L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini

di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 10
La rete è femmina


Due mesi prima dell’articolo citato nel capitolo precedente, nel novembre 1996, ne avevo scritto un altro, La rete è femmina, in cui parlavo delle donne in rete. Da allora le cose sono molto cambiate. Quattro anni fa negli Stati Uniti due su tre persone online erano uomini. In Europa, cinque su sei. In Italia, nove su dieci. Ma oggi in America ci sono più donne che uomini, in tutta l’Europa la presenza femminile sta a aumentando. In Italia le donne sono fra il 35 e il 38 per cento delle persone in rete e continuano a crescere; fra i “nuovi utenti” sono il 50 per cento.

Fin dalle origini delle reti le donne ci sono sempre state, spesso con una presenza molto attiva. Ma erano in minoranza. Per ragioni “storiche” derivanti dal modo in cui il sistema era nato. Ma anche per motivi di atteggiamento e mentalità. La comunicazione elettronica si era sviluppata all’inizio in alcuni ambienti influenzati da comunità scientifiche, come la fisica e l’informatica, che hanno una tradizionale prevalenza maschile. Ancora oggi i più appassionati in materia tecnica sono prevalentemente maschi. Negli Stati Uniti si è raggiunta la parità per quanto riguarda l’uso dell’internet, ma le donne che si occupano di informatica continuano a dire che si trovano a disagio in un ambiente “maschilista” e infestato da una maniacalità tecnologica che non condividono.

I cosiddetti hacker (che non sono necessariamente dediti a “penetrare” in sistemi altrui, ma possono essere semplicemente appassionati un po’ maniaci di tecnologie) sono quasi tutti maschi. Ancora oggi si nota fra i giovani (e non solo) che sono quasi solo maschi i “forti utilizzatori” di videogiochi e gli appassionati di computer. Le femmine sono, in generale, meno affascinate dagli aspetti tecnici e più interessate all’uso pratico del computer e della rete. Credo che a tutti noi, indipendentemente dal sesso, possa giovare una buona dose di “sano pragmatismo femminile”.

Ai tempi “leggendari” delle origini, quando c’era perfino chi dall’Italia si collegava al minitel francese, c’erano naturalmente (come ci sono oggi) molti maschietti online che cercavano di “rimorchiare”. Ed era noto che nella maggior parte dei casi quando compariva una donna “disponibile” si trattava di un maschio che si divertiva a prendere in giro gli altri. Ma il ruolo delle donne in rete è qualcosa di molto più importante e profondo di qualche schermaglia di corteggiamento. Mi sembra che oggi stiano cominciando a essere più evidenti alcune cose che scrivevo quattro anni fa.


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Sono convinto che, quando se ne sarà capito il vero valore, la rete si rivelerà ancora più utile per le donne che per gli uomini.

Il motivo è semplice. Anche se le disuguaglianze diminuiscono, le donne sono più spesso costrette a stare a casa. Per motivi ovvi, come una gravidanza o un bambino piccolo. Ma anche perché ricade più spesso sulle donne il compito di “badare alla casa” o doversi occupare di una persona che, per età o malattia, ha bisogno di essere assistita.

La rete permette a una donna di continuare, sia pure con un ritmo diverso, la sua attività di lavoro, di studio, di scambio culturale o semplicemente di relazione.

Si potrebbero fare discorsi più sottili sulla natura morbida, flessibile, avvolgente, non lineare della rete, cioè la sua femminilità... ma senza addentrarci in analisi filosofiche penso che bastino i semplici fatti per dirci che la rete è femmina.

Purtroppo nessuno sembra occuparsi seriamente di questo argomento. Ma presto o tardi dovremo capire, e far capire, che la rete serve soprattutto alle donne; e una loro più forte presenza sarebbe un bene per tutti.

Conosco parecchi casi concreti, anche in Italia, di donne che hanno trovato nella rete soluzioni particolarmente adatte alle loro esigenze. Per esempio signore separate e “con figli a carico” che avrebbero problemi difficili nel conciliare famiglia e lavoro se non fossero riuscite a svolgere una parte della loro attività online. Ma non solo... anche molte altre in diverse condizioni di esistenza.

Ora che c’è una più forte presenza di donne, speriamo che ci aiuti tutti a capire meglio i valori reali della rete. E usare più spesso quei percorsi mentali meno “lineari”, più istintivi e più concreti che (per fortuna) non sono un’esclusiva delle donne ma hanno un tono e una caratteristica “femminile”.


