I piccoli imprenditori e le astensioni collettive

 

 

1. La legge 11/4/2000 n°83 disciplina per la prima volta la serrata nei servizi pubblici essenziali, configurando per i piccoli imprenditori una serie di obblighi nell'ipotesi di astensione collettiva analoghi a quelli imposti ai lavoratori in caso di sciopero[1].

La serrata è stata definita come la temporanea chiusura dell’impresa o di parte di essa ad opera dell’imprenditore con il conseguente rifiuto di ricevere la prestazione lavorativa e quindi di erogare la retribuzione[2].

Tradizionalmente, si suole distinguere tra serrata totale o parziale a seconda dell'estensione o meno a tutta l'impresa nonché tra serrata individuale e collettiva, a seconda del numero di imprenditori coinvolti e della sua proclamazione o meno da parte di associazioni imprenditoriali[3]. Relativamente al fine, si sono individuate una serrata impositiva o offensiva nei confronti dei lavoratori e una protettiva o difensiva contro le rivendicazioni di questi ultimi; una serrata di ritorsione contro scioperi ritenuti illegittimi e una di solidarietà verso altri imprenditori; una serrata di protesta contro atti della pubblica amministrazione per ottenere un provvedimento o la sua revoca e una per fini politici, per manifestare contro o a favore di una forza politica[4].

Sono proprio queste ultime le prime forme conosciute di serrata, mentre solo con l’avvento della rivoluzione industriale e l’introduzione dello sciopero come strumento  di lotta si sono affermate quelle cd. economica e di ritorsione[5].

Com’è noto l’art. 40 Cost., mentre configura lo sciopero come un diritto per i lavoratori, non fa alcuna menzione della serrata che, definita come atto penalmente lecito[6], viene ricondotta da taluni all’art. 41 secondo comma Cost., da altri agli artt. 4 e 13 Cost., da altri ancora all’art. 39 Cost.[7], ma comunque posta su un piano sostanzialmente diverso e meno tutelato rispetto allo sciopero[8].

Le norme in tema di sciopero e di serrata, che parte della dottrina riteneva fossero state abrogate con il regime corporativo o comunque con l'emanazione della Costituzione[9], sono invece state considerate vigenti dalla Corte Costituzionale che le ha tuttavia sottoposte ad un attento esame[10].

Oltre all'abrogazione del reato di serrata per fini contrattuali (art.502 c.p.)[11], va segnalata, per il riferimento ai piccoli imprenditori, la sentenza della Corte Costituzionale n.222 del 17 luglio 1975[12], che riconduce l’astensione dal lavoro dei piccoli imprenditori senza dipendenti nell’ambito dello sciopero[13]: il piccolo imprenditore senza dipendenti è parificato ad un lavoratore, sia pure autonomo, e come tale non può essere escluso dalle forme di autotutela previste per tutti i lavoratori[14].

Merita attenzione un ulteriore argomento utilizzato dalla Corte in questa sentenza, vale a dire il numero minimo dei soggetti coinvolti previsto dall'art. 506 c.p., che deve essere non inferiore a tre[15]. Com'è noto, mentre la serrata può essere posta in essere anche da un solo imprenditore, lo sciopero richiede una pluralità di soggetti[16].

La giurisprudenza di merito e di legittimità ha interpretato le residue norme penali in modo elastico, ritenendo da un lato di non dover discriminare tra  piccoli imprenditori con e senza dipendenti[17], dall’altro estendendo anche ai lavoratori parasubordinati la titolarità del diritto di sciopero[18]; ma la Corte Costituzionale ha ribadito l'impossibilità di operare una piena equiparazione di queste diverse fattispecie che non possono essere ricondotta nell’ambito del diritto di sciopero[19].

Restano tuttavia in vigore l’art. 503 c.p., che punisce la serrata per fine politico[20], l’art. 504, che sanziona la serrata di coazione contro la pubblica autorità e l’art. 505 c.p. che punisce la serrata di protesta e di solidarietà quando non legata anche indirettamente a fini contrattuali[21].

Alla luce di queste sentenze della Corte Costituzionale, può dirsi che il piccolo imprenditore possa astenersi dal lavoro senza incorrere in sanzioni penali senza alcun limite quando la serrata persegue fini, direttamente o indirettamente, contrattuali, mentre nei casi previsti dagli artt. 503-505 c.p., la sua condotta non sarà sanzionabile solo se egli non abbia dipendenti o se la protesta abbia riferimento anche indiretto al rapporto di lavoro.

