Brown’s Job
 
di Robley Feland – 1920


 
Consideravo fondamentale questo articolo
molto prima di cominciare a scrivere
su Il potere della stupidità.

Ma poi l’ho inserito anche nel libro,
perché una straordinaria sintesi
delle qualità umane
che aiutano a risolvere il problema.

Questa è una “approssimata” traduzione italiana,
ma è molto meglio il testo originale.
 



Brown se n’è andato – e molti nell’ambiente si chiedono chi prenderà il suo posto.

Se ne parla parecchio e si dice che il posto di Brown sia molto desiderabile. Quelli per cui Brown lavorava, gente saggia e matura, si trovano ad ascoltare con silenzioso stupore i brillanti giovani ambiziosi ed esperti dignitosi anziani che si offrono per occupare il posto di Brown.

Brown aveva una poltrona comoda e una bella, grande scrivania coperta da una lastra di vetro. Sotto il vetro c’era una mappa degli Stati Uniti. Brown aveva uno stipendio di trentamila dollari all’anno. *   Due volte all’anno si metteva in viaggio e andava a trovare tutti i distributori dell’azienda.

Brown non ha mai cercato di vendere qualcosa a qualcuno. Non era esattamente nel reparto vendite. Visitava i distributori, andava da alcuni rivenditori, ogni tanto faceva un piccolo discorso ai venditori. Quando era in ufficio rispondeva alla maggior parte dei reclami importanti, benché non fosse compito suo occuparsi dei reclami. Brown non era neppure nel reparto crediti, ma quando c’era un grosso problema di riscossione in un modo o nell’altro arrivava a Brown, che fumava, chiacchierava, raccontava qualche storia divertente, sgarbugliava il filo del telefono e spiegava al direttore crediti come fare.

Ogni volta che Mr. Wythe, l’impulsivo indaffarato presidente che lavorava come un furetto, prendeva in mano un pacco di scartafacci per studiare un problema particolarmente complicato e difficile, si trovava a dire «Che cosa ne pensa Brown? Che cosa dice Brown? Insomma che cosa ne dice Brown? Be’ allora perché non lo fate?» e poi non ci pensava più.

Quando c’era qualche difficoltà che richiedeva molta azione immediata, e con molto tatto, Mr. Wythe diceva: «Brown, pensaci tu».

E poi un giorno il consiglio di amministrazione, in una riunione non ufficiale, decise di licenziare il direttore dello stabilimento numero 2.  Brown non ne fu informato se non dopo che la lettera era partita. «Che cosa ne pensi, Brown?» chiese Mr. Wythe. Brown disse «Va bene. La lettera non arriverà prima di domattina, ora gli telefono e gli dico di venire qui subito, così parte stasera. Poi chiedo alla sua segretaria di rispedirci la lettera e la distruggo prima che lui la legga». Gli altri dissero che erano d’accordo. «Questa è la cosa da fare».

Brown conosceva l’azienda, il mercato e l’ambiente, conosceva le persone con cui lavorava. Aveva un buon senso che apparentemente applicava senza doverlo coscientemente invocare. Sembrava esprimere istintivamente buon senso.

Brown se n’è andato e molti cercano di avere il suo posto. Altri chiedono chi prenderà il posto di Brown. Brillanti giovani ambiziosi ed esperti dignitosi anziani.

Persone che non sono il figlio della mamma di Brown, né il marito della moglie di Brown, né il prodotto dell’infanzia di Brown – che non hanno sofferto le pene di Brown o sentito le sue gioie, non hanno mai amato le cose che Brown ama né avuto paura di ciò che fa paura a Brown – chiedono il posto di Brown.

Non sanno che la poltrona di Brown, la scrivania con la mappa sotto la lastra di vetro e la sua busta paga non sono il posto di Brown?  Non sanno che a questa stregua potrebbero offrirsi alla chiesa metodista al posto di John Wesley?  **

Quelli per cui Brown lavorava lo sanno.  Il posto di Brown è dove è Brown.





Note

Questo testo fu pubblicato nel 1920 su The Wedge, la rivista della George H, Batten Company, un’agenzia di pubblicità di New York (che nel 1928 si fuse con Barton, Durstine & Osborn, diventando la nota sigla BBDO).

Non ci sono informazioni sull’ipotesi che sia stato ispirato dalla “dipartita” di qualcuno. Comunque è chiaro che l’autore ha voluto definire un modo di essere più che rimpiangere una singola persona.  “Brown” è la sintesi e l’esempio di diverse persone che esistono e che sono esistite – e chi di noi ha avuto la fortuna di incontrarne una non la dimenticherà mai.  Se siamo molto fortunati possiamo sperare, qualche volta, di essere Brown.

Avevo letto questo testo, quando ero a New York, verso la fine degli anni ’70. Ma poi l’avevo perso. Per anni ho cercato, in tutti i modi possibili, di ritrovarlo – ma senza fortuna. Finché nel marzo 2002, quasi per caso, ho scoperto che qualcuno aveva avuto la brillante idea di metterlo online – e che qualche intelligente dispositivo di Google era in grado di trovarlo.

*  Trentamila dollari all’anno, a quell’epoca, erano un sacco di soldi.

**  John Wesley (1703-1791) fu il fondatore della chiesa metodista.




Un altro interessante testo “storico”
(in inglese) è Yesbut-Whynot


Giancarlo Livraghi   gian@gandalf.it

marzo 2002



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