Da un ricordo di
Lino Monchieri, dirigente (scomparso) della Editrice La Scuola
Gherardo Ugolini è nato a Padova il 6 gennaio 1885. Nella città veneta il
padre, lo scienziato naturalista marchigiano Ugolino Ugolini, insegnava e vi
aveva conosciuto Elisa Revere, discendente diretta del poeta patriota mantovano
Giuseppe Revere.
Per motivi politici — il padre fu ardente repubblicano — la famiglia dovette
trasferirsi nel 1894 a Brescia dove Gherardo, più appassionato per le
lettere che per la routine scolastica, non terminò il liceo. Dal momento che le
sue preferenze erano per la pedagogia, Gherardo si preparò e si abilitò
all’insegnamento elementare. Aborriva la scuola “burocratica e opprimente", per
questo cercò di introdurre nell’insegnamento ciò che a lui fosse piaciuto, più
come scolaro che come maestro.
Le sue idee pedagogiche, anzi il suo metodo, si possono fissare in poche parole:
l’arte come strumento d’educazione. All’arte spalancò le porte della scuola.
Tutta l’arte, però: la musica, il disegno, la poesia, il racconto. Era convinto
che il ragazzo è più sensibile alla rappresentazione che ai sermoni. Comprende
meglio il bene mediante il bello. Così per il fanciullo, come il popolo.
Per questo si mise a studiar musica per suo conto. Compose lui stesso i canti
per gli alunni della sua scuola. Adattò e trascrisse musiche classiche e rinnovò
il gusto della polifonia mediante l’uso dei canoni.
Durante la prima guerra mondiale, alla quale partecipò come ufficiale, considerò
sempre il plotone o la compagnia, piccole comunità da “educare “. Intrattenne i
soldati, nei periodi di riposo, con rappresentazioni teatrali e concerti
bandistici, e formò in loro la coscienza al bene e il gusto delle cose belle.
Dopo la guerra si fece iniziatore del movimento operaio “Amici dell’arte “,
continuando a curare l’educazione del popolo mediante l’arte, con
l’organizzazione di concerti, di conferenze, di visite a musei, di escursioni
naturalistiche, di gite istruttive, di incontri culturali, di sedute in
biblioteca, eccetera. Il movimento fu stroncato con l’avvento del fascismo.
L’attività di
Gherardo Ugolini si trasferì allora, completamente, nel campo della scuola.
Prima a favore della sua classe, poi di tutti i ragazzi delle scuole d’Italia,
concepì e realizzò le due collezioni "I grandi poemi dell’umanità e le favole
dell’infanzia del mondo" e "I santi e gli eroi nella storia e nella leggenda". I
quattordici volumi, pubblicati nell’ordine che segue, riscossero un successo
senza precedenti. Col plauso della critica, vennero le testimonianze degli
insegnanti. La validità della formula, riscontrata nell’interesse suscitato nei
ragazzi, riaffermò nell’Autore il proposito di avviare la letteratura giovanile
lungo i sentieri dorati del classicismo. L’opera dei grandi poteva e doveva
essere accostata ai piccoli e al popolo. Soltanto così si proponevano alla
immaginazione dei lettori gli esempi dei Personaggi mitici e storici che
aiutassero la formazione dei giovani a una consapevolezza maggiore delle proprie
capacità umane e sociali, in ordine a quei valori perenni che soli sono il
fermento e la base di ogni civile convivenza, di ogni reale progresso.
Con questa nobile fatica, Ugolini scrittore si fece Educatore. La sua opera è
veramente meritoria e si inserisce, con prepotente vitalità, nella storia della
narrativa per l’infanzia.
Quattordici libri, quattordici capitoli di una vita intensamente spesa a
beneficio dell’educazione:
i.
Il paziente Odisseo; 2.
Sigfrido e l’anello; 3. Il padre Enea; 4. Achille e Patroclo; 5. Il piccolo
Dante; 6. Gli Argonauti; 7. Ariele; 8. Il ritorno del re Agamennone; 9.
Percivalle; 10. Orlando a Roncisvalle; 11. Aurora d’aquila; 12.
Davide re; 13. La storia del Precursore; 14. Augusto.
In questi libri l’Autore, — contrapponendo alle favole nordiche delle fate,
degli gnomi, degli orchi e delle streghe, le favole mediterranee immensamente
più ricche di colori e di fantasia —, si preoccupa costantemente di suscitare
nell’animo del fanciullo il desiderio di una vita più nobile, più forte e più
gentile; una vita di bontà, religiosamente intesa, nutrita dalla contemplazione
di fatti mirabili la cui veste fantastica nasconde verità morali feconde di
bene.
Ma bisognava anche richiamare l’attività dei fanciulli e dei ragazzi ad una
partecipazione personale alla vita artistica, perchè l’arte non soltanto è
contemplazione, ma anche azione.
Contrastato dal clima politico, per cui bisognava fascistizzare tutto ad ogni
costo, non badando tanto al contenuto quanto all’etichetta, l’Ugolini riusciva a
stento nel 1926 a pubblicare un periodico quindicinale per
gli alunni delle
scuole elementari intitolato "L’arte dei piccoli". Quasi subito sequestrato per
inframmettenze politiche e poi permesso sotto condizione che non una copia si
vendesse entro la provincia di Brescia, il periodico sopravvisse difendendosi
grazie al sottotitolo «per lo studio del linguaggio grafico infantile ».
