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IN PRINCIPIO FU
LOTTA CONTINUA .....
MARIO SALVI, "GUFO", 7/4/76 - 7/4/2004
Erano i primissimi anni settanta e portare i capelli lunghi non ci bastava
piu’.
Anche se la maggior parte della "comitiva" di Torrevecchia era formata da
studenti, era pero’ evidente che, andando avanti in questo modo, tra la
bisca e la cronica mancanza di soldi, la situazione ci avrebbe portato prima
o poi in galera.
E qualcuno di noi, per cosiddetti "reati comuni", quell’ esperienza l’ aveva
gia’ fatta.
Se dovevamo fare i "ribelli" tanto valeva farlo fino in fondo.
E ci presentammo nella neonata sezione di Lotta Continua di Primavalle, in
Via Pietro Bembo.
La sezione si chiamava "Mario Lupo" dal nome di un manovale edile, militante
di L.C., ucciso pochi mesi prima a Parma dai fascisti.
Qui i fondatori della sede, quasi tutti studenti del Liceo Mamiani e futuri
giornalisti di grido, ci accolsero come Gesu’ Bambino a Natale.
Avevano gia’ aggregato qualche anziano "coatto" che si era avvicinato al
gruppo nell’ esperienza carceraria, alcuni dei quali poi formeranno i Nap.
Ma un folto gruppo di giovani proletari della zona che arrivavano gratis, di
iniziativa loro, era veramente una manna dal cielo che non si aspettavano.
Per un po’ fummo esibiti dappertutto, conoscemmo Sofri e passammo molte
serate ospiti nella casa di Fulvio Grimaldi, a Trastevere.
Ci fecero persino fare la scorta a due militanti dell’ IRA irlandese, ospiti
del gruppo a Roma e che furono a loro volta esibiti a sorpresa in un comizio
a Piazza Esedra, tra la rabbia e lo sconforto dei militanti degli altri
gruppi extraparlamentari che, non avendo Grimaldi, non potevano contare su
certi contatti internazionali.
Ma francamente la disciplina di gruppo ci andava stretta ed anche se
qualcuno di noi aveva trovato il lavoro e la donna dentro Lotta Continua - e
la fame di reddito e di sesso era veramente notevole - cominciammo presto a
stancarci.
La scusa fu la vicenda dei fratelli Mattei, i due figli del segretario
missino che
morirono bruciati in un attentato alla loro casa il 16 aprile 1973.
Furono arrestati tre militanti di Potere Operaio, la cui sede era a pochi
metri sempre in Via Pietro Bembo.
A noi i potoppini ci stavano assai sui coglioni.
Anche se un paio di loro, tra cui Achille Lollo, venivano dai lotti di
Primavalle, in generale ci sembravano fastidiosi intellettualini borghesi
che giocavano alla rivoluzione.
Ma non avemmo un dubbio al mondo sul fatto che andavano difesi.
E invece arrivarono i big di Lotta Continua, Pietrostefani e Molinari, a
dirci di stare "defilati", che non c’era certezza dell’ innocenza di quei
tre.
In seguito L.C. rivide quella posizione e difese a spada tratta i potoppini,
ma per noi quella "dissociazione" era troppo. E ci defilammo del tutto.
Torniamo a Torrevecchia e mettiamo in piedi un "comitato di vigilanza
antifascista", facciamo una campagna contro un prete ungherese che aveva
portato in zona i suoi amici fascistelli della Balduina.
Nel giro di qualche settimana i fasci se ne tornano ai loro quartieri-bene,
qualcuno pure un po’ tumefatto.
Veniamo contattati da Stella Rossa, un gruppo marx-lenin-stalinista che
pero’ aveva la fissa dell’ antifascismo militante.
Ci garantiscono a parole di mantenere una certa autonomia e di collaborare
con loro alla vigilanza appunto antifascista.
Facciamo un po’ di raid a Balduina che iniziano con l’ attacchinaggio di
manifesti e finiscono con il lancio di uova sulle pellicce delle signore
della buona borghesia locale.
