Maria  Cristina  Magni

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Lucrezia e le Streghe

 

L U C R E Z I A   E   L E   S T R E G H E

 

Lucrezia è una piccola e ridente cittadina in collina, non troppo lontana dal mare, dolcemente appoggiata sulle pendici boscose dell' Appennino; alle spalle le cime dei monti la proteggono con un ampio semicerchio, di fronte la vallata lascia correre lo sguardo giù giù sino al mare, dove nelle giornate limpide l'azzurro dell'acqua si confonde con l'azzurro del cielo.

Il nucleo di Lucrezia conserva ancora l' antica struttura medioevale: le stradine si snodano strette e tortuose, un po' in salita, attraverso il borgo, per confluire infine sulla piazza del mercato che rimane ancora oggi il cuore pulsante della città. Al centro della piazza si nota immediatamente una fontana costituita da tre snelli delfini di pietra che si ergono dall'acqua appoggiandosi l'uno sul dorso dell'altro,  formando in questo modo una specie di giglio; tre vivaci zampilli sgorgano dalle loro bocche e si immergono nella vasca circolare in pietra. Questa fontana ha una caratteristica inquietante: di tanto in tanto  l'acqua che sgorga dalle bocche dei delfini assume un colore ruggine scuro, per stingersi poi di nuovo pian pianino in uno rosato sempre più leggero nelle poche ore che corrono dall'alba al tramonto.

 Tutt' intorno su tre lati della piazza corrono i portici, mentre sul lato sud si affaccia la chiesa di S. Lucia, la santa protettrice del paese, con la facciata a striscie orizzontali bianche e nere e il campanile slanciato sul lato sinistro. Di fronte alla chiesa sul lato nord si erge il palazzo del municipio, adorno di sculture in cotto sulla facciata e di eleganti bifore che guardano sulla piazza. E poi via via sotto i portici si susseguono l'ufficio del turismo, la farmacia, il tabaccaio, il giornalaio, il panettiere, il salumiere, il pescivendolo, il macellaio e, sul lato opposto della piazza, la libreria, i negozi di abbigliamento e le botteghe degli artigiani. Una volta, quando Lucrezia era ancora un piccolo borgo di pochi abitanti, la vita sociale del paese si svolgeva e si esauriva tutta intorno alla piazza; poi, quando l'abilità nel  commercio di tutti i generi di merce che è sempre stata una prerogativa degli abitanti di Lucrezia ha portato la città ad arricchirsi e ad ampliarsi sempre di più, sono sorte altre chiese, altri palazzi, altre botteghe, altre piazze attorno al vecchio centro, ma nessuna di queste è così animata e rispecchia il carattere versatile della città come la antica piazza di S. Lucia.

Ai lati della chiesa di S. Lucia si aprono due strette viuzze che portano dietro all'abside, dove si trova un'ampia terrazza; una lunga panca in pietra si appoggia alla balaustra affacciata sulla valle e tre ulivi secolari tutti contorti offrono un po' d'ombra nei mesi estivi quando il sole picchia più forte. Gli abitanti della città hanno ancora l'abitudine di attardarsi sulla terrazza verso sera per riposarsi e commentare gli avvenimenti della giornata, fino a quando non sia del tutto buio e non si distinguano nitidamente le luci in basso sulla costa e quelle dei paesini sparsi qua e là un po' a caso sulle colline circostanti.

A volte tuttavia la cittadina prende un aspetto cupo e quasi sinistro: grandi nuvoloni neri si abbassano a nascondere la cima delle montagne, il mare e il cielo si fanno plumbei e il vento si insinua nelle viuzze strette del centro con un sibilo acuto. Allora le strade si vuotano e la solitudine, unita all' attesa della tempesta in arrivo, rende l'atmosfera allucinata e spettrale.

Fu proprio in un momento come questo che entrai per la prima volta nella città di Lucrezia.                

