Il potere della stupidità
Kali

La stupidità non ha età


Giancarlo Livraghi – 22 luglio 2009


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(migliore come testo stampabile)



Come dice il sottotitolo di un mio libro, “le vie della rete sono infinite”. Ieri un giornalista che non conoscevo mi ha scritto da Lima, Perú. Ha scoperto, non so come, l’esistenza di alcuni miei articoli, tradotti in spagnolo, sul potere della stupidità. Il titolo di un suo testo recentemente pubblicato (20 luglio 2009) è La estupidez no tiene edad.

Naturalmente non ho la competenza, né l’intenzione, di esprimere opinioni sulla situazione culturale (e politica) in Perú. Ma il problema esiste in tutto il mondo – e in particolare in Italia.

Ovviamente il ruolo delle nuove generazioni è importante. Meriterebbe meno chiacchiere e più impegno concreto. Ma il “giovanilismo” è una pericolosa idiozia.

“Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza” fu l’inno di una perversa e deficiente dittatura – e portò a un’orribile guerra stupidamente cominciata, e tragicamente perduta, in cui molta gioventù fu mandata al macello.

È squallido, oggi, lo spettacolo dei vecchi che si atteggiano a giovani e di una gioventù rappresentata ostinatamente come tonta, superficiale, banale e pettegola. Non è meno sciocca la altrettanto perversa rappresentazione dei vecchi come rincretiniti, superati, inutili e noiosi.

L’ossessiva ripetizione di questi grotteschi cliché è una delle malattie, difficilmente guaribili, di una malefica e continuamente deteriorante degenerazione culturale. Un “ricambio generazionale” non è solo inutile. È anche dannoso se, come spesso accade, si sostituiscono i “vecchi” con giovani che hanno gli stessi difetti e le stesse deformazioni culturali, aggravate dalla mancanza di esperienza.

Anche inseguire il “nuovo” in modo indiscriminato è pericolosamente stupido. L’autentica innovazione è utile e può essere necessaria. Ma molto “nuovo” è falso, pretestuoso o insufficientemente sperimentato.

(Vedi Le ambiguità dell’innovazione e Facciamo un passo indietro
anche il capitolo 23 e il capitolo 19 di Il potere della stupidità).

Il vero progresso sta nel fare tre cose insieme: usare bene ciò che c’è, capire e gestire bene il nuovo (quando è utile) e riscoprire i valori dell’antico, troppo spesso stupidamente dimenticati e trascurati.

Questo vale particolarmente per l’Italia, che ha duemila anni di patrimonio culturale e una perversa tendenza a dilapidarlo.

Non possiamo semplicemente ripetere, così com’era, il Rinascimento – o un altro dei (non pochi) luminosi periodi di vitalità culturale. Ricordarli, capirli, approfondirli, può essere molto utile. Ma non basta.

Ciò che conta – e sarebbe concretamente utile – è riscoprire la straordinaria attualità di quei valori. Che sono un patrimonio di tutta l’umanità, ma meritano particolarmente di rinascere nel paese che li ha concepiti.

Le deformazioni della cultura dominante sono squallidamente mostruose. Un esempio recente è, in sé, minuscolo e trascurabile – sarà giustamente dimenticato in pochi giorni (se non ci sarà qualche imbecille a farlo diventare proverbiale). Ma è un sintomo interessante, perché concentra in poche parole una congerie di errori e di deformazioni culturali.

Non importa citare il nome di un “illustre professore” che, per spiegare quanto sia improbabile vincere cento milioni di euro in una lotteria, il 21 luglio 2009 ha usato (o così riferiscono i giornali) questo mirabolante esempio. «La probabilità di vincere all’enalotto è inferiore a quella di un parto di tre bellissime gemelle monozigote che diventano conigliette di Playboy». Una piccola esegesi di questa frase rivela un abisso di stupidità.

Le “conigliette” sono cameriere o bariste nei Playboy Club, non ragazze nude nella rivista. Dettaglio trascurabile, in quel contesto. Ma quando si cita qualcosa non guasterebbe sapere che cos’è. E non sarebbe inutile ricordare che, delle tante apparse svestite in quelle pagine, pochissime hanno poi avuto una carriera nello spettacolo o un qualsiasi altro durevole vantaggio.

Una delle false leggende, per esempio, è che Marilyn Monroe sia diventata famosa per una copertina di Playboy. È vero il contrario. Era già un’attrice di successo quando l’esordiente Playboy pubblicò quella copertina – e (in una pagina interna) andò a ripescare una vecchia fotografia in cui Marilyn si era lasciata indurre a comparire nuda, per racimolare pochi dollari, quando era ancora povera e sconosciuta e si chiamava Norma Jeane Mortenson.

Molto peggio è il “modello di riferimento”. La massima ambizione di successo sta nell’avere figlie attraenti e disponibili a spogliarsi in pubblico – con la sottintesa idea che il modo migliore per portarle a quell’esito sia infilarle nel letto di qualche presunto “influente” (cosa che in pratica, più spesso di quanto si immagina, non è vera).

Forse è meno rischioso comprare un biglietto di una lotteria. Ma c’è gente che si è rovinata, oltre che al casinò o con l’ippica, anche con il lotto, il totocalcio o il videopoker – per non parlare dei giochi in borsa.

A parte la disgustosa “immoralità” della cosa, che non è solo un problema di pruderie, il fatto è che non funziona. Su diecimila ragazze che, spesso spinte da avidi genitori, si buttano ingenuamente in quel percorso, forse una può riuscire a trovare uno spazio nel mondo dello spettacolo, a sposare un calciatore multimilionario o a guadagnare un po’ di soldi vendendo pettegolezzi.

(Fra parentesi, l’usanza italiana di chiamare “veline” tutte le ragazze che compaiono in televisione (o in riviste o discoteche) in abiti succinti contiene un errore culturale. Si dimentica che le “veline” sono tutt’altra cosa – le istruzioni del potere che controlla l’informazione. E sono molto più pericolose e perverse dell’ingenua illusione del successo basato solo sulla bellezza fisica e sulla disponibilità a esibirla).

Un paese in cui quello è il parametro del successo è un paese in coma. È l’apoteosi della prostituzione culturale e mentale, che è molto peggio di quella fisica.

Ovviamente i fenomeni di sfruttamento, anche sessuale, di ingenue speranze (non solo femminili) non sono un’esclusiva italiana. Se ne parla – e almeno in parte accadono davvero – in tutto il mondo. La nostra deprimente “diversità” sta nell’averne fatto un archetipo culturale.

Per fortuna gran parte dell’Italia non è così. Ci sono vecchi tutt’altro che rimbambiti, giovani attenti, consapevoli e intelligentemente impegnati, persone di tutte le età molto migliori dei “prototipi” stupidamente diffusi.

Ma se continuiamo a rappresentarla in quel modo non solo ci rendiamo ridicoli agli occhi del mondo, ma rischiamo di togliere ai giovani ogni speranza di imparare un mestiere utile e interessante – e di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta.


Sulla situazione italiana
vedi anche Viva l’Italia?





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