Mentire con le statistiche
Un libro davvero illuminante
chiaro,
semplice e a tratti divertente
Recensione su Dada-Libri 14 settembre 2007
Le bugie, si sa, fanno parte della nostra vita. Per mille ragioni diverse e con altrettante sfumature (si passa dalla menzogna più bieca a quelle mezze verità che ci lasciano con la coscienza a posto), si può mentire nei rapporti con gli altri o sul lavoro, si può mentire persino a se stessi a volte inconsciamente, a volte in buona fede, altre sapendo di mentire. Quando però consideriamo, a un livello più generale, la massa di informazioni che ogni giorno i media ci offrono in modo apparentemente trasparente, chiaro e disinteressato, ecco che la bugia quando cè nasconde un rischio molto più insidioso.
Mi riferisco, in particolare, a quel mare di dati statistici da cui siamo inondati, oggi come nel 1954, anno in cui venne pubblicato Mentire con le statistiche di Darrell Huff nella versione inglese si tratta del testo sulla statistica di maggiore successo di tutti i tempi. Un libro davvero illuminante, chiaro, semplice e a tratti divertente anche grazie ai numerosi esempi tratti dalla realtà statunitense dellepoca, ma ancora oggi di grande attualità, e alle simpatiche illustrazioni di Irving Geis.
Ledizione appena uscita in Italia, invece, presenta ampi aggiornamenti e approfondimenti, visti anche in una prospettiva europea e italiana, e numerosi esempi recenti, tratti dal mondo della medicina, della finanza, dell'informatica... Le interessanti osservazioni dei due autori italiani aggiornano e completano ledizione originale.
Huff parte dalla considerazione che «il linguaggio segreto della statistica, così seducente in una cultura che ama nutrirsi di fatti e di dati, è usato per sensazionalizzare, gonfiare, confondere e sovrasemplificare». Se chi scrive non usa i termini con onestà e conoscenza e chi legge non sa che cosa significano, il risultato non solo è privo di significato, ma può avere anche gravi conseguenze. Viene in aiuto al lettore questo libro, una specie di breviario su come vengono usate le statistiche per ingannare. Ma non si tratta di un manuale per gli imbroglioni: i furfanti conoscono già questi trucchi, le persone oneste devono impararli per difendersi. Quali sono allora questi trucchi?
A volte lerrore sta nella scelta del campione su cui si basa lo studio, che deve essere veramente rappresentativo e affidabile e costituire una base da cui siano state eliminate tutte le fonti di distorsione che fanno deviare il sondaggio in una specifica direzione. Può capitare, invece, che si faccia uso della media aritmetica in modo inappropriato, confondendola o sostituendola con la moda (il numero che si incontra più spesso) o con la mediana (il risultato che sta nel mezzo). I numerosi esempi dellautore mettono in evidenza come, a seconda del dato usato (che normalmente è quello che più fa comodo), potremo trovarci di fronte a qualcosa di più o meno significativo.
Spesso, e la nostra pubblicità potrebbe fornire numerosi esempi dal dentifricio ai detersivi, dai prodotti di bellezza agli ingredienti di un cibo il campione è inadeguato dal punto di vista statistico vero e proprio: provate a scoprire il numero di persone coinvolte nella prova o chi ne ha certificato la validità!
Quello che manca, inoltre, nella maggioranza dei casi, è un piccolo numero che esprime il grado di significatività, ovvero la probabilità del livello di precisione. Anche i grafici sono oggetto di interessanti osservazioni da parte dellautore. Quello lineare, ad esempio, è il più semplice e il più utile per mostrare una tendenza, ma spesso, viene truccato, a volte persino tagliato, per arrivare a una forma più attraente, perché, pur mantenendo un effetto di apparente obiettività, dà al lettore unimmagine distorta della realtà. Lo stesso vale per il grafico pittorico usato spesso per far sì che il lettore deduca, con uni immagine eccessiva, qualcosa, senza però che il trucco venga scoperto.
Come se questo non bastasse, le statistiche possono essere distorte da un errore di definizione allorigine, fatto questo molto grave nel caso si tratti di un inganno intenzionale (dati contradditori sulle malattie, sugli effetti dei medicinali, sui risultati di ricerche di nuove cure, sono purtroppo allordine del giorno), A volte, invece, si cerca una correlazione diretta fra due fenomeni, uno dei quali viene indicato come conseguenza dellaltro, quando invece si tratta di semplice contemporaneità temporale.