Raccogliendo i contributi grafici dei ragazzi, stimolando la loro attività nel
campo dell’espressione, "L’arte dei piccoli" durò fino al 1935, fino cioè al tempo
della spedizione africana d’Etiopia. Nacque allora e gli successe la
pubblicazione mensile « La biblioteca dell’arte dei piccoli ». Ma anche quei volumetti furono sorvegliati attentamente dalla polizia. Gherardo Ugolini fu
chiamato un giorno dal Questore di Brescia, allarmato per il titolo di uno di
quei volumetti: « L’albero antico ». Il funzionario, zelante interprete delle
superiori disposizioni, temeva si trattasse di un albero di Natale,
proibitissimo allora, e di cui non si doveva in nessun caso far cenno...
La biblioteca durò fino al 1941, e i quaranta volumetti costituiscono ora
un complesso di indiscutibile valore psicologico.
Destinato, con
l’ispettore centrale Francesco Bettini, alle scuole della Dalmazia, Gherardo
Ugolini, l’8 settembre, giorno dell’armistizio, fu catturato a Sebenico. Con
lui, fu fatto prigioniero il figlio quindicenne, che aveva raggiunto il padre
dopo il 13 settembre 1943, attraversando l’Italia e la Dalmazia, in mezzo
agli orrori di quei giorni. Deportato in Germania nei pressi di Lerigen,
nell’Hannover, Ugolini diventò mandriano in una fattoria. Frutto di questa
singolare esperienza è il racconto autobiografico "La signorina Weiss" pubblicato
a puntate su «Scuola Italiana Moderna». Dopo altri otto mesi di Lager nel campo
di concentramento di Versen, Gherardo Ugolini trascorse gli ultimi tempi della
liberazione, fino al rientro in Patria, aiutato in tutti i modi dalla
popolazione cattolica e dagli insegnanti del luogo, per mezzo dei quali potè
avere libri e quaderni.
Gherardo Ugolini aveva già
scritto nel 1934 "Castelrotto e i suoi maestri", un romanzo di vita
magistrale e di guerra del 1914-18 e "Settima B" un romanzo documentario
degli anni 1935-36. In prigionia, scrisse nella sua stanzetta di
mandriano, "S. Maria di Valle Verde", la storia della sua permanenza in Dalmazia,
tra scuole e maestri, patrioti e crudeltà, delusioni e speranze.
Nel 1945 uscirono "Saverio e il drago" nella collezione "Incontro al sole",
una lucida storia di adolescenti che si fanno uomini giocando alla guerra
ai margini della
bufera e "I racconti eucaristici", una delicata raccolta di episodi veri, narrati
ai fanciulli che si preparano a ricevere la prima comunione.
Due opere di narrativa, vigorose e significative, furono "Minerva a passo di
strada" e "Romanzo della mia scuola", più che ai ragazzi rivolte agli educatori, ma
ricche di figure infantili. Con questi due libri, Ugolini maestro rivela il
dissidio tra la poesia e la vita, il contrasto, sia pure rappresentato a tinte
amaramente umoristiche, tra l’aspirazione ardente dell’educatore che combatte
con forze inadeguate e la esiguità dei mezzi dì cui dispone un’Italia anche
spiritualmente poverissima.
In quei due libri — reazione dei poveri diavoli in tempi di rumoroso orpello
imperiale — il maestro è sempre un essere buono ma destinato, forse per questo,
a continui insuccessi; è un cavaliere antico che combatte contro i mulini a
vento; è un don Chisciotte della cavalleria pedagogica che non sa rinunciare
alla gloria di una irraggiungibile Dulcinea.
Nello stesso tempo l’Ugolini collaborava assiduamente sui periodici
dell’editrice “La Scuola”. Celebre la sua rubrica sulla rivista dei maestri
S.I.M., “Poesia e vita”, firmata Maestro Pellegrino. Altrettanto famose le sue
impeccabili “Ispezioni a distanza”, ricche di tanta umanità e rivelatrici della
sua anima appassionata.
Oggi ancora ricordano, nella scoletta rurale nei dintorni di Brescia, la sua
opera di maestro, certo assai più faticosa e sfibrante di quella dello
scrittore, destinata per via indiretta all’educazione dell’infanzia.
Ma di Gherardo Ugolini non possiamo dimenticare le letture «Primo sole» per le
cinque classi delle scuole elementari, pubblicate dal 1946 al 1949. L’Autore,
considerando come il più valido strumento d’educazione l’arte, se coi «Grandi
poemi dell’umanità» e con «Le favole dell’infanzia del mondo» contrappone alle
fantasie nordiche le ricche e solari vicende dei favolosi eroi mediterranei; se
con I racconti e le fiabe moltiplica i più vari motivi che ridestano la
coscienza morale della vita e il senso religioso della nostra missione; con
"Primo sole" portò ai fanciulli, sui banchi stessi della scuola, un raggio di
bontà e di elevazione, perchè sentissero la Provvidenza e la presenza di Dio sul
loro cammino.
Lasciamo, ora, ai critici e al tempo la valutazione della sua opera. Noi, che
gli abbiamo lavorato accanto per anni, che lo abbiamo ammirato e amato,
rinnovando il suo ricordo e richiamando la Sua opera, non possiamo che
riconoscere in Lui i tratti dell’Uomo fedele alla Scuola, ai Maestri, agli
Alunni, per i quali ha dato il meglio di sé.
Per questo c’inchiniamo, riverenti, alla Sua memoria.
LINO MONCHIERI
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