «il processo delle riforme è inarrestabile». Anche se «senza dialogo rischia di diventare solo un pretesto di scontro politico».
 
L’APPELLO DI CASINI - Nel centrodestra il più vicino ai toni e alle parole usate da Ciampi è ancora una volta Pier Ferdinando Casini. Il presidente della Camera spiega a più riprese che il Parlamento deve restare «un’istituzione fondamentale» del Paese, che «le riforme vanno fatte con consenso e trasparenza» e che «hanno sempre il fiato corto se si fanno sotto il tornaconto elettorale». Ma, soprattutto, «decidere a ogni costo non è la soluzione migliore» perché «la forza dei numeri non basta a dare riforme solide e durature». L’esempio? Il federalismo fatto dal solo centrosinistra nella scorsa legislatura: «Ha avuto vita breve». Roberto Calderoli non è contento di alcuni passaggi del discorso di Casini e ribatte che «nessuno pensa alle elezioni quando approva le riforme». In mattinata il ministro leghista aveva assicurato di «condividere pienamente» il pensiero di Ciampi e si è mostrato convinto che il presidente non abbia posto un problema di «conti» per il federalismo. L’udc Luca Volontè la pensa in modo decisamente diverso: «Tutti i partiti dovrebbero fare mea culpa e dialogare».
 
IL CENTROSINISTRA - Nel centrosinistra invece il discorso del capo dello Stato è occasione per lanciare un affondo contro le riforme in discussione alla Camera. Il segretario dei Ds Piero Fassino propone uno stop: «Mi appello al governo perché colga l’occasione per una pausa di riflessione dopo le parole del presidente della Repubblica». Dalla Margherita arrivano avvertimenti dal tono duro. Come quello di Francesco Rutelli: «Guai ad ignorare l’ammonimento del presidente. Qui si vogliono cambiare 48 articoli della Costituzione solo per non far saltare il patto scellerato tra Bossi e Berlusconi». Il compagno di partito Pierluigi Castagnetti trova «sconcertante» il non ascolto di Ciampi da parte del centrodestra e invita il governo a «non fare finta di niente» di fronte alla preoccupazione sui costi del federalismo. Il leader della Cisl Savino Pezzotta è severissimo: «Siamo tutti contro quel federalismo: sindacati, Confindustria e artigiani». Il più ottimista dell’opposizione? Clemente Mastella: «Il presidente ha rinnovato il suo appello al dialogo: c’è ancora tempo per un confronto, per varare con buonsenso riforme che durino».
 
BATTAGLIA PARLAMENTARE - Intanto ieri si è registrata una battura d’arresto al dibattito in corso alla Camera. La discussione sulle riforme riprende la prossima settimana, ma il voto finale potrebbe slittare al 15 ottobre. La maggioranza, Lega in testa, ha chiesto le sedute notturne e per lunedì è già fissata una riunione dei capigruppo con Casini per un riesame del calendario. L’opposizione invece, «data l’importanza della materia», ha richiesto di aumentare del 20 per cento i tempi a disposizione per gli interventi.
 
Roberto Zuccolini


 
il manifesto 02-10-2004
 
La riforma può attendere
Il capo dello stato chiede un'intesa bipartisan, slitta il voto finale sul federalismo
 
