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Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it
marzo 2003




L’evoluzione nel tempo

Prima di osservare i segnali, molto rilevanti, che escono da questo studio mi sembra opportuno aprire una breve parentesi “storica” sull’evoluzione di alcuni mezzi di informazione e comunicazione in Italia. Dati “elementari” e semplici, ma proprio per questo significativi come premessa a valutazioni qualitative.

Sappiamo che la televisione è il mezzo di informazione “dominante” – in gran parte del mondo, ma in Italia ancor più che in altri paesi “ricchi” di informazione. Non tanto perché da noi la televisione sia più diffusa, ma perché altri mezzi sono relativamente più deboli. Un dato eloquente nella sua semplicità è il numero di abbonamenti alla televisione negli ultimi 25 anni.


Abbonamenti alla televisione
fonte Istat – numeri in milioni

televisione

Può essere sorprendente constatare che fino a non molti anni fa c’era ancora una crescita – cioè la televisione non aveva raggiunto il suo livello massimo di diffusione. In 18 anni, dal 1977 al 1995, il numero di abbonamenti era aumentato del 25 %. (In parte questa crescita può essere attribuita alla “frammentazione” delle famiglie, cioè all’aumento dei nuclei famigliari con un minor numero di persone). Ma dal 1995 a oggi siamo a “crescita zero”. La penetrazione televisiva ha raggiunto un livello, probabilmente definitivo, di “saturazione”. Non solo nei numeri, ma anche nei contenuti, un mezzo relativamente giovane (esiste da cinquant’anni) è intrinsecamente vecchio. Vedremo più avanti, alla luce di questa analisi del Censis, alcuni aspetti significativi della situazione.


È ncora più ampia, in termini di “dotazione”, la diffusione della radio. Non è facile definirla in termini statistici, ma è molto probabile che (in Italia come in altri paesi) il numero di apparecchi radio sia , da molto tempo, superiore al numero di abitanti. Per l’ovvia diffusione di apparecchi portatili, autoradio, eccetera. Benché più “vecchia” della televisione la radio ha, come vedremo, caratteristiche più “giovani” di flessibilità ed evoluzione.


Assai più complesso è il quadro per la stampa. Giornali e riviste esistono da trecento anni. Ma solo nella seconda metà del ventesimo secolo (anche in seguito a una più diffusa “alfabetizzazione”) la loro diffusione ha superato i limiti di categorie culturali relativamente ristrette. Mi sembra interessante osservare, da tre punti di vista, come si sta evolvendo la situazione. Cominciamo con il dato più semplice: il numero di copie diffuse in un anno.


Stampa – totale copie
fonte Ads (per il 1977 dato Istat) – numeri in milioni

stampa

Nel caso dei quotidiani, benché il numero delle testate sia aumentato (sono 177) il numero totale di copie è praticamente invariato rispetto a 25 anni fa. C’era stato un aumento negli anni ’80 – ma da dieci anni c’è un lento declino.

I periodici sembrano avere un leggero aumento nel periodo più recente, ma (nonostante la moltiplicazione delle testate e i continui tentativi di nuove proposte) sono ancora sotto il livello del 1977. In leggera crescita, negli ultimi dieci anni, i mensili, ma con un tasso di sviluppo molto modesto.

Il numero di testate periodiche varia continuamente da un anno all’altro, ma comunque sono più di 500 (molte nuove testate nascono, ma altre ne muoiono – in totale il numero di settimanali oggi non sembra essere superiore a venticinque anni fa). I mensili, secondo l’Istat, sono più di 2000. Non tutte le testate periodiche sono controllate dall’Ads (accertamento diffusione stampa) e perciò il numero di copie diffuse è un po’ più grande di quanto indicato in questi grafici – ma la differenza non è tale da modificare significativamente il quadro o le tendenze nel tempo.

In generale, malgrado i molteplici tentativi di sostegno e le continue iniziative promozionali, la stampa in Italia non riesce ad allargare la sua diffusione – che è storicamente bassa rispetto a quella di altri paesi di paragonabile situazione economica e culturale.

La diffusione e la lettura dei giornali in Italia sono molto deboli rispetto alla maggior parte dei paesi europei. Vedi l’appendice. Naturalmente la “diffusione“ (al netto delle “rese“) è un dato diverso dalla “tiratura“.

Se esaminiamo i dati di diffusione (copie per ciascun numero pubblicato) l’andamento nel tempo, naturalmente, è lo stesso – ma il quadro offre alcune altre indicazioni.


Stampa – diffusione
fonte Ads – numeri in mgliaia

stampa

La stampa periodica sembra assestarsi su una diffusione analoga, nel complesso, fra settimanali e mensili (ma suddivisa, per i mensili, su un maggior numero di testate). Con una crescita, in dodici anni, del 4 % per i settimanali – e, a quanto pare, maggiore per i mensili (25 %). Si tratta comunque di evoluzioni lente e di andamenti alquanto instabili. I quotidiani diminuiscono, nello stesso periodo, del 12 % – con un declino lento ma continuo.

Le rilevazioni del numero di lettori sono, per loro natura, imprecise ed “esagerate” – e svolte con criteri non sempre direttamente paragonabili. Tuttavia sono significative le evoluzioni nel tempo.


Stampa – lettori
fonte Ispi-Isegi-Audipress – numeri in milioni

stampa

Il quadro appare un po’ diverso dal punto di vista della lettura. Pressoché statica per quanto riguarda i quotidiani (con un aumento dell’8 % rispetto al 1987, ma sostanzialmente invariata dal 1993) e invece in diminuzione, da dieci anni, nel caso dei periodici. Anche da questo punto di vista tende a livellarsi la situazione dei mensili, mentre continua il declino dei settimanali.