 

...  in  sospeso  ...

 

A volte le tempeste imminenti si allontanano e si dissolvono paghe dello spavento provocato, rinunciando allo sfogo naturale; rimane per l'aria un non so che di incompiuto, qualcosa che si è preparato e non ha potuto esprimersi, un senso di scampato pericolo ed una frustrazione strisciante di aspettativa delusa e di occasione perduta.

 


La  libraia

 

Donatella è magra, scattante, con due grandi occhi neri che spiccano su un viso affilato nascosto da una zazzera di riccioli scuri.  E' in un certo senso lo spirito animatore della libreria centrale, nella piazza di S. Lucia.  Sembrerebbe estranea senza la figura snella che sale su e giù per le scalette lungo gli scaffali, con i jeans blu scoloriti, i mocassini camoscio allargati, le maniche della camicetta sempre rimboccate, nell' eterna ricerca del volume desiderato.

Il segreto di Donatella è l'amore e la curiosità per i libri.  Non è più giovanissima ed ha letto e vissuto abbastanza da ricercare nelle storie di tutti i generi il senso dell' esistenza e delle emozioni.   Ama  in particolare la storia, la storia dei popoli e le biografie delle personalità, comprendere i personaggi  attraverso il tempo storico che li esprime e comprendere l'evoluzione storica e delle idee filtrate con lo sguardo dei grandi di ogni epoca.

Ama il ripetersi dei conflitti, su scala diversa e in condizioni diverse, ma secondo leggi che sembrano inalterabili. Donatella crede che la storia di ogni essere umano segua per lunghi archi di tempo la stessa parabola della evoluzione spirituale culturale e artistica dei popoli, secondo leggi che siano sostanzialmente sempre le medesime, le stesse che governano tutti i fenomeni naturali. Il suo è un approccio matematico alla comprensione della vita, anche se le variabili in gioco si chiamano istinto, emozioni, aspirazioni, sete di dominio, paura,  per i popoli come per l'uomo e per l'animale,  e non possono essere  quantificate e sommate come  numeri.  Piuttosto è utile comprendere i simboli attraverso cui esse si esprimono e le leggi che governano le rispettive relazioni.

Così come un ponte si regge sull'equilibrio di tutta la struttura e sulla ripartizione degli sforzi proporzionalmente alla robustezza delle parti portanti, le medesime leggi di equilibrio governano l'evolversi della storia, dei popoli, degli individui, di tutti gli organismi naturali e, se parliamo di equilibrio estetico, di ogni opera d'arte.

Donatella cerca allo stesso modo il proprio  equilibrio nelle relazioni umane e nelle vicende del mondo che la circonda. Il lavoro in libreria è il perno della sua vita: non se ne rende conto, ma è completamente intrappolata nella propria rete di relazioni; solo quando si lascia  andare a quattro chiacchiere, o salta su e giù per le scalette degli scaffali alla ricerca del volume richiesto, o si dedica alle piccole stupide cose quotidiane, dimenticandosi di comprendere, trova  i suoi unici momenti di libertà.

Donatella è intrappolata nella propria rete di amicizie, ma non ha più un amico. Ha cercato di comprendere gli altri e gli altri le sono sfuggiti, ha cercato di farsi capire ed ogni interlocutore ha colto solo una parte di lei. La società è piccola, ma le persone non si parlano più, e la personalità di Donatella che desidera dialogare con tutti ne è come frammentata. E' rimasta sola ed isolata ad interrogarsi su se stessa e sul mondo che la circonda, non ha più un amico.          

 

L' antiquario

 

Una volta  in realtà un amico lo aveva, credeva di averlo, nell' antiquario del negozio accanto. Non c'era confidenza, ma quel signore robusto dai modi rassicuranti che di tanto in tanto le offriva un caffè le pareva un punto di riferimento importante, una certezza su cui contare. Veniva spesso in libreria, si fermava a chiacchierare col padrone e a volte con altri avventori, e Donatella non poteva fare a meno di ascoltarlo di nascosto, senza parere, mentre riordinava le nuove pubblicazioni.