MATTEO BARTOCCI
 
ROMA - I molti nodi delle riforme istituzionali cominciano a diventare pressoché inestricabili. E richieste di dialogo e di una discussione approfondita sono venuti ieri tanto dal Quirinale che dal presidente della camera Casini. La riforma del centrodestra non convince quasi nessuno anche nella maggioranza, e rischia così di finire nelle sabbie mobili. Ieri alla camera si è appurato che il via libera finale alla «riforma Calderoli», stabilito in termini ultimativi per l'8 ottobre, è già slittato al 15. Ma anche questo è un obiettivo che si potrà raggiungere solo costringendo i deputati alle forche caudine delle sedute notturne. Una via certo poco «onorevole» per un progetto istituzionale che appariva come l'architrave dell'accordo nella Casa delle libertà. Già da tempo i deputati del centrodestra disertano la discussione in aula, dove il numero legale è spesso garantito con il ricorso ai «pianisti». Chissà se di notte ci sarà la fila per votare. Sull'ipotesi del rinvio quindi la maggioranza non si straccia le vesti. Il sottosegretario alle riforme Brancher sottolinea che «è giusto che per una riforma di questa portata ci sia il tempo di discutere». Il limite del 15 ottobre, discusso in una riunione tra il ministro Calderoli, Brancher e i tecnici della Cdl sulle riforme, dovrà servire quanto meno a sciogliere i nodi più importanti: iter legislativo e premierato, rimandando sine die il voto finale. Del resto, ormai solo la Lega e una parte di Fi spingono (fiaccamente) sull'acceleratore.

Il monito di Ciampi

Il Quirinale ha esercitato al massimo livello la sua «moral suasion», con un'inconsueta intervista di due pagine al Corriere della sera. Già due settimane fa, da Piacenza, Ciampi aveva messo da parte i toni rituali per rilanciare un messaggio identico: attraverso l'appello al «dialogo bipartisan» seppelliva i toni trionfali della Cdl. Evidentemente il messaggio non è stato ricevuto dalla maggioranza. E in aggiunta, un richiamo non certo secondario, il capo dello stato ha chiesto di sapere i costi della «devolution» e lanciato un chiaro altolà alla riforma della giustizia che il ministro Castelli intende approvare a passo di carica. Uno stop tanto alla riforma dell'ordinamento giudiziario a rischio di incostituzionalità che allo sciopero minacciato dai magistrati.

Attorno all'appello quirinalizio si schierano in modo divergente i presidenti Pera e Casini. Se il presidente della camera (vedi qui a fianco) sostiene il monito del Colle e chiede al centrodestra di non fare come l'Ulivo nel 2001, Marcello Pera parla del federalismo come di un «progetto inarrestabile», per il quale è sufficiente uno spirito «costruttivo e di apertura, altrimenti rischia di diventare soltanto un pretesto di scontro politico».

La Cdl: «Il dialogo si fa in due»

Di «troppo» dialogo le riforme potrebbero rallentare fino a soccombere. Di fronte all'uno-due di Ciampi e Casini la prima reazione del centrodestra è visibilmente stizzita. Calderoli sbotta: «Nessuno fa le riforme pensando alle elezioni o a colpi di maggioranza». Mentre il capogruppo leghista alla camera Cé si dice d'accordo con Ciampi ma contemporaneamente critica il Corsera che ha ospitato le sue parole. E' necessario conferire con il premier. Berlusconi incontra a pranzo Calderoli. E al termine le reazioni della Casa delle libertà si concentrano sull'Ulivo, «colpevole» di non accettare accordi nemmeno sull'iter parlamentare. «Nell'opposizione non c'è alcuna disponibilità» dice il forzista Cicchitto. «E poi non ha diritto di veto», tuona un saggio di Lorenzago come Nania (An).

L'Ulivo chiede una pausa

Il centrosinistra trova nelle parole del Quirinale e di Casini molte frecce per il proprio arco. Cunei per dividere la maggioranza e argomenti per sollecitare quanto meno «senso di responsabilità» e «una pausa di riflessione». Lo chiedono uno dopo l'altro tutti i leader della minoranza: Fassino, Rutelli, Mastella, Diliberto, Pecoraro. Anche l'ex presidente Scalfaro si schiera con Ciampi sui costi del federalismo. Il ministro Gasparri gli risponde definendolo un «ayatollah nemico della democrazia». A Capri, Roberto Maroni è visibilmente contrariato per le parole di Casini e chiude a ogni ipotesi di rinvio: «Nessuna pausa di riflessione, non sarà la riforma perfetta ma sulla sua necessità non ci sono dubbi».


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