Insomma la situazione della stampa in Italia rimane debole – e questo è uno degli argomenti su cui questo studio del Censis offre importanti elementi di approfondimento e di meditazione.

Per quanto riguarda i libri, secondo i dati Istat nel 2000 erano state pubblicate in Italia 55.546 opere (di cui 34.544 prime edizioni) per complessivi 250 milioni di copie stampate. Secondo una stima dell’Aie (Associazione Italiana Editori) la situazione è rimasta invariata nel 2001 (non ci sono dati per il 2002). Questo è l’andamento negli ultimi dieci anni.


Libri
1991=100
fonte Istat

stampa

Ci sono oscillazioni, che riflettono le incertezze e i mutamenti d’umore delle imprese editoriali più che le richieste dei lettori. Fra il 1991 e il 2000 il numero di opere pubblicate era in aumento quasi costante (+ 37 % in dieci anni), ma il numero di copie stampate era in continua oscillazione (cresciuto del 18 % rispetto al 1991, ma diminuito del 13 % rispetto alla “punta massima” del 1997). Le complessità della distribuzione libraria rendono difficile una valutazione del numero di copie vendute, ma è opinione diffusa nel mondo editoriale che il mercato cresce poco e che il numero dei lettori è stazionario – cioè quando si vende qualche libro in più è perché chi già era abituato a leggere aumenta i suoi acquisti, non perché si riescano a conquistare nuovi lettori. Queste percezioni sono, almeno in parte, fondate nella realtà.

Secondo studi dell’Aie c’era stata una lenta ma costante crescita del numero di persone che leggono “almeno un libro all’anno” nell’ultimo decennio del secolo scorso, ma pare che dal 1999 ci sia una fase di declino. Secondo l’Istat la situazione sarebbe stazionaria negli ultimi cinque o sei anni. Che gli italiani “leggano poco” non è, purtroppo, solo un modo di dire, ma anche una realtà confermata da tutti i dati disponibili.

Le osservazioni generali di tendenza confermano quella separazione fra “abbienti” e “non abbienti” di informazione messa in evidenza dagli studi del Censis. Si tratta di una situazione che, per gli strumenti considerati finora, tende a rimanere stabile nel tempo. Per altri, invece, ci sono evoluzioni rilevanti e veloci.

Fra gli strumenti personali di comunicazione c’è, come tutti sappiamo, un grosso cambiamento nel mondo della telefonia. Benché la tendenza sia nota, credo che possa essere utile osservarla nel prossimo grafico.


Telefonia
fonte European ICT Observatory – numeri in milioni

telefoni

Mentre nella telefonia fissa l’Italia non è mai stata molto evoluta rispetto ai paesi più avanzati, come è fin troppo noto c’è stata una crescita particolarmente veloce della telefonia mobile, con un “sorpasso” nel 1999 e una forte crescita nel 2000. Ma quell’evoluzione ormai appartiene al passato. La diffusione del telefoni cellulari si sta avvicinando a un livello di “saturazione” – e (come vedremo più avanti) non è affatto chiaro se la disponibilità di svariate tecnologie porterà a una nuova evoluzione del mercato o a una “segmentazione” in quello che finora sembrava un sistema omogeneo.

Rimane comunque un forte squilibrio fra questo rapido cambiamento nell’uso del telefono e le situazioni molto più statiche che abbiamo visto nei mezzi di informazione.

Naturalmente c’è un altro strumento la cui evoluzione è recente. Quel sistema complesso di attività, comunicazione e informazione che va sotto il nome di internet esiste da trent’anni – ma si sta diffondendo con una certa ampiezza da meno di dieci. Non ha ancora raggiunto, in Italia, una diffusione “capillare”. Ma da alcuni anni è significativamente in crescita. L’evoluzione si può osservare secondo due criteri diversi.

 

Host internet
vedi sezione dati – numeri in migliaia

Persone online
vedi sezione dati – numeri in migliaia

 

L’indice di hostcount è una misura concreta che riflette il volume di attività online. Il numero di persone che si collegano è una stima, necessariamente imprecisa, che può basarsi su diverse definizioni di utilizzo della rete. Per quanto dissimili, i due sistemi di analisi sono basati su criteri coerenti nel tempo. (Vedi la sezione dati per spiegazioni e approfoondimenti).

Nei due andamenti si rileva una notevole evoluzione in anni recenti, ma con significative differenze. La crescita del numero di persone online ha avuto una continua accelerazione fra il 1994 e il 2000, ma ha segnato un rallentamento nel 2001-2002. Il numero di host internet in Italia, invece, ha avuto uno sviluppo inferiore alla media mondiale ed europea fino al 1999 e una forte accelerazione dal 2000 in poi.

Fra tutti gli ambiti di comunicazione l’internet – e in generale l’attività online – è quello con la più forte tendenza di sviluppo (anche se lontana dalle infondate ipotesi di “crescita esponenziale” che erano di moda alcuni anni fa). Non è possibile prevedere quali potranno essere i tassi di crescita nei prossimi anni, ma siamo ancora lontani da una possibile “soglia” di saturazione.

In tutto il mondo c’è un’evoluzione in cui si mescolano tendenze tradizionali (e continue nel tempo) con nuove situazioni in rapido cambiamento. Le une e le altre formano un “insieme” disomogeneo ma indivisibile – in cui le persone individualmente, e la cultura nel suo complesso, governano o subiscono l’informazione e la comunicazione. L’Italia è un caso particolare per la sua arretratezza in alcuni settori e la sua veloce (quanto disordinata) evoluzione in altri.

Dopo queste brevi osservazioni “storiche” vediamo la situazione, per ciascuna delle risorse, alla luce di questa nuova analisi del Censis.



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