 

2. La l. 12 giugno 1990 n.146, oltre ad abrogare gli artt.330 e 333 c.p., spostando l'attenzione dal fine della serrata all’effetto prodotto da questa sui diritti degli utenti, in linea con la diversa impostazione della legge[22].

Prima della recente riforma, era discussa la possibilità di comprendere i piccoli imprenditori nel novero dei soggetti destinatari delle disposizioni della l.146/90 nonché l’opportunità di operare un ampliamento nei loro confronti[23].

Per fare ciò, in linea di principio, erano praticabili due vie: ampliare la nozione stessa di sciopero fino a ricomprendervi qualunque astensione dal lavoro da chiunque posta in essere[24]; oppure includere nella legge ogni comportamento comunque in grado di ledere i diritti tutelati dalla l.146/90, come poi effettivamente realizzato con la legge 83/2000[25].

Questa direzione era stata già autorevolmente indicata dalla Corte Costituzionale[26], che, sia pure con riferimento all’astensione dei lavoratori autonomi, aveva enunciato principi validi anche per i piccoli imprenditori[27], per i quali in precedenza veniva ritenuto applicabile solo l’istituto della precettazione, sulla scorta del richiamo testuale dell’art. 8 secondo comma l.146/90[28].

La Corte, tuttavia, nel dichiarare incostituzionale la normativa della l.146/90 nella parte in cui escludeva dal proprio ambito di applicazione gli avvocati, pur fornendo lo spunto per future dichiarazioni di incostituzionalità relativamente alla mancata inclusione nella normativa dei piccoli imprenditori, confermava implicitamente la loro esclusione dall’applicazione della legge stessa[29]. La sentenza, quindi, se ha costituito un’importante stimolo per la riforma della l.146/90, ha altresì sbarrato la strada ad ulteriori interpretazioni estensive della legge per ampliare i soggetti cui ritenere applicabile la legge[30].

 

3. I dubbi e le incertezze relativi all’estensione ai piccoli imprenditori della l.146/90 sono oggi superati dalla legge di riforma che espressamente si rivolge anche a questi, unitamente con i lavoratori autonomi ed i professionisti.

Tuttavia, per le peculiarità di tali soggetti rispetto ai lavoratori subordinati, la l.83/2000 non si è potuta limitare ad estendere la normativa valida per questi ultimi ma ha dovuto dettare regole specifiche in particolare in tema di autoregolamentazione (art. 2bis), sanzioni (art.2 bis in fine e art.4 commi quarto, quarto ter e quater), precettazione (art. 8) e relative sanzioni (art. 9), ed infine di definizione dei piccoli imprenditori (art. 20 comma 1 bis).

Mentre per la disciplina specifica si rimanda ai singoli commenti, è necessario soffermarsi sulle peculiarità relative ai piccoli imprenditori rispetto agli altri soggetti cui la normativa è stata estesa (lavoratori autonomi e professionisti).

In primo luogo, è stato detto che nel nuovo testo della legge la distinzione tra sciopero ed astensione dal lavoro, quindi tra sciopero e serrata, diviene solo terminologica, mentre viene valorizzato lo scopo della serrata, che viene indicato nel "fine di protesta o rivendicazione"[31].

Ancora, va evidenziato che, a differenza dei lavoratori autonomi e dei professionisti, per i quali non è identificabile una controparte sindacale, nel caso dei piccoli imprenditori sarebbe stato possibile prevedere un meccanismo analogo a quello dell’art. 2 della legge per sottoscrivere degli accordi da sottoporre al vaglio della Commissione.

Non stupisce tuttavia che tale strada non sia stata seguita dal legislatore, considerata la diversità tra lo sciopero e la serrata. Nel caso dello sciopero, la controparte datoriale, anche quando non destinataria diretta dello sciopero, ne subisce tuttavia le conseguenze ed è pertanto interessata a che lo sciopero non abbia luogo o che riguardi il minor numero possibile di lavoratori, da cui l’opportunità che siano le parti a contemperare i reciproci interessi, salvo il giudizio della Commissione sulla idoneità delle scelte operate.

In caso di astensione dal lavoro dei piccoli imprenditori, con o senza dipendenti, e ancor più di lavoratori autonomi e professionisti, non esiste un analogo interesse contrapposto degli eventuali dipendenti di questi ultimi[32].

