Maria  Cristina  Magni

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La Famiglia degli Orsi

 

L A   F A M I G L I A   D E G L I   O R S I

 

C’era una volta una famiglia di orsi: papà orso, mamma orsa e i due orsacchiotti Pippo e Michele. Essi vivevano ai margini di una radura soleggiata, tra alte montagne, proprio al limitare di una grande foresta di conifere, dove un ruscello che scendeva dalle montagne formava un piccolo laghetto prima di sperdersi nuovamente verso la valle. Avevano una casetta piccola ma accogliente, tutti costruita con i tronchi di pino tagliati da papà orso nella foresta. Tutto, nella casetta, era fatto con i tronchi d’albero, alcuni grandi, per i pilastri e le fondamenta, altri più sottili, per le pareti, i mobili ed il tetto. Soltanto per i giacigli dei letti papà orso aveva utilizzato della morbida paglia, e d’estate mamma orsa vi stendeva sopra uno strato di fieno odoroso, e tra i tronchi del tetto e sopra di essi papà orso aveva legato altri fasci di paglia per renderlo impermeabile alla pioggia ed alla neve.

La vita scorreva tranquilla e regolare. D’estate il sole illuminava per tante ore la radura di fronte alla casetta, ed essa era per i due orsetti come un giardino incantato in cui razzolare, rincorrersi, nascondersi tra i pini al limitare del bosco, tuffarsi nel ruscello, rotolarsi nell’erba, acquattarsi dietro alle balle di fieno tagliato, addormentarsi al sole.

D’inverno scendeva tanta tanta neve, ma gli orsi erano abituati al succedersi regolare delle stagioni e non c’era pericolo che si facessero cogliere di sorpresa. Avevano scorte abbondanti per tutto l’inverno, soprattutto noci e nocciole raccolte da papà orso e radunate in un angolo della dispensa quasi a formare una montagnuola. Papà orso, mamma orsa e gli orsetti, quando nevicava, rimanevano per tutto il tempo in casa al calduccio. Dormivano moltissimo, in attesa del ritorno della bella stagione, e quando capitava loro di svegliarsi accendevano un bel fuoco nel camino, sgranocchiavano un poco di nocciuole e buttavano i gusci nel fuoco. Pippo e Michele facevano a gara a chi mirava meglio nel centro del falò e stavano a guardare incantati i gusci che bruciavano con fiammelle di colore verdastro e fumo azzurrino. Poi, sazi e contenti, si riaddormentavano.

Naturalmente succedeva a volte che Pippo e Michele si annoiassero a stare sempre chiusi in casa, e diventassero nervosi e bisticciassero per delle sciocchezze; si sa come sono i bambini, curiosi e sempre irrequieti. Queste scaramucce erano più frequenti sul finire dell’inverno, chissà, forse l’aria più tiepida che annunciava l’arrivo della primavera risvegliava precocemente l’istinto di avventura dei due orsacchiotti. Ma poi, per fortuna, arrivava sempre la stagione calda ed essi potevano finalmente dar libero sfogo alla loro energia.

L’estate era tutta un fiorire di iniziative: le passeggiate ai margini del bosco con mamma orsa in cerca di more, le nuotate nel ruscello, le corse da un capo all’altro della radura, gli incontri con altri orsetti, e le gare e le lotte a mettere alla prova e ad affermare la propria forza. Papà orso era sempre in giro per la radura e per il bosco: cercava tronchi d’albero per riparare la casetta, noci e nocciole per le scorte invernali, e soprattutto andava a caccia; tutti i giorni portava a mamma orsa e agli orsetti uno scoiattolo, o un picchio, o qualche altro animaletto da mangiare. Mamma orsa li arrostiva con cura e procurava sempre bacche fresche ed erbe odorose per un pranzetto prelibato. A volte gli orsetti trovavano in tavola anche un’arnia di miele.