Tutte queste distorsioni, come altre citate ed esemplificate dettagliatamente nel testo di Huff che il lettore potrà verificare leggendo con attenzione qualsiasi quotidiano, non possono essere sempre attribuite a incompetenza, a errori causali o a incidenti involontari. La sua base matematica conferisce alla statistica unaurea di obiettività, ma non dimentichiamo che può essere considerata unarte, oltre che una scienza. Unarte che si avvale di messaggi vaghi, basati più sulle emozioni che sulla veridicità del contenuto, e su veri e propri specialisti di questa tecnica comunicativa che condiziona ormai tutti i settori delleconomia, della politica, come della vita quotidiana.
Che fare, allora, quando i dati si sovrappongono, vengono sostituiti da altri dati senza che il lettore possa selezionarli, distinguerli e inserirli in un contesto che dia loro credibilità (in questo senso la televisione e linternet non hanno fatto altro che peggiorare la situazione...)? Se non è sensato rifiutare arbitrariamente i dati statistici, meglio sarebbe per il lettore, secondo il consiglio dellautore, dare sempre una severa seconda occhiata, mettendo alla prova il materiale che si ha sotto gli occhi con cinque semplici domande: Chi lo dice? Come fa a saperlo? Cosa si è perso? Qualcuno ha cambiato largomento? È credibile? Solo così facendo potremo non solo distinguere i dati affidabili da quelli che non lo sono, ma entrare nel cuore delle informazioni, rifletterci, capirle e, finalmente, impedire loro di cambiare faccia alla realtà.
Ho provato a mettere in pratica
il metodo delle cinque semplici domande
Ho provato ad applicare questo metodo a un articolo apparso su La Repubblica del 7 settembre 2007 dal titolo Bambini aggressivi e disattenti colpa di merendine e aranciate il governo inglese: coloranti sotto accusa. Lo studio, pubblicato dalla prestigiosa rivista inglese The Lancet, è giunto alla conclusione che coloranti e conservanti hanno effetti deleteri sul comportamento dei giovanissimi provocando cali di attenzione, eccessi di impulsività, aggressività e atteggiamenti anti-sociali. I dati esposti dalla rivista sono chiari: il 2,5% dei bambini britannici soffre di quello che i medici definiscono disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adha) e le stime internazionali rivelano una situazione più allarmante con un riscontro tra il 5 e il 10%, a cui si arriva per colpa del consumo di merendine, caramelle e bibite. Altri dati contenuti invece nellarticolo citato si riferiscono allaumento del numero delle prescrizioni di medicinali contro liperattività in Gran Bretagna, passata da 2 nel 1991 a 456.909 nel 2006.
Cerchiamo di applicare il metodo delle cinque domande per verificare se è tutto in regola.
Chi lo dice?
LUniversità di Southampton, Gran Bretagna, attraverso uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet.
Come fa a saperlo?
Ha condotto uno studio, per conto dellagenzia alimentare del governo britannico, su trecento bambini dai tre agli otto anni. Ma non sappiamo se si tratta di un campione distorto, o abbastanza grande per permettere conclusioni attendibili.
Cosa si è perso?
Le conclusioni sono abbastanza impressionanti, ma la mancanza di altri dati toglie, a una seconda occhiata, gran parte del significato. Come sono stati scelti i bambini? Si tratta di bambini che normalmente fanno uso di alimenti contenenti le sostanze incriminate e, se sì, in quale quantità? Oppure (cosa che non credo possibile) è stata somministrata loro una dose massiccia di coloranti e conservanti per verificarne gli effetti? È stata verificata la presenza di altri fattori eccitanti? (una breve ricerca nellinternet mi ha permesso di reperire alcuni di questi dati mancanti).
Qualcuno ha cambiato largomento?
Credo che si potrebbe intravedere una deviazione del percorso nei dati relativi alle prescrizioni di farmaci contro liperattività: siamo sicuri che nel 1991 liperattività fosse considerata una malattia e che, come tale, richiedesse la somministrazione di farmaci? Laumento delle prescrizioni potrebbe dico potrebbe andare di pari passo con laumento dei casi documentati, ovvero essere il risultato di diagnosi di casi che negli anni precedenti erano stati trascurati.
È credibile?
Nessuno pretende di togliere la credibilità dei dati esposti in questa ricerca, ma forse si potrebbe ridimensionare un poco lenfasi con la quale questa notizia è stata diffusa dai media: «E in Gran Bretagna il rapporto ha ricevuto enorme attenzione: il Times e il Guardian vi hanno dedicato lintera prima pagina, la BBC e le altre reti televisive hanno fatto lunghi servizi sullargomento».
Peccato che di questo argomento si parli ormai da trentanni che cosa si è fatto in Gran Bretagna, durante tutto questo tempo? e che non ci vuole molto a immaginare che rimpinzarsi di coloranti e conservanti faccia male alla salute, e non solo quella dei bambini.
Lidia Gualdoni