Da qui, l’opportuna previsione del legislatore di lasciare agli stessi soggetti che si astengono dal lavoro la possibilità di proporre, nell’ambito dei limiti fissati dalla legge, una regolamentazione da sottoporre poi al vaglio della Commissione.

E’ peraltro possibile ipotizzare che tali codici siano sostituiti o integrati per i piccoli imprenditori da veri e propri accordi con le controparti sindacali per i comparti ove vi sia una maggiore sindacalizzazione, da sottoporre ovviamente al vaglio della Commissione, anche perché in taluni settori  è possibile ipotizzare un’astensione dal lavoro dei dipendenti dei piccoli imprenditori, che ricadrebbe comunque nell’ambito di applicazione della l.146/90.

 

4. Il richiamo dell'art. 20 primo capoverso alla definizione di piccolo imprenditore dell'art. 2083 c.c. risponde, nelle intenzioni del legislatore, all’esigenza di evitare le incertezze interpretative che erano altrimenti state prospettate dalla dottrina[33].

La norma del codice civile è collegata a quella di impresa e di imprenditore dell'art. 2082 c.c., di impostazione chiaramente liberista, che individua l'imprenditore come colui che svolge una funzione di mediazione tra chi dispone dei necessari fattori produttivi e chi domanda prodotti o servizi, tentando di conseguire il massimo profitto e assumendo su di sé il rischio di impresa.

In tale ambito, il piccolo imprenditore viene definito come quell'imprenditore il cui apporto lavorativo e quello dei familiari prevale sia sul lavoro altrui sia sul capitale investito[34].

Numerose leggi speciali, tra cui quelle sull'artigianato, sui piccoli commercianti e sui contratti agrari, limitano la rilevanza del lavoro familiare nell'impresa, accentuando piuttosto l'aspetto della minore organizzazione produttiva nella piccola impresa[35], nel quale parte della dottrina ha individuato il reale parametro distintivo tra piccola e medio grande impresa[36].

Anche la legge fallimentare provvede ad individuare il piccolo imprenditore al fine di escludere l'applicazione della disciplina del fallimento, facendo riferimento al parametro qualitativo del reddito imponibile o del capitale investito[37].

Coordinando la definizione di cui all'art.1 secondo comma della legge fallimentare con l'art. 2083 cc, la dottrina identifica un'unica definizione di piccolo imprenditore.

La scelta del legislatore di prediligere la definizione codicistica di piccola impresa invece di altre legate, come quella lavoristica, al solo numero di dipendenti appare coerente con le finalità della legge che è ovviamente quella di garantire gli utenti contemperando i loro diritti costituzionalmente garantiti con il diritto di astenersi dei piccoli imprenditori.

Si tratta di un'importante novità che, sebbene testualmente riferita solo alla legge in commento, può aprire la strada ad altre fattispecie nel diritto del lavoro.

Come visto, mentre per i piccoli imprenditori senza dipendenti può parlarsi di un vero e proprio diritto di sciopero, per i piccoli imprenditori anche con un solo dipendente ciò non è possibile. L'astensione dal lavoro di questi ultimi rientra necessariamente, secondo la Corte Costituzionale, nel concetto di serrata, che può al più ritenersi liberamente esercitabile ma non costituzionalmente garantita.

Contemperare una mera libertà con diritti degli utenti costituzionalmente garantiti, quindi di rango superiore, non può che comportare una maggiore compressione del diritto di astensione rispetto allo sciopero dei lavoratori dipendenti.

In effetti, la nuova legge da un lato sanziona la serrata più duramente rispetto allo sciopero dei lavoratori, dall'altro consente alla Commissione di Garanzia di valutare i codici di autoregolamentazione e di emanare provvisorie regolamentazioni.

La scelta di includere  i piccoli imprenditori  tra i soggetti destinatari della l. 146/90, evidenzia un trattamento di miglior favore, costituzionalmente garantito, rispetto alle imprese medio grandi[38].

Va infatti ricordato che, sebbene le norme penali non vietano più la serrata contrattuale, intesa com'è noto in senso ampio dalla Corte Costituzionale, sono ancora in vigore le altre norme in tema di serrata e quelle in materia di precettazione ordinaria, che costituiscono un efficace strumento per evitare situazione pericolose per la pubblica incolumità, nonché gli artt. 331 e 332 c.p., che sanzionano proprio gli esercenti ed i dirigenti di servizi pubblici o di pubblica necessità.

