Documento del gruppo di lavoro MOBILITA'
del Comitato "Scienziati CNR per la Riforma" settembre 1998
 

 

a cura di:
Massimo Battaglia (Istituto di Medicina Sperimentale, Roma)
Domenico M. Pisanelli (Istituto Tecnologie Biomediche, Roma)
 
 
 

Sommario

Vengono illustrati e brevemente discussi alcuni aspetti della mobilità dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca, strumento indispensabile per favorire la libertà di ricerca ed il conseguimento di risultati di assoluta eccellenza, per creare sinergie con le diverse componenti del sistema pubblico della ricerca e con le imprese, e per agevolare la formazione professionale e l'aggiornamento scientifico. Vengono inoltre suggerite alcune linee d'intervento, sostanzialmente in accordo con il documento del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica sulle linee generali per il riordino del sistema nazionale della ricerca, ma parzialmente in contrasto con lo schema di decreto sul riordino del Consiglio Nazionale delle Ricerche recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri.
 

Introduzione

L'obiettivo primario del riordino del sistema degli enti pubblici di ricerca è favorire il conseguimento di risultati di assoluta eccellenza nei diversi settori della ricerca scientifica. Lo scopo del presente documento è dimostrare che la mobilità di chi fa ricerca, ed in particolare quella dei ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) può validamente contribuire al raggiungimento dell'obiettivo primario della riforma che prevede il riordino degli enti pubblici di ricerca (EPR).

La compartimentalizzazione che comporta la riorganizzazione degli EPR, indispensabile in qualche misura per un riassetto armonico e ordinato del sistema della ricerca, potrebbe portare alla formazione di strutture o raggruppamenti eccessivamente rigidi, con il conseguente pericolo di situazioni di ristagno culturale e scientifico. Proprio attraverso una corretta e illuminata gestione della mobilità queste forme di ristagno possono essere sconfitte sul nascere quando non addirittura prevenute.

D'altronde anche documento del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST) che presenta le "Linee per il riordino del sistema nazionale della ricerca scientifica e tecnologica" (relazione alle Camere del Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, Art. 18, comma 3, Legge 59/97, del 31 luglio 1997), d'ora in avanti "linee guida", prevedono "la valorizzazione del capitale umano, sia stabilmente inserito nelle strutture che in formazione presso le stesse, con azioni di mobilità e qualificazione professionale". Nella relazione introduttiva allo schema di decreto legislativo sul riordino del CNR approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 6 agosto 1998, d'ora in avanti "decreto sul riordino del CNR", si riafferma l'importanza della mobilità del personale tra enti, università e imprese. Le linee guida, il decreto sul riordino del CNR e altra interessante documentazione riguardante la politica della ricerca scientifica sono consultabili sul sito Internet del MURST.
 

Aspetti della mobilità

La competizione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica è oggi talmente intensa che per poterla affrontare con qualche possibilità di successo è necessario disporre di un sistema della ricerca solido e di qualità, ma sufficientemente agile da consentire di massimizzare la diversificazione e mettere in atto con prontezza strategie emergenti. In effetti, nella relazione introduttiva al decreto sul riordino del CNR viene messa in rilievo la necessità di semplificazione, flessibilità e autonomia organizzativa dell'ente.

In quali modi può la mobilità favorire la libertà di ricerca e allo stesso tempo il conseguimento di risultati di assoluta eccellenza? Attraverso la trasparente e libera consultazione dell'anagrafe delle ricerche dovrà essere finalmente possibile orientarsi tra le diverse competenze dei protagonisti della ricerca pubblica e individuare partner per possibili nuovi e originali progetti di ricerca. Ormai da decenni gli organi di ricerca del CNR inviano presso la sede centrale rendiconti e programmi scientifici e finanziari. Il materiale in essi contenuto è più che sufficiente per allestire una banca dati da inglobare in un'anagrafe delle ricerche che riguardi tutti gli enti pubblici di ricerca. Un esempio di banca dati di questo tipo è costituito dal CRISP, Computer Retrieval of Information on Scientific Projects, liberamente consultabile su Internet (www.nih.gov), che mostra i progetti finanziati dai National Institutes of Health statunitensi. Su questa base possono svilupparsi aggregazioni spontanee intorno a iniziative scientifiche atte a sfruttare in modo competitivo condizioni particolari del nostro Paese. Basti pensare, a titolo del tutto esemplificativo, ai numerosi progetti interdisciplinari realizzabili grazie all'enorme ricchezza di beni culturali, alle ricerche di paleobiologia nei confronti delle quali la straordinaria abbondanza di reperti archeologici ci pone in una posizione di evidente vantaggio rispetto agli altri paesi, alle possibilità di studio sui microrganismi termofili che ci offre l'abbondanza di zone termali, alle opportunità per le ricerche nel campo della biomedicina e delle scienze sociali offerte dalla particolare condizione d'invecchiamento della popolazione italiana. Nelle linee guida viene dato il giusto rilievo all'importanza dell'anagrafe delle ricerche, ma è preoccupante che di esso non venga fatto alcun cenno nel decreto sul riordino del CNR!

