Pitecantropi e topi nervosi


Un messaggio di Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it alla lista MKTG

14 maggio 2000



 
 

Prendo spunto da alcuni messaggi in cui si parla di Zivago. Ma vorrei fare una premessa: l’episodio di cui parlo è un esempio di cose che succedono quasi dovunque... quindi non so parlando di quella libreria (che ha i suoi pregi e i suoi difetti) ma di un esempio, fra tanti possibili, di un andazzo generale.

La storia è questa. Circa un mese fa mi accorgo che su Zivago un mio libro è presentato con alcuni errori e ci sono altre corbellerie (per esempio è attribuito a me un libro che non ho scritto). Segnalo il fatto il 19 aprile e ricevo un’immediata e cortese risposta dalla loro simpatica e intelligente webmaster (spero che nessuno mi chieda di chiamarla webmistress). Seguono, nel tempo, altri scambi di e-mail con lei, che è sempre molto gentile e disponibile. Ma non succede nulla. Sono passati più di venti giorni e gli errori sono ancora lì.

(Immagino che il mio editore, cui naturalmente ho segnalato il problema, stia sbattendo contro lo stesso muro di gomma).

Evidentemente alle spalle di quella brava e gentile persona c’è un ingorgo. Umano, non tecnico. Per fare quelle correzioni ci vuole meno di un minuto. Venti giorni – tolte le feste, pasqua eccetera – sono circa 6000 minuti. Quindi i casi sono due. O chi deve fare quel lavoretto è un pelandrone allucinante, o quella correzione è "in coda" e quindi nel sito ci sono più di 6000 baggianate da correggere. Nell’uno o nell’altro caso, l’organizzazione è un disastro.

Se fosse un caso isolato sarebbe irrilevante. Ma quasi tutte le organizzazioni che conosco funzionano malissimo e stanno andando di male in peggio. Questo succede nelle imprese (o altre organizzazioni) old economy e in quelle new economy è ancora peggio. Con un problema molto rilevante: che le inefficienze, comunque dannose, quando si è in rete diventano più direttamente percettibili e irritanti. Nella maggior parte dei casi è peggio che nel caso di Zivago, perché non c’è neppure la persona attenta e gentile che (almeno) risponde, ringrazia e prende atto del problema.

Insomma si fa un gran parlare di innovazione ma le organizzazioni sono in mano a cavernicoli che stanno regredendo da homo (pseudo) sapiens a pitecantropi. (Non vorrei essere il maggiordomo di un pitecantropo multimiliardario... ma quella è un’altra storia).

Un altro aspetto curioso di tutto l’andazzo, come osservava Elena un po’ di tempo fa, è che tutti hanno una terribile fretta ma le cose funzionano, oltre che male, con estrema lentezza. Cioè c’è un gran correre qua e là di zombi impazziti che non hanno la più remota idea di dove stanno andando. L’efficienza del sistema (energia consumata rispetto al risultato prodotto) non è mai stata buona ma sta peggiorando.

Sembra che nella fretta imperversante nessuno abbia il tempo di fermarsi un attimo e chiedersi che cosa stia facendo. Se ci fosse una formica che guardasse come funziona il nostro formicaio rotolerebbe con le zampette in aria in un’irrefrenabile risata.

Prima di chiederci se potrà mai esistere un’intelligenza artificiale, dovremmo andare a vedere in quale pattumiera abbiamo buttato la nostra intelligenza biologica. Per non parlare della "qualità della vita", che si può migliorare parecchio con un uso intelligente dei nuovi sistemi di comunicazione, mentre con l’andazzo attuale sta succedendo il contrario.

È una tragedia? No. C’è sempre molta turbolenza nel cambiamento e una forte dose di confusione è inevitabile. Ma sarebbe ora, credo, di cominciare a uscire dalle balle e dalle bolle e lavorare con un po’ più di serietà, serenità e buon senso. Oltretutto è più piacevole, più divertente e dà più soddisfazione che correre qua e là come topolini nevrotici che non sanno distinguere fra il formaggio e le trappole.

Secondo voi... che cosa possiamo fare per uscire dal marasma?




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