Le sembrava di trovare un'eco ai propri pensieri, non osava parlargli ma era sicura che l' antiquario avrebbe saputo capirla per intero, non osava interrogarsi sulla sua vita o domandarne in giro, ma non poteva fare a meno di osservarlo. Un padre immaginario, direte !  Forse, ma cosa volete, siamo tutti esseri umani e tutti abbiamo le nostre debolezze !

Il negozio dell' antiquario era ampio e luminoso, niente a che vedere con le botteghe polverose dei romanzi d'appendice. Vendeva pezzi rari, da collezione, e tutti erano ben esposti e valorizzati, ognuno con la propria storia ed il proprio certificato di garanzia. Tavolini intarsiati del seicento, tappeti persiani dell' ottocento, statuette in ebano ed avorio di provenienza africana, carovane d'ottone, che venivano evidentemente venduti facilmente  perchè sparivano e venivano rimpiazzati con buona frequenza.

Donatella indugiava davanti alla vetrina, la timidezza ed il timore della propria ignoranza le impedivano di entrare.  L' antiquario era lì, in caso di bisogno avrebbe comunque osato varcare la soglia.      

 

Il paese

 

Lucrezia è già una cittadina ma gli abitanti hanno preso un gran brutto vizio: hanno smesso di parlarsi. In realtà chiacchierano, spettegolano in lungo e in largo l'uno sull'altro, organizzano festicciole stupide in cui ognuno può esibire il proprio status sociale e le proprie conquiste economiche ed affettive, ma non si parlano più. Da un po' di tempo Lucrezia va declinando, il turismo è in crisi, i prodotti locali non si vendono come una volta, gli affari ristagnano, il tenore di vita diminuisce e su alcune famiglie alita lo spettro della povertà.

Ma i cittadini non si parlano più. E' stato talmente facile nei bei tempi andati creare il benessere di una intera città col lavoro individuale di ognuno nel proprio interesse che si è perso il senso della comunità, e nessuno riesce più ad immaginare un modello di convivenza e di sviluppo differente. Tutti badano ai fatti propri, tutti difendono i propri interessi, soprattutto ora che la cittadina è in crisi. Pochissimi sentono un senso di solidarietà verso gli altri e Lucrezia sta morendo soffocata,  economicamente,  spiritualmente,  emotivamente.

Il nuovo sindaco è un uomo d'azione, ha un sacco di idee brillanti su come ristrutturare la vita urbana, va organizzando comizi ovunque per raccogliere consenso, quel consenso che gli ha permesso di farsi eleggere. I "lucreziani"  (passatemi il termine per una volta, vi prego) attendono fiduciosi da lui i risultati che non riescono a raggiungere da soli, pochi si rendono di costituire essi stessi il tessuto vitale, il sistema nervoso della città.

Il nuovo sindaco ha una personalità autoritaria, poco incline ad ascoltare i suggerimenti dei propri collaboratori. Ha le idee molto chiare sui cambiamenti da imporre alla vita cittadina e desidera attuarle a tutti i costi. Pazienza se il bene collettivo dovrà sacrificare qualche individuo più debole, far fallire qualche piccola azienda,  il fine si sa giustifica i mezzi.

Il nuovo sindaco deve paradossalmente la propria fortuna proprio al clima di sospetto reciproco che si è instaurato da un po' di anni tra i cittadini. Egli è  uomo di molte relazioni e di molte conoscenze e tra le tante promesse ai suoi elettori c'è anche questa: chiarire chi sta attentando in modo oscuro alla prosperità ed alla sicurezza di Lucrezia.  Forse tutti in realtà stanno inconsciamente tramando, ma forse questa per ora è una ipotesi  sacrilega e fuori luogo.     

 

 

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