Poi cominciano a pretendere che vendiamo il loro giornale ai semafori ; il
loro grande capo, Vincenzo Calo’, si incazza pure se se ne vendono pochi.
In trasferta a Terni - facevamo pure questo - scuciamo la testa ad alcuni
fasci che ci avevano aggredito appunto ad un semaforo.
Mario Salvi, il "Gufo", e’ il piu’ bravo di tutti, a vendere giornali ed a
scucire teste fasciste.
Ma anche qui non se ne puo’ piu’, che ci hanno preso a cottimo ?
Facciamo in tempo a partecipare ad una occupazione di case insieme ad una
famiglia malavitosa della zona, i Belardinelli, ma ci sgomberano dopo una
giornata.
Poi il settarismo e lo stalinismo di Stella Rossa non lo sopportiamo piu’ e
sia pure gradualmente, uno alla volta ci sfiliamo.
Ad aprile del 1975, in seguito al belluino pestaggio della polizia ad un
presunto scippatore, scoppia una rivolta a Primavalle.
La polizia spara, ma appena scende la notte, le pistole compaiono anche
dall’ altra parte e una guardia finisce in fin di vita.
Noi siamo ormai "cani sciolti", ma trovarci a fianco dei "coatti" che
sparano e inneggiano alle Brigate Rosse ci fa decisamente un certo effetto
galvanizzante.
Ci sembra veramente, a pochi giorni dalla uccisione tra Milano, Torino e
Firenze di quattro compagni, che la rivoluzione - anche nella nostra zona -
sia ormai all’ ordine del giorno.
Mario e Tonino, un ragazzo sardo che poi morira’ di Aids, vanno alla
famigerata sede degli autonomi in Via S.Igino Papa.
Qui l’ambiente e’ assai diverso, piu’ genuinamente proletario, e poi quasi
tutti provengono dall’ anarchismo, la disciplina praticamente non esiste.
Un po’ alla volta ci aggreghiamo tutti.
Partecipiamo in massa, coinvolgendo molti "coattelli" di zona, al mitico
esproprio di dischi da Consorti in Viale Giulio Cesare.
Scopriamo poi che il comitato di Primavalle e’ il "braccio armato" dell’
autonomia operaia romana, siamo noi a sabotare le centraline della Sip in
difesa dell’ autoriduzione delle bollette, inseguiamo per i lotti gli
"staccatori" dell’ Enel, che essendo pure loro dell’ autonomia, non staccano
quasi mai la luce ai proletari che si autoriducono i costi.
In difesa del popolo angolano attacchiamo le linee aeree sudafricane in Via
Barberini e ci portiamo dietro pure quelli di Stella Rossa.
Mario partecipa pure all’ iniziativa contro l’ ambasciata iberica in Piazza
di Spagna, nel periodo in cui erano stati condannati a morte alcuni compagni
dell’ Eta basca.
La polizia spara ed uccide un passante, tra l’ altro cugino dell’ onorevole
Aldo Moro.
Mario torna a Primavalle esterrefatto e sconvolto.
Secondo lui l’ avventurismo dei Volsci e’ ormai inaccettabile, poteva morire
lui che era a pochi passi dalla vittima.
Decidiamo, scontando una significativa scissione interna, di rompere ogni
rapporto con Via dei Volsci e di attrezzarci per una iniziativa politica
solamente di quartierenvece arrivarono i big di Lotta Continua, Pietrostefani e Molinari, a
dirci di stare "defilati", che non c’era certezza dell’ innocenza di quei
tre.
In seguito L.C. rivide quella posizione e difese a spada tratta i potoppini,
ma per noi quella "dissociazione" era troppo. E ci defilammo del tutto.
Torniamo a Torrevecchia e mettiamo in piedi un "comitato di vigilanza
antifascista", facciamo una campagna contro un prete ungherese che aveva
portato in zona i suoi amici fascistelli della Balduina.
Nel giro di qualche settimana i fasci se ne tornano ai loro quartieri-bene,
qualcuno pure un po’ tumefatto.
