ROMA - Poteri del capo dello Stato, scioglimento delle Camere e grazia. Sono i tre articoli del disegno di legge per le riforme costituzionali approvati ieri al Senato. Il presidente della Repubblica, secondo l’articolo 22, è «il garante della Costituzione e rappresenta l’unità federale della nazione». Previsti due nuovi poteri: quello di nominare i presidenti delle authority e di indicare i vice presidenti del Csm. Scompare la funzione di autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo. Via libera anche all’articolo 23: prevede che il premier possa sciogliere la Camera e stabilisce anche una norma «antiribaltone», che impedisce la formazione di maggioranze diverse da quella uscita dalle urne. L’ultimo, l’articolo 24, votato anche dai ds, riguarda il potere di grazia che viene affidato in esclusiva al capo dello Stato, senza la necessità della controfirma del Guardasigilli.
RIFORME: PER SENATO LA GRAZIA SPETTA SOLO AL QUIRINALE
ANCHE I DS VOTANO SI', MA IN AULA E' BAGARRE ANGIUS-D'ONOFRIO
(ANSA) - ROMA, 17 MAR - Fuori i giovani leghisti a ritmare slogan contro
''Roma ladrona'' e i ''cari fottutissimi alleati'', dentro i senatori impegnati
nel ''tour de force'' sulle riforme.
E' trascorsa così, la giornata del Senato: quando l'aula chiude
i battenti, l'assemblea di Palazzo Madama ha approvato tre articoli centrali
del disegno di legge sulle riforme. Da una parte il potere del premier
di sciogliere la Camera e la norma antiribaltone che impedisce la formazione
di maggioranze diverse da quella uscita dalle urne; dall'altro i poteri
del presidente della Repubblica. Ed è proprio su quest'ultimo punto
che si scatena la polemica.
Succede infatti che alla Camera la maggioranza cambia la legge Boato
sulla grazia, prevedendo che il provvedimento di clemenza possa essere
adottato dal presidente della Repubblica solo su proposta e con la controfirma
del ministro della Giustizia. Ma tra i poteri del Quirinale di cui si discute
al Senato, il potere di grazia è affidato esclusivamente al Capo
dello Stato. Di qui si innesca una polemica al calor bianco. Il relatore
Francesco D'Onofrio interviene per convincere i
senatori che le due cose non sono in contrasto: la maggioranza, spiega,
si preoccupa di fissare a chiare lettere il principio in Costituzione,
poi interverrà con una legge ordinaria.
Insorge il capogruppo dei Ds Gavino Angius, che prima legge il duro
fondo del ''Foglio'' contro la maggioranza poi, vedendo D'Onofrio ridere
divertito delle sue parole, lo apostrofa duramente: ''Ma che cosa ridi?
Il tuo è il riso dello scemo!''.
Si scatena la bagarre. Sempre Angius, tra le urla della maggioranza,
accusa il centrodestra di aver ''messo un doppio catenaccio alla cella
di Adriano Sofri'' e di essersi trasformata ''da casa delle libertà
in casa della galera''.
Nella votazione finale sull'articolo, la maggioranza vota sì
(con qualche astenuto ''anti-Sofri'' tra i banchi di An). Ai voti del centrodestra
si aggiungono anche quelli dei Ds: ''Lo facciamo per coerenza - spiega
il senatore della Quercia Franco Bassanini - mente crediamo che qualche
problema dovrebbe averlo la maggioranza, visto quello che è accaduto
alla Camera''.
Passano così in secondo piano le altre importanti norme votate
dall'assemblea. Il potere di scioglimento della Camera, affidato al premier,
fa parlare i senatori dell'opposizione di ''fine del sistema parlamentare'',
mentre Franco Bassanini evoca addirittura il ''modello peronista fuori
dalla democrazia''.
Il centrodestra, con Domenico Nania, ribatte ricordando all'Ulivo che
l'elezione diretta di sindaci e presidenti delle Regioni sono leggi votate
dalla sinistra. ''Dunque smettetela con le polemiche strumentali e smettetela
con questa schizofrenia'', esclama.
Una cosa è certa: i lavori del Senato procedono a ritmo spedito,
e ormai l'approvazione del disegno di legge in tempi abbastanza brevi viene
vista come probabile. Anche perché la Lega Nord non rinuncia al
suo pressing. Manifestazioni dei giovani padani a parte (con tutta la coda
di polemiche per il ministro Castelli che saltava con gli altri militanti
che ritmavano ''chi non salta italiano é''), il Carroccio non perde
occasione di rilanciare il suo ultimatum. ''Noi - spiega Francesco Speroni,
braccio destro di Umberto Bossi al ministero delle Riforme - abbiamo fatto
l'alleanza per fare il federalismo. Adesso le riforme vanno avanti, indipendentemente
dalla condizione di salute di Bossi, come previsto. Comunque rimane il
termine fissato per il 25 marzo''.
Parole che provocano i malumori di Alleanza Nazionale: "Sul fronte
delle riforme - dice il ministro di An Giovanni Alemanno - è talmente
fuori luogo dare un ultimatum perché la disponibilità della
coalizione c'è, quindi non c'è bisogno di minacciare a vuoto''.
Anche perché, assicura, la disponibilità di An è persino
aumentata dopo la difficoltà di salute del ministro Bossi''.
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