Valentino Parlato
Sembrerebbe di essere all'Opera. Bossi canta «federalismo e presidenzialismo
ben si accoppiano» e Berlusconi replica «son pronto al sacrificio».
Purtroppo non siamo all'Opera ma alla liquidazione della Costituzione,
al vero passaggio a una seconda repubblica, più autoritaria e personalizzata,
con un capo. Questa deriva non è cominciata oggi. Un bel po' di
anni fa Bettino Craxi disse in parlamento che il passaggio al presidenzialismo
non era ancora maturo, ma che la questione ormai andava messa all'ordine
del giorno. Oggi siamo a questa soglia: la dissoluzione dei partiti e la
riduzione del parlamento ad approvatore a comando, come conferma l'abuso
delle deleghe e dei voti di fiducia, hanno disfatto il nostro sistema democratico
di governo. Nelle condizioni che si sono create, se vogliamo un governo
della cosa pubblica ci deve essere un uomo solo al comando. Un presidente
eletto dal popolo e neppure tanto alla francese, come oggi si dice, perché
il rischio della coabitazione va evitato.
Questa deriva ormai è forte e anche oggettivamente fondata sui cambiamenti avvenuti nella politica e nella società: pensiamo solo al sistema elettorale maggioritario e alla personalizzazione della politica prodotta anche dalla tv. In effetti molti ci fanno osservare che il sistema democratico è obsoleto, ha perso di efficacia e di competitività: per fare andare avanti il paese ci vuole una semplificazione autoritaria. E' ora di finirla con le polemiche sul «regime» o non «regime»: ci vuole un capo, e chi meglio di Silvio Berlusconi è un capo?
In questa situazione sarebbe utile una presa d'atto della storia e della specificità di questo nostro paese. In alcuni paesi occidentali ci sono presidenzialismi che vanno più o meno bene, ma non possiamo dimenticare che il presidenzialismo italiano è stato la dittatura fascista. Nel nostro paese il bilanciamento dei poteri non c'è mai stato: chi ha avuto potere ha sempre prevaricato, come prevarica ancora oggi. Oggi c'è un potere maggioritario, non ancora presidenzialista, che fa il massimo sforzo per eliminare i poteri del parlamento (qualcuno ha detto che Casini e Pera potrebbero chiudere Camera e Senato), della magistratura, dei sindacati e anche della pubblica amministrazione, dell'Università, etc.
La spinta autoritaria, che nasce anche dalla debolezza della Casa delle libertà ( i recenti incidenti di percorso e i dispetti all'interno dell'attuale santa alleanza) è forte e motivata. Non la si può fermare con i distinguo tra presidenzialismi sudamericani e presidenzialismi democratici: questo sarebbe certamente il modo migliore per aprire la via a un presidenzialismo italiano-autoritario con l'ulteriore indebolimento delle attuali opposizioni e un ancora più grave discredito della politica. Un sociologo americano ha scritto che dalla massima «il privato è politico» stiamo passando al suo contrario: il politico è privato. Un amministratore delegato al comando con i cittadini che cercano, ciascuno per sé, un loro arrangiamento privato.
Sarebbe utile un franco ripensamento della scelta del maggioritario e dell'alternanza, che ha significato l'eliminazione del ruolo positivo delle opposizioni, ridotte alla pura protesta o al basso compromesso. Con il sistema proporzionale c'era anche un governo dall'opposizione, un vero bilanciamento dei poteri che ha fatto crescere questo paese per alcune decine d'anni.