onda
Le onde dei pensieri


Wireless – aprile 2001



Saturazione e innovazione


Ormai è evidente che ha poco senso parlare di “nuova economia”. Perché queste parole sono usate in così tanti significati diversi e confusi che non si capisce che cosa vogliano dire. E anche perché, mentre è vero che ci sono innovazioni profonde nei sistemi di comunicazione, ciò non significa che non trovino più applicazione i concetti fondamentali di economia e di mercato.

È accaduto con sorprendente frequenza, in settori oggi considerati “tradizionali”, che una rapida espansione fosse percepita come una tendenza lineare e che si facessero pesanti investimenti proprio nel momento in cui il mercato si avviava a un inevitabile assestamento o “maturazione” e perciò a una crescita meno veloce. È quasi inevitabile, a questo proposito, riproporre quella classica linea di sviluppo che è la “curva logica” o “gaussiana” – usata prima dai biologi e poi largamente applicata alle evoluzioni sociali ed economiche e allo specifico sviluppo di mercati, prodotti o servizi.


gaussiana

Il significato di questa curva è ben noto e comunque evidente. “Quasi tutti” i fenomeni hanno un inizio lento, una fase di forte accelerazione e poi un “assestamento” quando si arriva a una soglia di (relativa) “saturazione”. Uno dei problemi è che non è facile prevedere il tempo (quando avverranno i cambiamenti di fase) e la quantità (a quale livello dimensionale cambierà l’andamento).


Mi sembra il momento – proprio ora – di affrontare questo problema dal punto di vista del mondo wireless. Con qualche fondamentale distinzione.

Se parliamo in generale di connessioni (“via cavo” o “via etere“) non sembra che sia vicina alcuna “soglia” di assestamento. Il problema semmai è quali applicazioni e sistemi meritino maggiori investimenti e a quali mercati (cioè tipi di utilizzo) debbano essere destinati.

Ma la situazione è diversa in settori specifici: per esempio le telefonia cellulare. Si parla, suscala mondiale, di rallentamento delle vendite – ed è tutt’altro che sorprendente. Nuove strategie (molto diverse da quelle seguite finora) potrebbero aprire immensi mercati in quell’ampia parte del mondo in cui la “telefonia dei ricchi” non si può diffondere. Ma nei mercati evoluti – tipicamente l’Italia – è evidente che siamo vicini alla “soglia” in cui tutte le persone che desiderano avere un telefono “mobile” (e che se lo possono permettere) ce l’hanno. Il mercato sta per diventare “saturo”. Per i venditori di connessione si tratterà di difendere o guadagnare “quota” in un mercato “maturo”. Per i produttori di telefoni si tratterà di adattarsi al mercato (relativamente piccolo) della sostituzione o di puntare sull’innovazione. Per tutti si tratta di affrontare una concorrenza di prezzo su due fronti: da un lato l’inevitabile discesa di prezzi e tariffe, dall’altro la difesa di prezzi “non troppo bassi” offrendo valori tangibili di qualità e di servizio.

A questo punto si pongono alcuni grossi problemi. Uno di questi è il criterio con cui si definisce l’innovazione. In un sistema di imprese abituato a una crescita veloce, e all’imperversare di innovazioni artificiose e inutili, sarà forte la tentazione di continuare sulla stessa strada. Che nel “breve periodo” potrà forse registrare ancora qualche successo – ma in prospettiva si rivelerà un vicolo cieco.

Mi si perdoni quello che sembra, ma non è, un banale gioco di parole. In un mercato maturo occorre maturità nella gestione d’impresa e nelle strategie di mercato. Si parla molto di cutsomer empowerment (compratori più accorti ed esigenti) e non è una favola. Finora i fatti, in questo mercato, hanno dimostrato il contrario. Ma è poco credibile che l’imperio dell’offerta possa prevalere all’infinito sulle reali esigenze della domanda.

“Presto o tardi” il mercato dovrà assumere una fisionomia più realistica. L’innovazione dovrà puntare su ciò che è veramente utile e su una ragionata e concreta diversificazione. L’aggeggio o il servizio “avanzato” che è utile per alcuni non lo è per tutti. Si avvicina il momento in cui le mode forzate, l’innovazione fine a se stessa, i prodotti complessi “buoni per tutti” (e perciò utili a nessuno) non troveranno più mercato. L’inversione di percorso potrà avvenire in due modi. Per un intelligente cambiamento nella strategia delle imprese. O in modo più violento, con “assestamenti tettonici”, terremoti e crolli – come dimostra l’esperienza di tante discutibili avventure nella cosiddetta new economy. Credo che non ci sia alcun modo, almeno per ora, di prevedere quale delle due ipotesi si avvererà; né quando. O come si mescoleranno eventi dell’una e dell’altra specie. Ma una cosa mi sembra chiara: il cambiamento è inevitabile – e sarà profondo.


Giancarlo Livraghi   gian@gandalf.it




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