Normativa di sicurezza

Il teatro greco in pietra, il modello principale del teatro occidentale, non prende forma al tempo dei grandi tragici, ma circa un secolo dopo, sotto Licurgo, e in conseguenza di un crollo delle tribune di legno sulle quali sedeva il pubblico, che provocò qualche decina di morti.

La propaganda razionalista che, a partire dal Settecento, il teatro ha fatto a se stesso, pretende che da esso si torni a casa "migliori". Nessuno andrebbe mai a teatro se esso non gli promettesse alcunché di "imprevisto": dove non è sgradita una spolverata di crudeltà, componente non secondaria dell'attrazione degli spettacoli, dai ludi gladiatori, alla corrida, all'acrobazia. Non solo il rischio corso dagli attori è attraente, ma anche, e sopratutto, il proprio. Una aspirazione fondamentale di ogni vero teatrante è quella di scuotere la sicurezza del pubblico, mostrando i lati nascosti di un avvenimento o di un azione, svelando col gesto ciò che la parola mistifica. Egli non può non desiderare, in cuor suo, che chi viene a vederlo ne ritorni a casa trasformato. E sa di poter contare, in questo, sulla sua complicità. Il più grande attestato di stima che egli si può aspettare è quello che qualcuno scelga la crudele via del teatro dopo aver assistito ad un suo spettacolo. Il teatro è dunque a buon diritto ritenuto un posto "pericoloso". Non per nulla i VV.FF. dichiarano che il più grave pericolo, dopo l' incendio, è il panico che esso genera. E "panico" è l' emozione di Dioniso, il signore di questi luoghi. Esso si propaga nel pubblico in base alla sua facoltà più teatrale: qualla mimetica. Non è la visione del pericolo che lo innesca, ma sopratutto quella di altre persone da esso già possedute.

La variabilità delle disposizioni di pubblico e spettacolo ha comportato l'abolizione della linea di boccascena. Ma vige a questo riguardo un esplicito divieto, che ha richiesto una deroga.

Art. 30 del Capo III della "Circolare 16"

L'articolo prescrive, tra l'altro, che:
"(...) la parte di edificio comprendente la sala e servizi relativi, deve essere completamente separata da quella comprendente la scena (...) mediante muro tagliafuoco che, partendo dalle fondazioni, salga ininterrottamente fino a m. 1 sopra la copertura più elevata. L'unica apertura ammessa (...) è il boccascena".Eccetera.
In base a tale articoletto, piccolo ma reso malvagio dal tempo e diabolico nei suoi effetti, all'ambiente teatrale è imposta una rigida spaccatura, che prende a modello lo spettacolo naturalista del tardo Ottocento, quello che teorizzava la presenza, fra gli spettatori e il pubblico, della famosa "quarta parete", quando si voleva presentare agli spettatori un mondo "vero" (il cinema era alle porte), separato da quello reale dalla cosiddetta "quarta parete". In quest'epoca, inoltre, le scene, dipinte su tela e illuminate con fiamme vive, a gas o ad olio, si incendiavano con frequenza. Quando l' esigenza di un "altro" mondo venne completamente soddisfatta dalle pellicole, gli uomini di teatro più sensibili predicarono la riunione di spettacolo e spettatori in un ambiente unico. Ma si trattava di una élite e nel frattempo si era formato un organo autonomo responsabile della sicurezza del pubblico, rigido nell'applicazione delle norme. Inoltre il fascismo, secondo la logica del "divide et impera", non prevedeva che le istituzioni incaricate di applicare le leggi dialogassero fra loro.

Tutti i progetti genuinamente contemporanei (possiamo segnalare in Italia il teatro Studio di Milano, progettato da Marco Zanuso e il teatro Del Vascello di Roma, progettato da Costantino Dardi; all'estero basti citare la Schaubühne di Berlino) entrano così fatalmente in rotta di collisione con una normativa ispirata all'idea di teatro che avevano i nonni dei nostri nonni.

Alcune considerazioni

Si presenta qui uno dei problemi fondamentali di una progettazione moderna. Il progressivo articolarsi, a partire dall'Ottocento, della normativa di prevenzione conduce a a formulazioni diametralmente opposte alle teorizzazioni teatrali novecentesche, che tendono a riunire pubblico e spettacolo in un ambiente unico, nel riaffermare il primato del teatro sulla riproduzione tecnica cinematografica, che li separa.

La pratica -come l'incendio del Petruzzelli, doloso e sviluppatosi nel teatro vuoto- insegna che ormai è altamente improbabile che un incendio si sviluppi in un teatro durante gli spettacoli, in presenza di tecnici fra i quali la sensibilità per la prevenzione è generalmente diffusa.

E' errato considerare la normativa di sicurezza una noiosa appendice di una pratica progettuale governata da altri criteri. Essa è la ragion d' essere originaria dell' edificio e il primo problema di una progettazione. Ma risente dell' epoca in cui venne emanata e può essere migliorata.