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Per concludere questo capitolo, vorrei “cedere la parola” a cinque donne. Le prime quattro sono autrici di libri pubblicati dallo stesso editore di questo. Ho chiesto a ognuna di raccontare come è entrata nella rete e come la sta usando. In ordine alfabetico... la prima è Alessia Ambrosini, che ha scritto Trademark online (è un libro sugli aspetti legali dei domain internet; sarà pubblicato in aprile).

“I computer” mi erano indifferenti fino al 1994, quando ho conosciuto il mio attuale “quasi-marito” – che li amava troppo, più di me – e ho cominciato a odiarli. Il futuro che si prospettava non era roseo: stavo per diventare una delle tante “vedove dell’informatica”.
E allora – mi sono detta – conosciamolo questo “grande nemico” e, se non possiamo sconfiggerlo, sfruttiamolo!
Ho cominciato alla fine del 1995, realizzando un piccolo sogno: pubblicare alcuni racconti (“purtroppo” solo online).
Nel frattempo ho approfondito le tematiche legate ai domini e presto mi sono laureata con una tesi sulla loro natura giuridica (ecco che sfruttavo ancora una volta l’internet). In seguito ho preso a lavorare per un provider... e la rete ha cominciato anche a “darmi da mangiare”. Poi sono venuti i primi articoli, i libri, le conferenze e le consulenze.. Ebbene sì, i computer e la rete mi hanno dato un lavoro... e anche buono.
Certo, amore non è... Ma se non puoi sconfiggere un “grande nemico”, alleati con lui e portalo dalla tua parte!


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Completamente diversa è la storia di Elena Antognazza, autrice di Web marketing per le piccole imprese e moderatrice di MLIST, la più affermata e frequentata area di discussione in Italia sul marketing nell’internet.

Ho conosciuto l’internet per caso sei anni fa, quando ancora se ne parlava pochissimo in Italia: l’aspetto che mi ha affascinata più di tutti fin dal principio è stata l’email. E non ho ancora smesso di scriverne. Ne ricevo diverse centinaia al giorno, e non è facile gestirle in modo ottimale.
Il motivo è semplice, la mailing list che gestisco è composta da più di 2000 professionisti del web che si scambiano ogni giorno decine di messaggi, passando attraverso la mia moderazione. “Lavoro” duro, non difficile in sé, ma per cui serve passione e una buona dose di “senso del servizio”, oltre che diplomazia. Ma che mi dà un punto di vista privilegiato su quello che succede in Italia, dalla viva voce dei protagonisti. Spesso mi hanno chiesto quale fosse il “business plan” di questa iniziativa e di altre liste che ho creato e gestito, la mia risposta invariabilmente è stata: “no business plan!” Se ci fosse un “business” o anche solo un piano, sicuramente la lista non avrebbe il successo che ha e io non riuscirei a gestirla con la necessaria serenità per portarla decisamente “super partes”.
Non potrei mai fare a meno dell’email. Spesso mi ritrovo a scrivere a persone con cui i contatti sarebbero pressoché impossibili, o troppo onerosi: l’amico di Washington, che ha un fuso per cui è difficilissimo trovare un orario che sia accettabile per lui e anche per me da questa parte dell’Oceano; l’amica di Londra con cui si scambiano email da almeno tre anni; ma anche gli amici che abitano nella mia città ma che per i ritmi frenetici che abbiamo non si riescono neppure a salutare di persona...


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Un’esperienza ancora diversa è quella di Sofia Postai, che è una delle persone più preparate e competenti in Italia nella progettazione di siti web e ha scritto il libro Siti che funzionano.

Ho imparato l’html (ho iniziato da lì) perché mi interessava sperimentare le possibilità narrative dell’ipertesto. Un amico mi aveva suggerito questo strumento per i miei esperimenti “perché non si sa mai, poi magari ti viene utile”. Era il 1995, non si trovavano libri né manuali. Facevo le mie prove accattonando brandelli di informazioni presso gli amici che ne sapevano qualcosa.
Dopo le prime prove ho deciso che l’ipertestualità non era adatta al raccontare (è una fatica – e una responsabilità – che deve accollarsi il narratore), però lo strumento mi piaceva molto. Frustrata dall’assenza di materiale informativo per imparare di più, mi sono comprata un modem e sono andata on line a cercarmi le informazioni.
Ho passato le prime settimane a guardare più codice che pagine... il primo sabato sono rimasta connessa 14 ore di fila.
Quello che mi affascinava era la possibilità di creare piccoli mondi. Che è poi quello che faccio ora (o almeno ci provo).
Sono stata una bambina che rompeva i giocattoli per vedere come erano fatti e ora ho questo immenso giocattolo sempre nuovo... che uso anche per cercare informazioni, per divertirmi, per restare in contatto con amici lontani, ma che resta ancora e soprattutto per me un bel gioco (che prendo molto seriamente, come i bambini).
Certo, se dovessi rinunciare alla rete, quello che mi peserebbe di più sarebbe non avere l’e-mail. Ma mi diverte l’esplorazione web.


