L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini
di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 16
Parole e concetti da abolire


Uno dei modi per rendere incomprensibile qualsiasi cosa (specialmente quando si tratta di una cosa nuova e, per molti, ancora poco conosciuta) è ricorrere a gerghi oscuri o parole di dubbio significato. Sono molte le terminologie poco chiare, e spesso usate a sproposito, che riguardano l’internet. Questi sono solo alcuni esempi degli errori più comuni.


“Ciberspazio“

Per molti anni il mondo della rete è stato descritto come qualcosa di disumano. Un luogo onirico-ossessivo popolato di androidi e robot che si muovono in uno spazio irreale; basato su varie forma di letteratura e cinematografia fantascientifica – e in particolare sulle geniali fantasie di William Gibson.

Si attribuisce a Gibson l’invenzione di un mondo immaginario chiamato “ciberspazio“, descritto in tre brillanti romanzi di fantascienza – Neuromancer (1984) Count Zero (1986) e Mona Lisa Overdrive (1988) – e in una serie di racconti pubblicati in una raccolta con il titolo di Burning Chrome (1986). Da più di dieci anni la vena di Gibson sembra essersi esaurita; i suoi libri successivi sono molto meno interessanti e neppure altri autori hanno prodotto opere di qualche valore basate su quell’ipotesi. In anni più recenti Neal Stephenson ha scritto interessanti libri di fantascienza in cui si parla dell’internet – come Snow Crash (1992) – ma usa un altro concetto per definire un universo artificiale e metaforico, che chiama metaverse.

In generale, credo che i ragionamenti sulla rete migliorerebbero se fossero definitivamente eliminate dal lessico tutte le parole che cominciano con “ciber“ (o peggio con “cyber“, che in italiano è un errore di ortografia). Non per un banale o pedante formalismo – ma perché quella terminologia tende a dare la falsa impressione che la rete sia un mondo separato e irreale.


“Virtuale“

Non ho mai capito bene che cosa voglia dire “virtuale“. La parola è di moda, ma sembra che nessuno ne abbia una definizione chiara. Fin dalle origini della nostra specie viviamo in mondi “virtuali“. Tutte le notti, in sogno; anche da svegli, nelle nostre fantasie. Tutta la letteratura, la musica, la pittura della storia umana ci hanno sempre trasportato in luoghi e situazioni diverse dalla nostra vita “fisica“ di tutti i giorni. Oggi ci sono nuove tecniche, consentite dall’informatica, per fare queste cose. Ma la sostanza non cambia; non più di quanto sia cambiata con l’invenzione della fotografia o del cinema. La parte più significativa della rete non sta in queste, sia pure interessanti, esplorazioni; ma nella possibilità che ci dà di raggiungere esperienze molto reali: fatti, opinioni, informazioni e persone. Che al primo incontro non possiamo vedere, né toccare; ma non per questo sono “virtuali“. Sono persone come noi, in carne e ossa.

Esistono simulazioni utili e serie; ma sono funzionali, non inutili barocchismi decorativi. Con le nuove tecniche possono nascere nuove espressioni artistiche; ma siamo ancora nella fase “infantile“, in cui ci si lascia trasportare dalla tecnica e si va alla ricerca del bizzarro – come accadde, per esempio, nel cinema ai tempi di Georges Méliès. Esistono ambienti di gioco e fantasia dove ci si incontra in spazi immaginari e con identità inventate; ma questa è un’evoluzione di usanze antiche, come le maschere di carnevale e i “giochi di ruolo“ ed è una piccolissima parte di ciò che accade in rete.


“Multimediale“

Da che mondo è mondo ci si esprime usando parole, musica e immagini. Non c’è nulla di nuovo, se non che possiamo divertirci a mettere insieme musica, immagini e parole usando il computer invece che il teatrino delle marionette. La verità è semplice: parecchi programmi, specialmente giochi, contengono immagini e musica. I più recenti sono talmente stracarichi di orpelli, spesso solo decorativi, da richiedere processori veloci e con abbondante memoria. Ciò non significa che sia ragionevole sostituire un computer perfettamente efficiente con una macchina di prestazioni più elevate solo per far giocare un bambino: è più pratico comprare una consolle.

Ma il problema è che la possibilità di usare suoni, immagini e movimento tende a prevalere sui contenuti. La tendenza a caricare un cd-rom o un sito web di orpelli e “giochi“ inutili è una delle più gravi malattie dell’editoria elettronica e della rete.


“Tante immagini straordinarie sul tuo schermo“

Con la diffusione della world wide web (vedi il capitolo 25) l’attenzione si è concentrata sulle immagini. Ma una delle cose più deludenti, per chi si affaccia in rete pensando alle “immagini“, è scoprire con quale esasperante lentezza (nonostante la crescente velocità delle connessioni) quelle immagini si formano sul monitor del nostro computer. Con un po’ di buon senso nella gestione dell’ingombro, l’internet può essere anche terreno di scambio di immagini (e, naturalmente, di musica). Ma l’elemento fondamentale rimane quella grande invenzione che ha cambiato la storia umana cinquemila anni fa: la parola scritta. Chi non trova nulla da leggere, o da scrivere, non rimane a lungo in rete.


“È facile“

Non è del tutto vero. O meglio, le difficoltà sono diverse da quelle che ci aspettiamo. Fatta la prima installazione e un po’ di esperienza pratica, usare i programmi e collegarsi non è difficile – nonostante i molti difetti del software che siamo costretti a usare e al modo spesso ostile e astruso in cui queste cose sono insegnate. (Vedi il capitolo 8). Ma la vera difficoltà non sta nelle tecniche di collegamento.

Una volta affacciati in rete, si tratta di capire dove andare... solo una buona dose di pazienza e di curiosità può far superare questo primo scoglio e guadagnare quella confidenza che non si può acquistare se non imparando, per gradi, a trovare i percorsi che vogliamo.


“Milioni, miliardi“

“Potrai incontrare in rete milioni di persone“. “Potrai leggere miliardi di testi“. Non è vero. Basta pensarci un attimo per capire che nessuno di noi riesce a dialogare in modo comprensibile con più di qualche decina di persone (vedi il capitolo 30) e che non basterebbero cento o mille vite per leggere tutto ciò che si può trovare online. Con un po’ di attenzione si impara presto che “navigare“ a casaccio non è utile, né interessante. L’importante è trovare i punti di riferimento e le persone che ci interessano – e, un po’ per volta, costruirci una rete su misura. Il che, all’inizio, non è facile. Si impara solo con l’esperienza. La novità c’è, ed è importante: possiamo dialogare tranquillamente con qualcuno che sta in Australia; e possiamo conoscere una persona interessante che magari abita a trecento metri da casa nostra ma che altrimenti non avremmo mai conosciuto. Questa è davvero la parte viva della rete.






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