Non si può parlare di mobilità del personale di ricerca all'interno del sistema pubblico, senza riconoscere il ruolo fondamentale della ricerca universitaria, sia per la consistenza numerica del suo personale, sia per l'entità delle risorse impiegate. Le stesse linee guida affermano che: "La mobilità del personale di ricerca all'interno del sistema pubblico va fondata sulla mutua riconoscibilità delle diverse comunità scientifiche, che si traduce prima di ogni altra cosa nella progressiva omogeneizzazione delle procedure di reclutamento e di riconoscimento dei titoli di ricerca". E' auspicabile che tale omogeneizzazione renda ancora più naturale il passaggio, anche temporaneo, dal sistema universitario a quello degli EPR.
Tale osmosi dovrebbe migliorare l'efficacia complessiva del sistema ricerca, consentendo temporaneamente, da un lato, ai docenti universitari di dedicarsi a tempo pieno alla ricerca, e , dall'altro, ai ricercatori degli EPR di compiere esperienze didattiche che sono fondamentali per arricchire la propria professionalità.
La conoscenza approfondita dello stato dell'arte di una tematica, premessa fondamentale per lo svolgimento di un valido progetto di ricerca, garantisce che l'attività didattica svolta da un ricercatore di EPR sia di alta qualità. Le conoscenze possedute dai docenti universitari, d'altro canto, costituiscono un'importante premessa per il proficuo svolgimento di un'attività di ricerca a tempo pieno.

La mobilità volontaria e consensuale dei ricercatori può rendere più competitivo il nostro sistema della ricerca consentendo ad esso di affrontare con fiducia la crescente incertezza dell'innovazione e della tecnologia nei prossimi anni, libero da quelle logiche di profitto e di capitale che talora portano alla miopia tecnologica il settore dell'imprenditoria privata. D'altronde, il diverso modo di porsi della ricerca svolta nel sistema pubblico e privato nei confronti del capitale e del profitto rende questi due sistemi in gran parte complementari. Potrebbe arricchire i due sistemi di valori complementari ed operare attraverso importanti sinergie, e non soltanto facilitare il trasferimento tecnologico, una mobilità temporanea dei ricercatori degli EPR verso le imprese, con opportuni provvedimenti a salvaguardia della libertà di ricerca ma anche a favore dell'integrazione tra ricercatori pubblici e privati. Per ottenere i migliori risultati, un'iniziativa in tal senso dovrebbe essere preceduta da opportune azioni di sensibilizzazione degli ambienti pubblici e privati e di diffusione capillare dell'informazione sulle nuove opportunità offerte ai ricercatori pubblici e alle imprese. E' noto che il nostro Paese si trova in una situazione particolare per la presenza di numerosissime piccole e medie imprese che, anche se di successo, presentano un basso contenuto tecnologico, e sono perciò particolarmente vulnerabili ai pericoli dell'incertezza dell'innovazione tecnologica, specialmente in vista dell'ormai prossima impegnativa competizione con le altre imprese europee.

La mobilità è inoltre di fondamentale importanza per la formazione continua, in Italia e all'estero. Purtroppo non si sono ancora affermate importanti iniziative che favoriscono la formazione continua. è anzi piuttosto comune che, una volta strutturato, il personale venga scarsamente incentivato a mantenere un valido e continuo impegno culturale. Attraverso opportuni incentivi andrebbe favorita la consapevolezza culturale della necessità di formazione continua per mantenere un livello di conoscenze che ci consenta di partire da condizioni non inferiori a quelle degli altri paesi per affrontare le sfide della scienza e della tecnologia.
 

