I nodi della rete |
Linternet non è la televisione
Ogni tanto rispunta unidea bizzarra: che la rete sia una sottospecie della televisione. Sembra avere una particolare ripresa in questo periodo. Chi lavora nel mondo dei mezzi tradizionali ha sempre visto linternet con fastidio e imbarazzo. Sulla carta stampata cè stata una certa evoluzione. Sono ancora molti (ma non tutti) i giornalisti che diffidano della rete o ne parlano senza sapere che cosa sia. Sono ancora molti (quasi tutti) gli editori che cercano di concepirla come un altro modo di fare le stesse cose. Ma ormai appare accettata lidea che la rete esiste e bisogna tenerne conto. Il mondo televisivo, invece, non riesce ad accettare linternet. Ne parla con disagio e ostilità, dimostra quasi sempre di non aver capito che cosè. Approfitta di tutte le occasioni possibili non solo per lanciare furibonde crociate contro la rete ma per insinuare continuamente qualcosa che la renda sgradevole o che la addomestichi riconducendola ai moduli culturali ed espressivi della televisione. Gli esempi sono così frequenti e numerosi che citarne uno può essere deviante. Ma proprio in questi giorni cè stato un caso esemplare, che merita un breve commento. Il 20 novembre 2000 su Rai2, nella trasmissione Il filo di Arianna, si è presentato un cumulo di sciocchezze di particolare intensità. Cerano alcuni professori che dissertavano sullinternet e uno spaesato Dario Fo che accettava con sorprendente mancanza di umorismo il servile ossequio della conduttrice e faceva timidi tentativi, nel disorientamento generale, di trovare qualche briciola di buon senso. Lintera trasmissione era basata sulla balorda ipotesi che la sostanza dellinternet sia un linguaggio simbolico e ideografico che porta alla distruzione dellalfabeto. Mentre è noto che la parola scritta, un po umiliata in un mondo audiovisivo, ha ritrovato il predominio proprio con la comunicazione in rete. La cosa impressionante non è che si dicano, con accademica arroganza, clamorose idiozie come queste; ma che non ci sia mai qualcuno, in quel genere di trasmissioni, che alzi un dito per esprimere un dubbio. Ma cè un fatto nuovo. Si stanno diffondendo nel mondo televisivo sornioni e soddisfatti sorrisi. Una trasmissione di sconcertante stupidità, come il grande fratello, è stata portata dalla potente macchina dellinformazione omogeneizzata a diventare un evento di interesse nazionale. Il potere televisivo conferma la sua invincibilità. Si è dimostrato, ancora una volta, come una persona qualunque possa essere trasformata in una star. Questo è anche un modo per calmierare il mercato del divismo. «Abbassa le pretese, ragazza mia, perché di stelle come te ne posso fabbricare a dozzine». E linternet? Un servizievole strumento per mettere a disposizione quelle parti dellinterminabile vicenda che non trovano posto nelle molte ore di televisione dedicate allargomento. Naturalmente, poiché si è riusciti a trascinare nel vortice del nulla un numero rilevante di persone, anche gli accessi online registrano indici elevati. Si sente un gran sospiro di sollievo. Finalmente, pensano, abbiamo capito. Linternet è un sottoscala della televisione. Ci riusciranno? Probabilmente. Solo che quella non è linternet. È un recinto addomesticato, dove dar da mangiare gli avanzi a chi non si accontenta di ciò che le emittenti servono in tavola. Un po come quel riciclaggio alimentare da cui nascono le mucche pazze. Ma linternet, quella vera, continua a esistere; e non è addomesticabile. Quante persone nel mondo sanno davvero usare la rete? Non come risorsa occasionale di informazione, non come unaltra forma di spettacolo o di svago, ma come strumento di scambio, di dialogo, di conoscenza, di comunità? Non lo sappiamo. Probabilmente non sono centinaia, forse neanche decine, di milioni. Ma ci sono e il numero aumenta ogni giorno. Se qualcuno vuole usare una parte dellinternet come deposito per gli avanzi televisivi, faccia pure. Ma limportante è che non si mettano ostacoli, freni o bavagli a chi vuol fare un uso più interessante della rete. |
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