la strategia


14. Alcuni rischi sul percorso



a. Controllare le che verifiche siano sul target

b. Difendere con le unghie e coi denti
    l’unicità della strategia

c. È molto più facile complicare le cose
    che mantenerle semplici

d. Evolvere senza cambiare

e. Non rinunciare alla qualità

f. L’innovazione di prodotto non implica
   necessariamente un cambiamento di strategia

g. Si è nuovi una volta sola

h. “Corsi e ricorsi”





Una nuova strategia è come una nuova automobile. Bella, luccicante, funzionante e amata. Ma non rimane così. Nei suoi primi mesi di vita ha bisogno di piccole revisioni per “mettere a punto” quelle cose che sono sfuggite al montaggio in fabbrica (un tergicristallo, la maniglia di un finestrino, un contatto elettrico); e poi nella sua vita pratica molti eventi grandi e piccoli possono farla diventare una vecchia carcassa.

Una strategia è spesso vittima di chi la segue, di chi la interpreta. Valori, pesi, significati possono modificarsi nell’esecuzione o nell’approvazione delle campagne.

Questo processo è in parte inevitabile, e non necessariamente positivo o negativo. Non è possibile, né desiderabile, evitare l’evoluzione in quanto tale.

Ma è responsabilità del gruppo strategico, e in particolare di chi coordina il progetto, evitare che i necessari aggiustamenti, o gli inevitabili incidenti di percorso, deformino la strategia.

Abbiamo già parlato delle attenzioni necessarie per evitare che l’esecuzione tradisca la strategia.

Vediamo ora come difenderci da alcuni altri pericoli che ci attendono lungo la strada.

 

a. Controllare che le verifiche siano sul target

Abbiamo già notato che tutte le ricerche svolte durante il processo di formulazione della strategia devono essere svolte all’interno del segmento o target group.

Lo stesso concetto vale per le ricerche e verifiche sulla campagna dopo che la strategia è definita. Il problema è che una parte di queste ricerche può essere svolta per mezzo di sistemi standardizzati le cui definizioni (per segmenti demografici o anche “psicografici”) non corrispondono al segmento specifico definito dalla strategia.

Occorre una continua attenzione per controllare che la valutazione non sia deviata da atteggiamenti e comportamenti di persone che non appartengono al segmento che ci interessa.

Qualche volta il problema, ancora oggi, è che la moglie (o il marito) del presidente del cliente, oppure la sua domestica (o il suo cameriere) non sono nel target. Può essere necessaria una documentazione approfondita per convincere il cliente a usare la stampa periodica se in casa sua nessuno legge una rivista femminile.

 

b. Difendere con le unghie e coi denti
    l’unicità della strategia

Spesso il cliente ha il terrore di “escludere” qualcuno. Il segmento precisamente descritto nella strategia può diventare “tutti e chiunque” nell’esecuzione. O elementi e argomenti estranei possono insinuarsi per accontentare il direttore commerciale, il tecnico di laboratorio o un membro del consiglio di amministrazione interessato al problema dell’ecologia: che è molto importante, ma può non aver nulla a che fare con l’argomento di cui ci stiamo occupando.

Elementi estranei hanno il vizio di “attaccarsi” alla strategia come alghe e molluschi a una chiglia. Come sa chiunque vada per mare, non solo rallentano la barca ma, se li si lascia crescere, presto o tardi mettono fuori uso l’elica e il timone.

 

c. È molto più facile complicare le cose
    che mantenerle semplici

Si racconta che il signor Rossi e il signor Bianchi, dopo alcuni mesi che giocano insieme a golf, scoprono che l’uno è il presidente dei Biscottifici Rossi, e l’altro della Bianchi & Verdi che è la sua agenzia di pubblicità. Dice Rossi: Quanta gente hai nella tua agenzia? Risponde Bianchi: duecento. Chiede Rossi: Visto che da sei anni uscite con la stessa campagna, che cosa fanno i tuoi duecento dalla mattina alla sera? Risponde Bianchi: Semplice. Lavorano come matti per impedire ai tuoi di cambiarla.

 

d. Evolvere senza cambiare

Una brillante esecuzione di un annuncio o di un film si “consuma” più o meno rapidamente. Una strategia brillante può vivere per decenni.

È bene verificare la strategia ogni settimana. Seguire il mercato. Cercare di anticipare i cambiamenti. Ma non lasciarsi tentare dal nuovo fine a se stesso.