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Alessandra Rossi, l’autrice della collana Perché internet – una serie di manuali sulla pratica dell’internet – definisce il suo uso della rete come «La cambio io la vita che non ce la fa a cambiare me».

Come mamma di due figli piccoli e consulente, avevo bisogno di un modello di vita molto flessibile e ricco di opportunità (per fatturare... ma anche per crescere bene i bambini) che ho potuto “cucirmi su misura e con le mie mani” grazie all’avvento dell’internet. Adesso con la rete raggiungo il mercato, i colleghi, le informazioni che mi interessano e con le quali interagisco, anche in tempo reale, dalla mia casetta nel verde della costa maremmana.
C’è da dire che non ci sono voluti pochi mesi, per farsi questo vestito, ma ne valeva la pena. E inoltre le competenze necessarie per muoversi bene e lavorare in rete vanno sempre aggiornate, per cui si tratta di investire molto e costantemente in “auto-formazione” e relazioni online. Ma, appunto, questa necessità professionale si sposa benissimo con la mia necessità di stare anche molto tempo a casa per seguire bene lo sviluppo dei miei altri “interessi prioritari”. Quando si riesce a gestire bene la propria vita personale si produce di più e meglio anche dal punto di vista professionale e credo fermamente che, per molte donne con figli, lavorare con la rete sia una vera e straordinaria opportunità di vita economica, sociale e culturale.


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Fin qui, hanno parlato quattro donne ormai esperte, che sono in rete da anni. L’ultima citazione è la voce di una “nuova arrivata”, che il 23 dicembre 2000 ha scritto a Puntonet, una rivista online. Vive a Buenos Aires e si firma con lo pseudonimo “Francesca”.

Il comportamento umano è una delle cose che risvegliano la mia curiosità; connettermi con persone sconosciute è per me come confrontare cervelli uno contro l’altro, se intuisci che l’altro cervello non ha niente di interessante o a volte è volgare, allora te ne vai. Non avevo la minima idea del fatto che in una stanza, chiamata “adult chat”, qualcuno potesse infastidirti. Mi ha dato molto fastidio, ho spento il computer e ho pensato che l’umanità è irrimediabilmente impazzita.
Ma non mi piace scappare. Ho pensato che certamente doveva esserci gente che come me aveva voglia di comunicare senza nessuno scopo speciale e sono ritornata alla carica. Questa volta più preparata. Nessuna persona educata continua a molestarti se capisce che non hai seconde intenzioni– e possono finire per raccontarti la loro vita.
Ho trovato una frase di un autore napoletano e ora non ricordo il nome; dice così: «L’importante è che ci sia sempre, per ciascuno di noi, quell’angolino per potersi dedicare a qualche cosa che non sia la pura preoccupazione del guadagnare o dello spendere». La rete è una specie di gioco? Possono o devono giocare le persone mature in un mondo dove devono correre tanto?
Io penso di si. Perché non pensare che un mezzo tanto straordinario come l’internet possa essere usato bene? E perché non metterci qualcosa di tuo? In alcuni momenti mi sono messa a ridere forte come non facevo da tempo.
Ho quattro figlie di 18, 23, 25 e 28 anni. Abbiamo una buona comunicazione fra noi. Però entrare nell’internet mi ha fatto anche capire meglio i tempi in cui a loro tocca di vivere, più difficili affettivamente di quelli che la mia generazione ha vissuto.
Ti ho detto perché ho scelto il nick Francesca? Il primo giorno che l’internet mi ha impressionata mi sono ricordata di Dante, l’immagine di Paolo e Francesca che volavano abbracciati. E ho detto a me stessa “sorvolo le stanze, sbatto contro alcune, sembra l’inferno e chiudo” però poi cambio idea. E qui sto.


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Cinque voci diverse, cinque diversi modi di avvicinarsi all’internet. Con un filo comune: la possibilità, per ognuno di noi, di trovare la sua personale strada nella rete. La testimonianza di “Francesca” (che palesemente non è una ragazzina) mette in luce un altro argomento importante. La rete è solo, o principalmente, uno strumento per i giovani? No. Come vedremo nel prossimo capitolo.






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