A quasi sessant’anni, nella scuola di cinema della Regione Lazio dove facevo lezione, mi trovai un giorno nella sala da disegno dove c’era un tecnigrafo. Avevo sempre desiderato usare quell’attrezzo, ma non ne avevo mai avuto l’occasione. Ero solo, gli allievi erano in proiezione. Cominciai a tracciare linee orizzontali, verticali e oblique, era divertente muovere quelle leve e tirai fuori la mia passione per le linee e i punti di fuga che mi avevano affascinato già al liceo. Il risultato fu uno scorcio di parallelepipedi che potevano essere dei grattacieli. Portai a casa il disegno e lo rifeci su una tela che avevo da una precedente voglia di dipingere. Questa volta usai anche i colori e quello fu il mio primo quadro.
Continuai a disegnare e a dipingere prospettive sempre più accurate e ardite finché mi venne la voglia di dipingere qualcosa di rotondo e nacque la prima di una lunga serie di mele. Mele bianche, rosse, verdi e gialle. Di giorno lavoravo, dipingevo la sera e talvolta fino a notte alta. Alle volte mi sono addormentato sul tavolo e l’ultima pennellata era uno sgorbio che il giorno dopo dovevo cancellare. Gli sfondi erano azzurri finché apparve qualche nuvoletta. E piano piano presi coraggio e apparvero nei miei quadri alberelli e fiori e poi scalinate e case, ponti, prati e boschi e architetture sempre più ardite e più complesse e panorami, e orizzonti pieni di cose.
La mia pittura divenne sempre più accurata e minuziosa finché un giorno decisi di fare una mostra. Anzi, mi capitò di partecipare a una collettiva che andò benissimo, fui l’unico a vendere tutto. Questo mi incoraggiò e da allora sto continuando a dipingere cambiando però soggetti, colori, pennelli, tutto va bene, importante avere delle idee, perché ogni mio quadro è un’idea diversa, non dipingo mai lo stesso quadro. Un amico che è ritenuto un esperto venne un giorno a vedere i miei quadri e mi disse: “Devi inventare un tuo stile e continuare sempre a fare dei quadri che abbiano lo stesso stile in modo che chiunque li veda li riconosca come tuoi. Quando questo stile sarà affermato e troverai un mercante, non avrai più problemi, li venderai tutti.” Io ho fatto esattamente il contrario, un giorno dipingo un prato con dei fiori, il giorno dopo un muro di mattoni col filo spinato, un altro ancora una spiaggia deserta con delle bottiglie di plastica abbandonate o una molletta da bucato contro il cielo. Aspetto l’idea che mi stimola e dipingo il quadro. Mi dicono tutti che sono magrittiano, per me è un complimento perché Magritte mi piace molto, ho visto tutte le sue mostre.
Tanti anni fa girai una serie di documentari con la regia di Casadio, su alcuni pittori famosi, De Chirico, Tomea, Viviani, Usellini, Clerici e tanti altri, con Clerici nacque un’amicizia e lo aiutai a catalogare e fotografare centinaia dei suoi quadri, lo conobbi a fondo, era un pittore straordinario, colto e raffinato. Al confronto di tutti questi pittori io mi sento un dilettante, un pittore della domenica, un imbrattatele, perciò non ho mai più osato fare una mostra. Però, in occasione di compleanni, matrimoni regalo i miei quadri, li faccio scegliere agli interessati che sembrano felici di portarseli a casa. E’ capitato anche, più di una volta, che degli sconosciuti americani o canadesi, visto il mio sito, mi abbiano chiesto di comperare dei miei quadri, e me li abbiano anche pagati bene. Comunque la pittura rimane sempre per me un passatempo, un divertimento, nessuno mi può dire che cosa o come devo dipingere. Ho conosciuto un pittore di una certa fama, il suo mercante ogni mese gli diceva “mi devi dipingere tot cattedrali quaranta per cinquanta, tot donna sdraiata trenta per quaranta” ecc. Secondo me non è più pittura, è artigianato.
L’ unico vero rammarico è che non so disegnare, altrimenti i miei quadri sarebbero molto diversi e forse più affascinanti. Non so proprio disegnare la figura umana, quando ho bisogno di una presenza umana dipingo degli omini sotto a un ombrello, per cui mio figlio ha intitolato il mio sito “A man with the umbrella.” Ma ho fatto pure un’altra mostra in una libreria romana, il quaderno delle firme è pieno di apprezzamenti piuttosto lusinghieri, ma si sa, nelle mostre ognuno è libero di scrivere quello che vuole.
Ho avuto in un altro periodo anche un altro “hobby”, la fotografia di nudi femminili. In uno studio fotografico avevo un locale, l’avevo attrezzato e fotografavo modelle di tutti i tipi, alte, basse, tette grosse, tette piccole, sederi grossi, sederini, brune, bionde, italiane, straniere, tutte quelle che mi mandava un agente. Eppure sono riuscito a fare fotografie di una certa classe, eleganti, mai volgari, mai grottesche, sempre gradevoli da vedere. Dove necessario mi aiutavo con collane, foulards, cappelli , specchi e altro. Era un passatempo anche quello al quale dedicavo qualche giorno al mese. Stampavo il bianco e nero, il colore lo mandavo al laboratorio. Quando ebbi una certa quantità di foto che ritenevo all’altezza feci una mostra in una libreria. Ebbe successo, ne parlarono un paio di giornali e i commenti nell’album delle visite erano oltremodo positivi. Mi firmò l’album anche Antonioni. Ho anche trovato una vecchia busta con le foto che facevo cinquant’anni fa, le nebbie di Padova, le spiagge di Genova e i bambini di Napoli, le ho ricuperate, scansionate e ingrandite, un editore milanese ha pensato di pubblicare queste foto in un libro, con annesse poesie di vari poeti. Abbiamo presentato la mostra fotografica e il libro di poesie “Fotoscritture”, in una libreria. E’ piaciuto molto.