G. Sartori
Dobbiamo dialogare? Certo, ci mancherebbe altro. Better ballots than
bullets , meglio schede (di voto) che pallottole. Del pari, meglio dialogare
che sparare. Ma il dialogare presuppone - lo dice la dizione - il logos
, e cioè la capacità e la volontà di entrare in un
discorso razionale. Il dialogare presuppone sincerità di scambio
(di idee). Inoltre, per dialogare bisogna essere in due (come per sposarsi
o ballare il tango). E la domanda è: come si fa a dialogare con
un sordo? E cioè con un finto dialogante che si rifiuta di ascoltare
e che evita sistematicamente di rispondere? Me lo chiedo perché
il dibattito sul conflitto di interessi si svolge proprio così.
La parte che appartiene alla civiltà del dialogo critica la «situazione
Berlusconi» adducendo argomenti, spiegando perché. Ma la controparte
non contro-dialoga, ripete sempre una identica velina e tira imperturbabilmente
innanzi. A me è addirittura capitato di imbattermi per tre volte
di fila nello stesso difensore d’ufficio del Cavaliere. La sera prima aveva
asserito che costringere Berlusconi a vendere Mediaset costituirebbe una
violazione costituzionale del principio della proprietà privata.
Io gli avevo risposto leggendogli la Costituzione, che appunto prevede
«limiti» alla proprietà privata. La sera prima aveva
asserito che la Costituzione non consentiva «l’esproprio» del
Cavaliere. Io gli avevo risposto che la vendita sul mercato - specie se
con offerta pubblica di vendita - non è un esproprio; e comunque
che anche l’esproprio è previsto e consentito dalla Costituzione.
Tutto inutile. La mattina dopo il nostro bravo Berluschino ripeteva (senza
nemmeno cercare di salvare la faccia con qualche variante) che la Costituzione
rendeva il Cavaliere intoccabile. E così ogni volta.
Dialogo? Questo sarebbe dialogo? Ci deve essere qualche dialogante
- o raccomandatore di dialogo - più bravo di me. Gli passo volentieri
la mano.
L’invito al dialogo non è - s’intende - un fine in sé.
In politica si dialoga per negoziare un «compromesso», un incontro
a mezza strada. Domanda: questa mezza strada esiste sempre? Sempre no.
Se vado al ristorante non posso scegliere un «carne-pesce»,
un animale che sia metà carne e metà pesce. Analogamente,
se cerco un animale domestico non posso scegliere un «can-gatto»
un mezzo-cane e mezzo-gatto. Ma se scelgo pesce, allora posso negoziare
un accordo su quale pesce; o se scelgo cane, allora tra un alano e un bassotto
si può trovare un compromesso su un cane lupo. E nel caso del conflitto
di interessi? In questo momento si fronteggiano - in commissione a Montecitorio
- due progetti: da un lato il disegno di legge Frattini (con i ritocchi
cosmetici di Caianiello), e dall’altro il «modello americano»
proposto dall’opposizione. Sono conciliabili? O sono alternativi? Vediamo.
Il modello americano prevede l’intervento, in vari modi, sulla radice
del male, sul patrimonio. La Frattini-Caianiello sposta il problema dalle
sue cause ai suoi effetti. Esclude a limine qualsiasi intervento sul patrimonio,
e consente soltanto un controllo ex post sugli atti di governo. Al che
si oppone che 1) un uso improprio del potere deve essere impedito prima
che crei danni e non quando li ha già prodotti, e che 2) non c’è
nessuna equivalenza tra i due interventi: il primo affronta un coccodrillo,
il secondo acchiappa solo lucertole. Perché il conflitto di interessi
di Berlusconi non richiede, per essere esercitato, atti di governo; oramai
si fonda soprattutto su rendite di posizione.
È di tutta evidenza, allora, che i due progetti non sono fondibili;
che sono alternativi. Dialogando, dialogando si arriverà a un can-gatto?
Questo no. Però si potrebbe benissimo arrivare a un gatto (l’opposizione)
che si lascia mangiare dal cane (la maggioranza), e cioè che legittima
la presa in giro del progetto berlusconiano in cambio di un piatto di lenticchie.
Dialogando, dialogando.
Il giurista alla commissione Affari costituzionali della Camera: sia la sanzione estrema per la violazione della legge
Conflitto d’interessi, Caianiello non esclude la vendita dei beni
Ascoltato anche Cheli (Authority Comunicazione): sì al modello
americano
ROMA - Sono iniziate con una maratona di sette ore le audizioni per
la legge sul conflitto di interessi. E non sono mancate le sorprese. Teatro
degli eventi: la commissione Affari costituzionali di Montecitorio che
aveva deciso di ascoltare un ampio ventaglio di pareri forniti in diretta
da giuristi ed esperti. Già dalla prima seduta gli schemi sono saltati
in virtù dei giudizi espressi dall’ex presidente della Consulta
Vincenzo Caianiello e dal professor Sabino Cassese. Il primo ha sostenuto
con dovizia di argomentazioni che la sua proposta non è assolutamente
integrabile con il disegno di legge governativo firmato dal ministro Franco
Frattini, il secondo invece ha detto che sono conciliabili. Chi si aspettava
che Caianiello desse una mano al governo e Cassese all’opposizione si è
dovuto ricredere. Il terzo protagonista della giornata è stato Enzo
Cheli, attuale presidente dell’Authority delle Comunicazioni, che si è
speso per «il modello americano» e comunque ha sostenuto che
la sua struttura oggi non ha né i poteri né i mezzi necessari
per vigilare sugli atti del governo. Ma ovviamente attuerà «con
il massimo scrupolo» le decisioni che verranno prese in sede legislativa.
Era previsto anche un intervento del presidente dell’Antitrust Giuseppe
Tesauro, ma a causa di un malore ha dovuto disertare l’audizione. Secondo
indiscrezioni sembra che anche Tesauro nutra timori sulla reale capacità
dell’Antitrust di cumulare, ai compiti affidatigli dalla legge antimonopoli,
nuovi controlli e nuove funzioni di garanzia.
Il presidente emerito Caianiello ha ribadito la sua contrarietà
ad una struttura ad hoc e ha proposto di affidare la vigilanza sugli atti
del governo alle due authority attualmente presiedute da Cheli e Tesauro.
Poi ha insistito molto sul regime delle sanzioni. «Si potrebbe pensare
- ha detto - a una multa per la prima volta, poi a una sospensione dell’amministratore
e poi all’interdizione dalle attività». Se si dovessero ripetere
violazioni della legge si può prevedere persino la vendita delle
aziende. «E’ come quando si tira fuori il cartellino rosso dopo due
cartellini gialli». Caianiello si è detto contrario a un regime
di incompatibilità e ha giudicato incostituzionale il progetto presentato
dall’Ulivo. Per Cheli il modello americano da copiare prevede «misure
limitative che mirino a separare temporaneamente proprietà e gestione»
come il blind trust o l’amministrazione fiduciaria. Da escludere invece
l’obbligo di cessione dell’impresa.
Oggi è ancora giornata di audizioni, domani cominciano i lavori
veri e propri della commissione. La maggioranza è già al
lavoro per stendere una proposta definitiva, mentre l'opposizione per bocca
di Paolo Gentiloni (Margherita) ieri ha commentato sarcasticamente le dichiarazioni
di Caianiello: «Anche lui ha bocciato Frattini».
D.D.V