Sebbene molte imprese che erogano servizi pubblici essenziali sono controllate da enti pubblici, non può escludersi una serrata posta in essere da imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali, come ad esempio una serrata contrattuale di imprese di raccolta e smaltimento rifiuti in vista del rinnovo delle gare di appalto.

 

5. La piccola impresa può essere, in base alla stessa definizione del codice civile, anche quella artigiana, che ne costituisce anzi una delle categorie più rilevanti. La legge 8/8/85 n°443, sostituendo la precedente l.25/7/56 n°860, prevede che l'imprenditore possa definirsi artigiano solo se eserciti personalmente l'attività in misura prevalente rispetto ai propri dipendenti, mediante l'impiego del proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo; la sua attività di impresa può consistere in qualsiasi produzione di beni, anche semilavorati, e servizi, con alcune limitazioni[39]. La definizione, certamente più ampia di quella precedente, è svincolata da qualunque parametro di capitale investito[40], ma ancorata invece a limiti dimensionali, diversi a seconda del settore di attività in cui l'impresa opera, oltre i quali l'impresa non può essere più considerata artigiana, (art. 4 l.443/85). Il requisito dimensionale non è quindi sufficiente a rendere l'impresa artigiana, ma è invece sufficiente ad escludere tale natura[41].

La presenza di una definizione ulteriore rispetto a quella codicistica comporta la necessità di stabilire se l'artigiano sia sempre piccolo imprenditore o se possa distinguersi un'impresa artigiana piccola da una medio grande[42]. Nonostante la diversa opinione di una parte della giurisprudenza, deve tuttavia ritenersi che le leggi speciali abbiano ampliato ed adattato al mutato contesto storico il precetto dell'art. 2083 c.c., specificando in che misura debba esserci lavoro diretto del titolare e dei familiari e in quale misura debba essere prevalente sul capitale[43], ma non abbiano introdotto una figura diversa da quella dell'art. 2083 c.c.. Pertanto, ai sensi della legge 146/90, non può esservi un'impresa artigiana che non sia piccola impresa.

 

6. L’individuazione per i piccoli imprenditori dello strumento endogeno, sia pure da sottoporre al vaglio della Commissione, pone delicati problemi in ordine ai soggetti che detti codici possono e devono adottare.

In primo luogo, a differenza del settore della grande impresa, le associazioni datoriali dei piccoli imprenditori sono più di una e divise a seconda dei vari comparti (artigiano, terziario, agricolo, industriale etc.); nell'ambito dei singoli comparti, inoltre, è frequente la presenza di più sigle associative.

Sebbene normalmente tali associazioni operino congiuntamente, non è da escludere un'azione disgiunta su questioni di particolare rilevanza, come lo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Le sanzioni della l.146/90 possono certamente colpire tutte le associazioni dei piccoli imprenditori più o meno rappresentative che proclamino scioperi ritenuti illegittimi; occorre invece chiarire se tutte le associazioni possano emanare propri codici di autoregolamentazione. Sebbene sia auspicabile che esista un'unica regolamentazione per ogni settore, non può escludersi la presenza di più codici che siano tutti valutati positivamente dalla Commissione di garanzia. In tal caso, dovrebbe guardarsi non al dato dell'iscrizione alle varie associazioni per valutare quale codice applicare, ma all'associazione che proclama l'astensione, le cui regole dovrebbero essere osservate da tutti gli aderenti alla serrata.

 

7. La permanenza di norme incriminatrici del delitto di serrata e delle fattispecie di cui agli artt. 331 e 332 c.p., non abrogate dalla l. 146/90, unitamente alle disposizioni sulla precettazione di cui al T.U. Legge comunale e provinciale (R.D. 3 marzo 1934 n.383) permetteva di garantire il rispetto dei diritti fondamentali in caso di serrata anche in mancanza di specifiche norme  della l. 146/90.

Ma l’entrata in vigore della nuova normativa e la conseguente estensione ai piccoli imprenditori delle regole a garanzia del rispetto dei diritti fondamentali nei servizi pubblici essenziali sembrano fornire nuovi argomenti per l’abrogazione di tutte le norme penali in tema di serrata.