Pippo e Michele, crescendo, erano sempre più curiosi e desiderosi di emulare papà orso. E questi di quando in quando li portava con sé a caccia. Insegnava loro a snidare piccoli roditori, a riconoscere i nidi degli uccellini, a fiutare le prede più grosse ed a non farsi tradire dal vento. Soprattutto insegnava loro a diffidare degli uomini, che avevano l’abitudine di cacciare gli orsi, ed a riconoscerne l’odore a distanza e fuggire. Sempre raccomandava loro di non allontanarsi da lui, perché la foresta era piena di insidie per degli orsacchiotti giovani ed inesperti come loro. Alla sera, quando rientravano con le prede catturate, si sedevano attorno al fuoco che accendevano nella radura, di fronte alla casetta, e mentre mangiavano papà orso raccontava a tutta la famiglia le favole e la storia degli orsi.

Ma un giorno Pippo e Michele, vinti dalla curiosità, decisero di avventurarsi da soli nel bosco. Era un mattino radioso, non una nuvola offuscava l’azzurro del cielo, ed il profumo delle conifere, portato dal vento era più penetrante che mai. Papà orso era a caccia da solo, e mamma orsa stava raccogliendo il fieno fresco per i giacigli. Pippo e Michele imboccarono il sentiero conosciuto, quello che tante volte avevano percorso con papà orso. Essere soli dava loro un senso di ebbrezza e di onnipotenza: dunque anch’essi ormai erano grandi, anch’essi potevano passeggiare nel bosco da soli senza pericolo. Si sentivano orgogliosi e felici. Forse avrebbero potuto catturare un picchio o uno scoiattolo. Già immaginavano e pregustavano i complimenti di papà orso e di mamma orsa. Ma la foresta è veramente piena di insidie per degli orsacchiotti giovani e inesperti. In un punto del sentiero il tappeto di foglie era particolarmente morbido e vellutato. Troppo morbido per un orso esperto, troppo dolce e vellutato per dei giovani orsetti. Pippo correva avanti, Michele lo seguiva a breve distanza. Ed ecco che Michele vide Pippo sprofondare nel terreno, sentì un tonfo sordo ed un pianto disperato.

“Michele ! Michele !"

“Pippo, Pippo, come stai ? Ti sei fatto male ?"

“Sto bene, ma qui dentro è tutto buio e non riesco a uscire ! Michele, aiutami !"

In quel mentre si sentì un grosso strepito, un vociare chiassoso, ed apparvero i cacciatori. Michele fece appena in tempo a nascondersi dietro a un grosso pino, e vide gli uomini prendere Pippo, tutto tremante e piangente, e rinchiuderlo in una robusta gabbia di legno. Dopodiché si allontanarono con la loro preda.

Quale fu la disperazione del povero Michele ! Piangente e terrorizzato si mise a correre a perdifiato verso casa, ed in lacrime raccontò tutto a papà orso e a mamma orsa. Quale angoscia anche per i genitori !

Scendeva la notte. Papà orso affidò Michele a mamma orsa, ordinando a entrambi di non uscire di casa, e si mise sulle tracce dei cacciatori. Seguiva l’odore del suo orsacchiotto Pippo e procedeva con cautela per non cadere a sua volta in una trappola. Ed ecco, cammina cammina, apparire sul limitare della foresta un piccolo lume. Papà orso si avvicinò con prudenza e finalmente vide Pippo, tutto piangente, in una gabbia sul retro della baracca.

“Pippo, stai tranquillo, sono io, il tuo papà."

“Papà, papà, aiutami, domani vogliono mangiarmi."

“Stai zitto, non far rumore, adesso ci penso io."

E con le zampe poderose divelse le sbarre della gabbia ed il piccolo Pippo poté uscire sano e salvo.

In fretta riattraversarono il bosco e giunsero alla loro casetta dove mamma orsa e Michele aspettavano con grande ansia. Grande fu la loro felicità nel trovarsi nuovamente riuniti. E fecero una grande festa e Pippo e Michele promisero solennemente a papà orso e a mamma orsa di non addentrarsi mai più da soli nella foresta.

 

 

 

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