Si racconta che Henry Ford abbia detto a un copywriter della sua agenzia: Bill, questa campagna è bella, ma non credi che la gente sia stufa di vederla? Bill rispose: Signor Ford, il primo annuncio di questa campagna uscirà giovedì prossimo.

Mantenere la strategia non significa sempre mantenere la stessa esecuzione. C’è la possibilità di articolare una campagna su molti soggetti senza cambiare tema; e quando una campagna si esaurisce, o c’è un elemento nuovo, è possibile cambiare campagna senza cambiare strategia.

 

e. Non rinunciare alla qualità

La qualità della campagna non è solo autocompiacimento dell’agenzia o del cliente.

Il giusto tono di voce, la cura esecutiva, l’alone complessivo di qualità sono un valore che trascende la promessa e la strategia. Sono una difesa per la marca, un elemento della sua identità. Una campagna sciatta o sgradevole presto o tardi nuoce non solo alla reputazione dell’agenzia ma anche all’immagine della marca.

David Ogilvy dice: date sempre alla vostra marca un biglietto di prima classe. Nessun consumatore si trova a suo agio con una marca squallida o volgare.

Nota: qualità non significa sempre prezzo. Ci sono film costosissimi che non hanno un tono di qualità, come ci sono esecuzioni eleganti che costano abbastanza poco. È una questione di gusto, non di quattrini. Una strategia precisa, incarnata in un’idea forte, può permettere un lavoro di qualità anche con costi contenuti. Ma bisogna stare attenti.... un’idea che ha un costo di realizzazione di 1000 lire, realizzata con 900, può essere un disastro. Meglio un’idea semplice, realizzabile con 100 lire, e una riserva di produzione di 200 lire per poter aggiungere valori di qualità esecutiva.

 

f. L’innovazione di prodotto
    non implica necessariamente
    un cambiamento di strategia

Un’azienda bene organizzata investe continuamente in ricerca e tecnologia. Presto o tardi troverà un’innovazione importante. Se questa porta al lancio di una nuova marca, non ci sono problemi. Ma se l’innovazione si applica su una marca già esistente, le cose si complicano.

Occorre approfondire. La tentazione è di mettersi a strillare “nuovo!” e cambiare strategia. Se l’innovazione è tale da cambiare radicalmente l’utilità (come percepita dal consumatore), o se permette di correggere un difetto o rafforzare molto una qualità dell’immagine di marca, allora può essere giusto modificare la strategia più o meno profondamente.

Ma l’immagine di marca costruita dalla strategia, il “come siamo percepiti” conquistato, è un capitale importante. Prima di buttarlo via, conviene verificare se l’innovazione può inserirsi nella percezione esistente senza cambiare la strategia. In questo caso l’immagine consolidata e l’innovazione si rafforzeranno a vicenda, e il risultato sarà migliore.

 

g. Si è nuovi una volta sola

Una marca può avere una lunga vita felice, evolversi e cambiare con i tempi, durare per molte generazioni.

Ma c’è un momento magico che esiste una volta sola: quello in cui una marca è nuova sul mercato. Bisogna curarla come un neonato. Come un bambino, è fragile e indifesa, ma ha un potenziale di crescita smisurato. Correggere un’immagine o una strategia un anno dopo è enormemente più difficile che stabilirla nel modo giusto fin dall’inizio.

 

h. “Corsi e ricorsi”

Anche senza scomodare Giambattista Vico... spesso la storia si ripete. Ciò che in una fase di vita di un prodotto, una marca o un mercato appare superato può ritornare di attualità quando meno ce lo aspettiamo.

Per questo è importante avere una “memoria storica”. Conservare i documenti sul passato di una marca e di un prodotto, capirne le origini. Non sono rari i casi di successo in cui una marca rinforza la sua posizione recuperando i valori che ne avevano nutrito il successo cinque, dieci o trent’anni fa e che possono essere riproposti, sia pure con le necessarie differenze di tono e di linguaggio.

Uno degli errori più diffusi è la perenne ricerca del nuovo a tutti i costi. Se per disgrazia mancano i documenti “storici” sulla marca, può sempre essere utile cercare di ricostruirne la memoria. Ciò che è stato dimenticato può contenere i valori più importanti – e anche ispirare l’innovazione. Che cosa c’è nell’identità originaria della marca, nel suo DNA, che può realizzarsi ancora meglio con le risorse di oggi?




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