Interessante in quest'ottica appare la definizione degli artt. 2 bis e 8 che non definiscono sciopero quello dei piccoli imprenditori ma astensione collettiva  dalle prestazioni ai fini di protesta o di rivendicazione di categoria, una nozione in grado di ricomprendere tanto la serrata economica quanto quella di protesta contro la P.A.

Lo stesso istituto della serrata e la sua rilevanza penale in relazione ai principi generali di libertà sembrerebbero posti in discussione[44].

Va evidenziato che l'eliminazione del reato di serrata non comporterebbe comunque la perdita di ogni garanzia di protezione degli interessi generali della collettività, ancor più oggi con la modifica della legge 146/90[45].

Tuttavia, un più attento esame sembra confutare tale ipotesi.

Infatti, come visto sopra, la previsione dei reati di serrata ed ancor più di quelli di cui agli artt. 331 - 332 c.p. è indispensabile in quanto altrimenti, paradossalmente, i datori di lavoro che non siano piccoli imprenditori potrebbero liberamente attuare una serrata non essendo soggetti alla l. 146/90.

Il fine della serrata, rilevante  ai sensi dell'artt.503 - 505 c.p., è invece ininfluente per l'art. 331 c.p. in cui tutte le ipotesi di serrata degli esercenti di servizi essenziali finiscono per rientrare.

Vi è piuttosto da chiedersi se possano rientrare ancora nell'ambito di applicazione dell'art. 331 c.p. i piccoli imprenditori soggetti alla l.146/90. La soluzione negativa sembra preferibile in quanto non si comprenderebbe altrimenti il senso della estensione a loro della l.146/90 se comunque essi restassero soggetti alle ben più severe norme penali[46].


Dal divieto di serrata per i piccoli imprenditori al diritto di astensione collettiva

 

1)    L'evoluzione del divieto di serrata per i piccoli imprenditori

 

 evoluzione storica della serrata per i piccoli imprenditori

 il contesto costituzionale

 gli interventi della Corte Costituzionale e la disciplina prima della l.1 46/90

 

     2) La l.146/90

          l'estensione del concetto di sciopero

          l'ampliamento dell'ambito di applicazione della legge

 

     3) La disciplina attuale dell'astensione collettiva dal lavoro dei piccoli imprenditori nei servizi pubblici essenziali

           La disciplina    

          Le peculiarità dei piccoli imprenditori rispetto ai lavoratori autonomi ed ai professionisti

         La possibilità per i piccoli imprenditori di affiancare ai codici di autoregolamentazione accordi di settore

 

     4) La definizione di piccolo imprenditore

         la scelta operata: l'art. 2083 cc

         le soluzioni alternative

         i problemi

    

     5) Gli artigiani e i commercianti

         la definizione di commerciante

         la definizione di imprenditore artigiano nelle leggi speciali

 

     6) Le associazioni di piccoli imprenditori

 

     7) Il divieto penale di serrata per i piccoli imprenditori nell'attuale regime legislativo

 



[1] V. Filì, Le nuove prospettive sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali in Lav. Giur., 1999, 415.

[2] G. Zangari, voce Serrata (libertà di), in Noviss. Digesto  Italiano, XVII, Torino 1970, 86; G. Mazzoni, voce Serrata, in Enc. Giur. Treccani, Roma 1992, XXVIII, 1; G. Ghezzi, voce Serrata in Digesto Comm., XIII, Torino 1996, 376; G. Pera, Serrata e diritto di sciopero, Milano 1969, 5-6; T. Treu, Gli strumenti di lotta sindacale degli imprenditori: in particolare la serrata in Riv. Giur. Lav., 1980, I, 217.

[3] G. Zangari, op. cit., 88. Per taluni la serrata punita dall’art. 502 cp era solo quella individuale, non essendo concepibile all’epoca dell’emanazione del codice penale una proclamazione di serrata collettiva da parte degli organismi pubblici preposti alla rappresentanza delle categorie professionali. G. Mazzoni, op. cit., 2.

[4] F. Di Cerbo, voce Serrata (libertà di), in Noviss. Digesto, appendice VII, Torino 1987, 151-152.

[5] G. Zangari, op. cit., 87. Non rientra nella serrata la chiusura dell’impresa adottata per motivi economici dall’imprenditore: v. G. Mazzoni, op. cit., 1.

[6] G. Pera, Serrata e diritto di sciopero cit., 20 e 56ss; F. Di Cerbo, op. cit., 150; G. Giugni, Sciopero (ordinamento italiano), in Enc. Giur., Treccani, Roma 1992, 2; D. Zanchi, Sciopero politico e diritto di sciopero in Foro It., 1975, I, 551; G. Mazzoni, I rapporti collettivi di lavoro, Milano 1967, 387.

