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La coltivazione dell’internet


Prefazione
Di Guglielmo Barbiero

Le relazioni sociali, dopo l’alfabeto e la stampa, hanno potuto compiere un altro significativo passo in avanti grazie all’avvento delle tecnologie elettroniche di comunicazione. Questo libro di Giancarlo Livraghi, giustamente, mostra l’internet come modalità avanzata di comunicazione interpersonale, cioè di relazione tra uomini.

Ma una lettura più approfondita ci porta anche ad altre considerazioni. Come tutti sanno le relazioni tra i membri di una comunità sono assoggettate a una serie di regole – esplicite o meno – che tendono a stabilire varie norme comportamentali. In ogni sistema di comunicazione si possono cogliere le convenzioni principali, ad esempio che « non si deve dire né più né meno del necessario» (imperativo di Paul Grice).

Livraghi individua e spiega quelle "regole" che la comunità sta adottando per facilitare lo scambio di informazioni nell’internet – comunque non facile a causa delle culture e delle convenzioni diverse tra i diversi utilizzatori. Il libro mostra in ciò il suo lato forse più interessante: si tratta infatti dell’aspetto "culturale" della comunicazione.

Altri due stimoli alla riflessione derivano dal constatare l’inevitabile aumento di quantità e varietà di informazioni che il sistema rende disponibili.

Il primo riguarda la necessaria capacità di "governo" per indirizzare, coordinare e integrare al meglio i volumi crescenti di informazioni, capacità che si esprime anzitutto nell’identificare e selezionare le informazioni "pertinenti".

Ciò è possibile, evidentemente, solo conoscendo le finalità per le quali le informazioni si rendono necessarie e tali finalità riguardano non soltanto l’azienda ma anche l’ambiente in cui opera. È noto infatti che l’informazione in sé non ha valore alcuno e che la sua valutazione si compie solo con riferimento al suo specifico uso.

Questa prima osservazione, a proposito della capacità di governo del maggiore volume di informazioni, induce a riflettere anche sulla distanza oggi esistente tra le competenze disponibili e quelle che sarebbero invece necessarie, soprattutto in relazione alle situazioni critiche che molte aziende debbono fronteggiare. In questi anni frequentemente è necessario affrontare i danni che derivano dalla mancanza di competenza nel gestire dimensioni d’impresa troppo elevate e frettolosamente cercate invocando sinergie troppo spesso inesistenti.

La seconda osservazione riguarda la capacità di controllo del ritmo – accelerato – con il quale si rende necessario elaborare la massa di informazioni in arrivo, fatto questo che pretende di attribuire ancora più "valore" alla risorsa sempre limitata del tempo disponibile. Anche il tempo è una risorsa e come tale va economizzata.

In qualsiasi processo di decisione è possibile osservare l’esistenza di due grandi momenti, con caratteristiche assai diverse per logica di approccio e di assegnazione delle risorse (Herbert Simon al proposito parla di "razionalità procedurale").

La prima fase riguarda la definizione e l’analisi della situazione problematica, fino alla generazione delle alternative. In questa fase l’obiettivo è produrre il numero più elevato possibile di alternative da valutare. I metodi di lavoro sono quelli relativi alla produzione di idee, alla ricerca di soluzioni agibili: la qualità del risultato è data dall’entità e varietà dell’output.

La seconda fase invece riguarda la valutazione delle soluzioni disponibili anche alla luce delle conseguenze derivanti dalla loro attuazione, nonché la scelta e l’adozione di quella identificata come la migliore o la "meno peggio" fra tutte. L’obiettivo è ridurre il ventaglio delle possibilità emerse nella prima fase; i metodi di lavoro sono quelli della selezione, del confronto, della valutazione

Ora, pensando all’economia, si tende a ridurre il tempo della prima fase, quella dell’analisi e della generazione di alternative, correndo alle conclusioni e riducendo di conseguenza l’entità del materiale da valutare (risultato dell’attività svolta nella prima fase). Si fa conto allora sulla "genialità intuitiva" e sulla illusoria capacità di visione e di dominio dell’intero problema.

Molti pensano che la rapidità decisionale sia in ogni caso un segno di buona qualità manageriale... come se nello scambio si cercasse di minimizzare sempre e soltanto uno dei termini – il prezzo – senza curarsi della qualità della contropartita (raro è il caso in cui la tempestività di intervento è più importante del valore della decisione).


Da queste premesse si possono trarre tre ordini di conclusioni:

  • La tecnologia dell’informazione (e ancor più l’economia della connessione) pone l’umanità dinnanzi a una serie di problemi che riguardano la mente piuttosto che la muscolatura. È probabile che le possibilità offerte dalle risorse di informazione e comunicazione siano inadeguatamente utilizzate a causa del mancato allineamento della conoscenza.
  • Un problema rilevante riguarda la capacità di valutare la pertinenza per selezionare elevati volumi di informazioni, il che solleva il problema della conoscenza approfondita del terreno della loro applicazione e utilizzo (azienda e mercato).
  • Un altro problema centrale obbliga a riconsiderare il tempo disponibile: non più da minimizzare a oltranza, ma da commisurare in rapporto all’utilità ottenuta. Si potrebbe quindi pensare a una sorta di gerarchia delle risorse e considerare di pari rango:

    sia i mezzi finanziari, sino a ieri considerati la risorsa più importante ("con il denaro si compra qualsiasi cosa");

    sia i mezzi immateriali, cioè competenza e tempo, dimensioni fortemente interconnesse, non acquistabili, che sfuggono a valutazioni monetarie (le competenze si "costruiscono").


Tempi non facili si preparano per la comunità di studio, data la difficoltà con cui la scienza economica procede nell’integrare la "scienza delle tecniche" (ovvero la tecnologia) e la crescente complessità dei sistemi di informazione e conoscenza.







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