Veniamo contattati da Stella Rossa, un gruppo marx-lenin-stalinista che
pero’ aveva la fissa dell’ antifascismo militante.
Ci garantiscono a parole di mantenere una certa autonomia e di collaborare
con loro alla vigilanza appunto antifascista.
Facciamo un po’ di raid a Balduina che iniziano con l’ attacchinaggio di
manifesti e finiscono con il lancio di uova sulle pellicce delle signore
della buona borghesia locale.
Poi cominciano a pretendere che vendiamo il loro giornale ai semafori ; il
loro grande capo, Vincenzo Calo’, si incazza pure se se ne vendono pochi.
In trasferta a Terni - facevamo pure questo - scuciamo la testa ad alcuni
fasci che ci avevano aggredito appunto ad un semaforo.
Mario Salvi, il "Gufo", e’ il piu’ bravo di tutti, a vendere giornali ed a
scucire teste fasciste.
Ma anche qui non se ne puo’ piu’, che ci hanno preso a cottimo ?
Facciamo in tempo a partecipare ad una occupazione di case insieme ad una
famiglia malavitosa della zona, i Belardinelli, ma ci sgomberano dopo una
giornata.
Poi il settarismo e lo stalinismo di Stella Rossa non lo sopportiamo piu’ e
sia pure gradualmente, uno alla volta ci sfiliamo.
Ad aprile del 1975, in seguito al belluino pestaggio della polizia ad un
presunto scippatore, scoppia una rivolta a Primavalle.
La polizia spara, ma appena scende la notte, le pistole compaiono anche
dall’ altra parte e una guardia finisce in fin di vita.
Noi siamo ormai "cani sciolti", ma trovarci a fianco dei "coatti" che
sparano e inneggiano alle Brigate Rosse ci fa decisamente un certo effetto
galvanizzante.
Ci sembra veramente, a pochi giorni dalla uccisione tra Milano, Torino e
Firenze di quattro compagni, che la rivoluzione - anche nella nostra zona -
sia ormai all’ ordine del giorno.
Mario e Tonino, un ragazzo sardo che poi morira’ di Aids, vanno alla
famigerata sede degli autonomi in Via S.Igino Papa.
Qui l’ambiente e’ assai diverso, piu’ genuinamente proletario, e poi quasi
tutti provengono dall’ anarchismo, la disciplina praticamente non esiste.
Un po’ alla volta ci aggreghiamo tutti.
Partecipiamo in massa, coinvolgendo molti "coattelli" di zona, al mitico
esproprio di dischi da Consorti in Viale Giulio Cesare.
Scopriamo poi che il comitato di Primavalle e’ il "braccio armato" dell’
autonomia operaia romana, siamo noi a sabotare le centraline della Sip in
difesa dell’ autoriduzione delle bollette, inseguiamo per i lotti gli
"staccatori" dell’ Enel, che essendo pure loro dell’ autonomia, non staccano
quasi mai la luce ai proletari che si autoriducono i costi.
In difesa del popolo angolano attacchiamo le linee aeree sudafricane in Via
Barberini e ci portiamo dietro pure quelli di Stella Rossa.
Mario partecipa pure all’ iniziativa contro l’ ambasciata iberica in Piazza
di Spagna, nel periodo in cui erano stati condannati a morte alcuni compagni
dell’ Eta basca.
La polizia spara ed uccide un passante, tra l’ altro cugino dell’ onorevole
Aldo Moro.
Mario torna a Primavalle esterrefatto e sconvolto.
Secondo lui l’ avventurismo dei Volsci e’ ormai inaccettabile,. Ma le cose non sono chiarissime.
Per alcuni questa scelta non nasconde secondi fini, per altri invece si
tratta di favorire scelte "piu’ avanzate", di clandestinita’ e di lotta
armata.
Nel quartiere hanno preso piede i Nap, gruppo armato di ex carcerati, grazie
anche ai favori della gia’ citata famiglia Belardinelli che garantisce
appoggi logistici e non solo.