[7] Per la prima tesi, G. Pera, Serrata e diritto di sciopero cit., 29; per la seconda T. Treu, Gli strumenti di lotta cit., 220.

[8] G. Pera, Serrata e diritto di sciopero cit., 48ss; G. La Cute, voce Serrata in Enc. Dir., Milano 1990, nota 33. Vedi però l’art. 6 della Carta sociale Europea del 18 ottobre 1961, ratificata dall’Italia con l. 3 luglio 1965 n.929 su cui: G. Ghezzi, Serrata cit., 377; G. La Cute, op. cit., 238; F. F. Di Cerbo, op. cit., 153. Contra L. Mengoni, La carta sociale europea e la serrata in Riv. Dir. Lav., 1969, I, 21 e 28.

[9] G. Zangari, op. cit., 91ss; F. F. Di Cerbo, op. cit., 151; L. Mengoni, Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano in Sciopero e serrata nei paesi della CECA, Milano 1961, V, 314, G. Pera, op. cit., 7.

[10] La Corte non ha ritenuto le norme automaticamente caducate a seguito della soppressione dell’ordinamento corporativo e dell’emanazione della Costituzione, interpretando il richiamo dell’art. 40 Cost. alle leggi che regolano lo sciopero come riferimento non alle norme da emanare ma a quelle già esistenti. Giugni, Sciopero cit., 2. Per una ricostruzione dell’operato della Corte v. G. Suppiej, Trent'anni di giurisprudenza costituzionale sullo sciopero e sulla serrata in Riv. It. Dir. Lav., 1989, I, 25ss.

[11] Corte Cost. 9 maggio 1960 n.29 in Mass. Giur. Lav., 1960, 173.

[12] Corte Cost. 17 luglio 1975 n.222 in Foro It., 1975, I, 1569.

[13]L'argomentazione della Corte non è affatto nuova, ma si ricollega a quella che nel periodo antecedente all’emanazione del codice penale aveva portato ad escludere la punibilità dei piccoli imprenditori senza dipendenti dalla sanzione dell’art. 21 l. 3 aprile 1926 n.563. Proprio per superare questa interpretazione restrittiva data dalla giurisprudenza si era reso necessario inserire nel codice penale una norma specifica, l’art. 506 c.p.; v. G. La Cute, op. cit., 232-233, spec. nota 17; D. Di Gravio, Giornalai: sciopero o serrata? in Giur. Merito, 1992, 356.

[14] Così come avevano ritenuto le ordinanze di rinvio alla Corte, sia quella della Pretura di Pontedera del 5/6/74, sia quella della Pretura di Paternò del 19/2/73. Peraltro, a seguito dell'abrogazione dell'art. 502 c.p., l'imprenditore con dipendenti poteva effettuare una serrata, sia pure solo per motivi contrattuali, mentre quello senza dipendenti, non potendo rientrare nell'ambito dell'art. 502 c.p., ne era paradossalmente escluso. Sebbene la sentenza abbia dichiarato l'incostituzionalità della serrata di protesta (art. 505 cp) attuata dai piccoli imprenditori senza dipendenti, la motivazione della decisione, parificando l'astensione di tali soggetti allo sciopero più che alla serrata, è tale da riflettersi  anche sugli artt. 503-504 c.p.

[15] E' stato efficacemente detto che, a seguito di questa sentenza, "uno stesso soggetto è contemporaneamente imprenditore per il diritto civile e lavoratore per il diritto del lavoro". G. Giugni, Lo sciopero e la serrata in La Stampa, 20/8/75.

[16] Corte Cost. 222/75  cit. Vi è da chiedersi se anche oggi sia necessario un numero minimo di piccoli imprenditori aderenti all'astensione per l'applicabilità della l.146/90, in quanto l'astensione di pochi piccoli imprenditori non è in grado di mettere in pericolo i diritti garantiti dalla legge. Ma a ben vedere la legge tende a prevenire il conflitto o comunque ad incanalarlo in una direzione "controllata", per cui nella fase preventiva non si può sapere quanti imprenditori aderiranno all'astensione.

[17] G. La Cute, op. cit., nota 57.

[18] Cass.29 giugno 1978 n.3278 in Foro It., 1978, I, 1626.

