Style Napoléon III

Nel 1857, dopo decenni di imperial-regie esitazioni, vennero abbattute le antiche mura di Vienna. Si fece al loro posto un anello di viali, il Ring, e lo si volle abbellire con nuovi edifici pubblici per i quali vennero indetti concorsi. Fra questi il Teatro dell' Opera.

Come nelle grandi "esposizioni universali" si accumulavano l'una vicino all'altra le merci più notevoli della produzione industriale, così gli architetti Eduard van Der Nüll e August Sicard von Sicardsburg collezionarono in esso il meglio di epoche storiche e discipline artistiche diverse, nutrendosi dei rinascimenti italiano e francese e chiamando a collaborare a dozzine pittori, scultori e stuccatori, artisti e artigiani di ogni specie. Ne risulta una versione fantasiosa e un pò pesante dello storicismo romantico, subito accusata di mancare di stile dai fautori di uno storicismo più rigoroso. Anche la vera novità costruttiva, la struttura portante in ferro, resta confusa nell'ipertrofia di una decorazione in cui quantità e qualità sembrano equivalersi. Non è casuale che questo particolare periodo dell'architettura viennese sia stato relativamente poco studiato e che i critici di questo progetto sappiano più facilmente dire ciò che esso non è o non ha. L'architettura sfocia nell'eccletismo. Vengono create in questi anni tante diverse tipologie: alberghi banche biblioteche borse ministeri musei scuole università ecc. Le parti più "teatrali" di questi edifici saranno i famosi scaloni monumentali dove la folla stessa -vera protagonista della metropoli- si da come spettacolo. La vera novità formale è proprio l'assemblaggio di componenti diverse e non necessariamente coerenti. Anche nei progetti urbanistici del concorso per il Ring gli edifici vengono messi ora qua e ora lá, come in un gioco di bussolotti. Questa operazione metterà comunque in essere grandi meccanismi speculativi (dei quali lo stato è fra i primi a servirsi). Nascono le prime società immobiliari.

Il Ring sta ai boulevards , come il Teatro dell'Opera di Vienna all'altro nuovo, grande teatro d'Europa: L'Opèra . Questi edifici "trionfali" segnano l'ultima evoluzione della tipologia del teatro "all'italiana", che in questi anni conosce un'altra ondata di fortuna. Il sempre più frequente uso del ferro permetterà la realizzazione delle macchine gigantesche per il movimento delle scene, delle quali sembra oggi che ogni teatro che si rispetti non possa essere sfornito, mentre spesso sono inutili.

Charles Garnier rispondeva con un motto di spirito all'imperatrice Eugenia, che associava sempre la parola "stile" a un Luigi e a un numero inferiore a 18 e lo rimproverava di non averne: "C'est du Napoléon III. E vi lamentate!" . Gli architetti viennesi appartenevano a un altro mondo: finirono ambedue suicidi, sconfortati -si dice- dal dubbio che il mitico Francesco Giuseppe condividesse critiche simili, piovute anche sul loro progetto.

Ma il palco imperiale rimaneva sempre vuoto. La coincidenza di due eclissi, quella della complessa struttura politica austroungarica con quella -più generale- dei valori che avevano governato la cultura europea, genererà una luce tutta particolare. "La civiltà finisce quando i barbari fuggono via". Dall' osservatorio viennese ci perverranno alcune fra le più attente e tragiche descrizioni dei pianeti novecenteschi che sollevano le opache maree del lavoro intellettuale "senza qualità", contro cui si tentò invano di erigere, in luogo delle vecchie mura abbattute, "una muraglia cinese", titolo di un famoso saggio di Karl Kraus, l'unico autore di una rivista che svolse un ruolo decisivo per la vita culturale viennese di fine secolo.

Il Teatro dell'Opera di Vienna venne distrutto nel '45 da un bombardamento americano. A nulla valsero allora le proteste degli architetti "impegnati". Esso venne ricostruito, all'inizio degli anni '50, con qualche moderata modernizzazione, nello stesso "stile" in cui era stato progettato.


©Francesco Sforza