Linee di intervento

Un aspetto fondamentale per favorire la mobilità è limitare il più possibile gli ostacoli burocratici. In effetti le linee guida già prevedono di "verificare per gli enti pubblici di ricerca la possibilità di rendere più flessibili i limiti di organico oggi vigenti per il personale di ruolo, fermi restando vincoli generali e specifici di bilancio e quindi la capacità politica di programmazione della spesa", e il decreto sul riordino individua chiaramente tra le attività e finalità del CNR lo svolgimento e la promozione di attività di ricerca anche nel "quadro della collaborazione con la ricerca universitaria e di altri soggetti pubblici"

Quanto alla mobilità del personale di ricerca all'interno del sistema pubblico, le nostre raccomandazioni non si discostano dalle linee individuate dal MURST che ritengono opportuno "prevedere in linea generale la possibilità che università ed enti di ricerca scambino incarichi temporanei di ricerca e di insegnamento indifferentemente a professori e ricercatori universitari e ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca, assicurando funzioni corrispondenti pur rimanendo in ogni caso incardinati nelle amministrazioni di provenienza". Il decreto sul riordino del CNR considera invece, in modo alquanto limitativo, la mobilità del personale all'interno dell'ente, in caso di accorpamento delle strutture di ricerca, e all'esterno, attraverso la stipula di convenzioni, verso "altri enti di ricerca e istituzioni scientifiche nazionali e internazionali" nell'ambito di "progetti e iniziative comuni di ricerca di durata predeterminata" (Art.7). La mobilità con le università, in base al decreto sul riordino del CNR (Art.11), è disciplinata da apposite convenzioni e dagli statuti delle università; inoltre, è singolare e vessatorio nei confronti dei dipendenti del CNR che lo svolgimento per periodi predeterminati di attività di ricerca presso le strutture scientifiche delle università possa comportare, stando al decreto sul riordino, "una riduzione dell'orario di lavoro e della retribuzione"!
A sostegno delle nostre opinioni circa la mobilità temporanea dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca verso le imprese è l'ipotesi, espressamente indicata nelle linee guida del MURST, di "mettere a regime le nuove norme contenute nella legge 24 giugno 1997, n.196 (art. 14) sull'occupazione, per la mobilità dei ricercatori tra enti di ricerca ed imprese, potendosi disporre il distacco temporaneo ivi previsto anche senza un'apposita agevolazione pubblica e nell'ambito di convenzioni che ripartiscano il carico finanziario nel contesto di un progetto di ricerca, anche comune". Con il decreto sul riordino del CNR si concede all'ente la facoltà di "stipulare accordi e convenzioni, partecipare o costituire consorzi, fondazioni o società con soggetti pubblici o privati", in base a "criteri e modalità determinati con proprio regolamento" (Art.3), con il conseguente rischio di controversie sulla proprietà delle conoscenze e dei risultati e persino di conflitti d'interessi!

Infine, anche le nostre idee sull'importanza di favorire la mobilità per la formazione continua sono sostenute dalle linee guida del MURST, che individuano la necessità di "prevedere per tutti i ricercatori con specifiche competenze o particolari capacità, forme più ampie di congedo e/o incentivi per la riqualificazione professionale, per l'aggiornamento scientifico e per periodi di ricerca all'estero". Il decreto sul riordino del CNR si limita invece a indicare genericamente la possibilità per l'ente di "svolgere attività di formazione continua, permanente e ricorrente" (Art.2, comma e)!
 

Considerazioni conclusive

Come abbiamo visto, la mobilità del personale degli EPR può giocare un ruolo determinante per attuare la libertà di ricerca prevista a livello normativo, ma limitata da vincoli burocratici.
In piena sintonia con quanto già affermato nelle linee guida del MURST, riteniamo che la mobilità sia uno strumento fondamentale per assicurare il successo della ricerca, per creare sinergie con le diverse componenti del sistema pubblico e con le imprese, e per agevolare la formazione professionale e l'aggiornamento scientifico.
Il decreto sul riordino del CNR presenta tuttavia degli elementi che rispecchiano una interpretazione particolarmente restrittiva delle linee guida. è auspicabile che nella stesura definitiva del decreto sul riordino del CNR e dei relativi regolamenti attuativi i diversi aspetti della mobilità siano invece affrontati da una prospettiva ampia e illuminata, piuttosto che con angusto e oscuro piglio burocratico. Ci auguriamo che divenga una certezza la nostra speranza che, per il riordino degli EPR, la visione chiara dell'obiettivo di raggiungere risultati di assoluta eccellenza nei diversi settori della ricerca scientifica, guidi la mano del legislatore! Altrimenti un ulteriore peggioramento delle condizioni della ricerca scientifica e tecnologica, già gravemente compromesse dalla scarsa disponibilità di finanziamenti pubblici e privati (v. R.M. May. The Scientific Investments of Nations. Science 281:49-51,1998) rischia di portare il nostro Paese all'emarginazione in un ghetto culturale e all'isolamento nello stagno del "low tech".