[19] Corte Cost. 53/86 cit.

[20] Il corrispondente reato di sciopero per fini politici è stato invece abrogato. Corte Cost. 17 dicembre 1974 n.290 in Foro It., 1975, I, 550 con nota di F. Santoro Passarelli e D. Zanchi. Per l’opportunità di estendere alla serrata la pronuncia di incostituzionalità G. Suppiej, op. cit., 35.

[21] Corte Cost. 15 dicembre 1967 n°141 in Foro It., 1968, 8. G. Pera, Serrata e diritto di sciopero cit., 69ss. Queste tre ipotesi sono sanzionate anche se compiute da piccoli imprenditori purché con dipendenti. Corte Cost. 24 marzo 1986 n.53 in Not. Giur. Lav., 1986, 293; Foro It. 1986, I, 2716 con nota di R. Santucci.

[22] G. Ghezzi, Serrata cit., 382, n.25. Diversamente dalle norme penali del codice che sanzionano la serrata in sé, anche quando non in grado di incidere su nessun diritto dei lavoratori (nell’ipotesi in cui la retribuzione sia comunque erogata) e dei cittadini, quando la protesta sia posta in essere da piccoli o piccolissimi imprenditori senza adesione massiccia all’astensione.

[23] Delibera della Commissione di Garanzia 10 dicembre 1992 sul blocco  degli autotrasportatori di merci; Delibera della Commissione di Garanzia 15 luglio 1993 per la distinzione tra imprenditori con e senza dipendenti. Corte Cost. 31/3/94 n.114 in Giur. Cost., 1994, 970.

[24] V. però L. Menghini, Le regole applicabili allo "sciopero" degli avvocati e le competenze della Commissione di Garanzia dopo la sentenza 171/1996 della Corte Costituzionale in Riv. Giur. Lav., 1997, 292; Corte Cost. 171/96 cit. Per l'estensione ai lavoratori parasubordinati F. Santoni, L'organizzazione e l'azione sindacale dei professionisti in Dir. Lav., 1999, 7 -8  con ampi riferimenti specialmente alle note 33 e 34.

[25] G. Ghezzi, Un'importante riforma tutta in salita: la disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali in Riv. Giur. Lav., 1999, 689.

[26] Corte Cost. 171/96 cit.; v. L. Menghini, op. cit., 291ss.

[27] L. Menghini, op. cit., 294.

[28] F. Santoni, Il potere sanzionatorio dei datori di lavoro nella legge 146/90: limiti applicativi e prospettive di riforma in Mass. Giur. Lav., 1999, 1018 anche per altri riferimenti alle note 49 e 53; L. Menghini, op. cit., 296; A. Vallebona, Lo sciopero degli avvocati sotto l'arbitraria mannaia della Corte Costituzionale in Dir. Lav., 1996, II, 154.

[29] Sebbene non tutte le argomentazioni relative agli avvocati potessero essere automaticamente essere estese ai piccoli imprenditori, come il fatto che l’attività non cessasse del tutto ma solo in parte. Il fatto che vi fossero forme anomale di sciopero, come rallentamento dei TIR o applicazione pedissequa delle leggi da parte dei farmacisti poteva comunque rientrare nella nozione di sciopero.

[30] Vedi le delibere della Commissione di Garanzia nei confronti  di farmacisti, autotrasportatori, gestori di impianti di distribuzione del carburante citate da G. Pino, La Corte Costituzionale e l’astensione dal lavoro degli avvocati: i margini di applicazione della l.146/90 e il dibattito in seno alla Commissione di Garanzia in Foro It., 1997, I, 1033. Per una critica al ruolo della Commissione vedi invece M.G. Garofalo, Del valore giuridico della proposta della Commissione di Garanzia ovvero del dovere professionale di essere "loici" in Riv. Giur. Lav., 1999, 714ss, secondo cui il ruolo della Commissione non è più quello di organo super partes ma di organismo di tutela degli utenti, come per le altre Autorità indipendenti.

[31] V. Filì, op. cit., 415. 