Ed alcuni ex appartenenti al nostro comitato, usciti prima del nostro
arrivo, hanno dato vita insieme ai resti di Potere Operaio alle Fac, altro
gruppo armato che opera soprattutto contro sedi della Sip, ma in modo assai
piu’ pesante di come facevamo noi con i Volsci, e che poi, con la calata a
Roma di Mario Moretti, confluiranno nelle Brigate Rosse.
Come dicevo, la confusione e’ tanta.
Miliucci, il "caid" di Via dei Volsci, viene a Primavalle per convincerci a
rientrare con loro.
Non ci riesce , ma qualche dubbio riesce a seminarlo.
Per cui, quando dopo pochi giorni viene indetta una manifestazione in difesa
dell’ anarchico Marini, un compagno di Salerno processato per essersi difeso
da un aggressione di fascisti, alcuni di noi dimenticano i propositi di
limitarci all’ attivita’ di quartiere e vanno a Campo de’ Fiori all’
appuntamento.
Tra questi Mario Salvi, il "Gufo", il nostro amico di infanzia.
E’ il 7 aprile 1976, Mario viene ucciso con un colpo alla nuca da una
guardia carceraria, Domenico Velluto, in servizio presso il vicino Ministero
di Grazia e giustizia, contro cui erano state gettate delle molotov.
Quella data segna per tutti noi uno spartiacque.
Da quel momento da decine diventiamo in quartiere centinaia, viviamo il 1977
sulle barricate al centro di Roma ma anche nella nostra zona.
E muoiono, nel 1977, altri due compagni della zona, Giorgiana Masi e Walter
Rossi.
Poi le cose vanno come vanno, qualcuno finisce nelle B.R., qualcuno nell’
eroina, qualcuno nella cosiddetta "delinquenza comune", altri ridanno vita
ad esperienze di "autonomia operaia" tuttora esistenti nel quartiere, la
maggior parte "cresce" e ritorna "nel privato", qualcuno diventa pure un
"pezzo grosso" del PCI o del sindacato.
Ma questo e’ il dopo, e’ un’ altra storia.
Non c’e’ dubbio pero’ che per un intera generazione di giovani proletari di
Torrevecchia e Primavalle, la vita viene scandita in un "prima" ed un "dopo"
la morte di Mario Salvi.
Cosa rimane oggi, a ventotto anni di distanza, di quei fatti ?
La targa nella piazza, intitolata a Mario, che tutti ancora chiamano cosi’
anche se il comune continua a dedicarla ad un papa tra i peggiori della
storia.
Una lapide di metallo, ormai del tutto arrugginita, in Via degli Specchi,
dove il "Gufo" fu ucciso.
L’ omaggio dei fiori che tutti gli anni i compagni della zona fanno a quel
ragazzo di quasi trenta anni fa.
Ma credo, nonostante tutto, che rimanga anche qualcosa di molto piu’
profondo.
Quel "filo rosso" della memoria antagonista, quel fiore - nel senso maoista
del termine - che tutti siamo tenuti a coltivare.
Mario, Giorgiana, Walter e tanti altri.
Chi si ricorda piu' di Giuliano e Romolo, uccisi per non essersi fermati ad
un posto di blocco ?
Di Sandro che si e' suicidato perche' convinto che gli uomini di Dalla
Chiesa stessero per venire a prenderlo e non era nemmeno vero ?
Di Tonino, di Nicola e di un altro Mario morti di eroina ?
Del tunisino Ali' ammazzato di botte nel commissariato di Primavalle ?
Di Elena ferita dai fascisti e morta un anno dopo ?
Di Paolo che cammina ancora zoppo per le pistolettate della polizia in
Piazza Indipendenza ?
Di Nino tornato fuori di testa dal servizio militare e che, ancora adesso,
fa il barbone ?
Storie brutte, quasi una strage in quel gruppo di capelloni che andavano in
bisca e sentivano a palla i Pink Floyd in quei primissimi anni settanta e
dopo si erano messi in testa di fare la rivoluzione !
Un filo tragico che porta ad altre vite, piu' recentemente stoncate, Carlo
Giuliani e Dax, in nome degli interessi del capitale.
La lotta continua anche nel loro nome !
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