[32]Per gli effetti civilistici della serrata vedi F. Santoro Passarelli, Diritto di sciopero, libertà di serrata in Riv. Dir. Lav., 1960, I, 10; G. Prosperetti, Serrata, lotta sindacale e protezione dei lavoratori in Giur. Cost., 1960, 515ss; G. Pera, Lo sciopero e la serrata, in Nuovo Trattato di Diritto del Lavoro diretto da R. Sanseverino e G. Mazzoni, I, Padova, 1971, 669; G. Ghezzi, La mora del creditore nel rapporto di lavoro, Milano 1965, 198; L. Mengoni, Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano in Lo sciopero e la serrata, a cura della CECA, V, Lussemburgo 1962, 282ss. Inoltre, va considerata la scarsa rappresentatività dei sindacati dei lavoratori nel settore della piccola impresa.

[33] V. Fili, op. cit., 415

[34] Su quest'ultimo, non esistendo un preciso limite quantitativo, la valutazione è affidata all'interprete. Corte Cost. 22/12/89 n.570 in Giur. Cost., 1989, 2629 con nota di U. Apice.

[35] Sull'inadeguatezza del criterio della prevalenza del lavoro proprio e dei familiari v. C. Baccarani, Alcune valutazioni sul valore segnaletico del concetto di impresa minore in una prospettiva organizzativa in Risparmio, 1987, 25; V. Correnti, L'imprenditore in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, Torino, 1989, aggiornamento, 314; C. Trigilia, Tre equivoci sulla piccola impresa in Dir. Lav. Rel. Ind., 1990. 727.

[36] V. Correnti, Del piccolo imprenditore e dell'imprenditore occulto in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, Torino 1984, 205ss; V. Bigiavi, La piccola impresa, Milano 1947, 15; Ravà, La nozione giuridica di piccola impresa, Milano 1949, 55. Contra, S. Hernandez, Spunti critici in tema di dimensioni dell'impresa e diritto del lavoro. Regola della differenziazione e utilità sociale in Dir. Impresa, 1982, 62; Pannuccio, Impresa (dir. priv.) in Enc. Dir., XX, Milano 1974, 556; V. Bigiavi, op. loc. ult. cit.; Zanobini, Corso di diritto corporativo, Milano 1935, 73ss; Barassi, Diritto corporativo e diritto del lavoro, Milano 1939, 44ss; Riva Sanseverino, Dell'impresa in Commentario del Codice civile a cura di Scialoja - Branca, Libro V, Del lavoro, Bologna - Roma, 1964, 138.

[37] Sullo Statuto dell'imprenditore v. V. Correnti, Statuto dell'imprenditore in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, cit., 211; F. Galgano, Imprenditore in Digesto Comm., Utet, Torino, 1992, VII,1; G.F. Campobasso, La ricodificazione del piccolo imprenditore in Riv. Dir. Civ., 1992, I, 343.

[38] Sulla garanzia di liceità penale per le astensioni collettive di piccoli imprenditori v. A. Pilati, Il conflitto collettivo nell'area del lavoro autonomo in P. Pascucci (a cura di), La nuova disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, IPSOA 2000, 75.

[39] Artt.2 e 3 l.443/85. La legge è stata emendata dalla l.133/97 che ha previsto la possibilità che anche le società in accomandita semplice e quelle a responsabilità limitata, purché unipersonali, possano considerarsi artigiane.

[40] G.F. Campobasso, Diritto Commerciale, Il diritto dell'impresa, Utet Torino, 1992; M. Biagi, La nuova legge quadro sull'artigianato: appunti ricostruttivi e profili di diritto del lavoro in Riv. It. Dir. Lav., 1986, 493; M. Ferro, L'efficacia costitutiva dell'iscrizione all'albo delle imprese artigiana collettiva in Società, 1991, 192.

[41] Sulla l. 443/85 v. E. Romagnoli, L'impresa artigiana, Torino 1999; V. Vitaletti Bianchini, L'impresa artigiana dopo la legge quadro, Rimini 1990.

[42] In senso negativo, E. Romagnoli, op. cit., 74.

[43] Indicando ad esempio fino a che limite l'imprenditore artigiano può avvalersi di manodopera senza che il proprio lavoro non sia più prevalente rispetto a quello altrui. Come detto, il superamento di questi limiti vale ad escludere l'imprenditore dall'ambito dell'impresa artigiana, ma il rientrarvi non è sufficiente a farlo considerare artigiano, dovendosi comunque valutare i requisiti della prevalenza del lavoro proprio su quello altrui e sul capitale.

[44] Corte Cost. 53/86 cit.

[45] R. Santucci, op. cit., 2725-2726.

[46] P. Pascucci, op. loc. ult. cit.

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