C’era una volta un paesino in cui viveva mamma Lina che per i suoi bambini sfornava spesso dei buoni biscottini. Erano così buoni che li offriva anche ai bimbi dei vicini. Si era sparsa la voce che quei biscotti erano talmente squisiti, che il padre pensò un giorno di farne fare alla moglie tanti di più, da vendere a tutto il vicinato.
Li chiamarono “Nuvolette” per quanto erano leggeri. Fu una buona idea perché in poco tempo cominciarono a guadagnare dei soldini e la loro vita migliorò. La fama di questi biscotti arrivò anche al paese vicino e un’altra famiglia pensò di fare la stessa cosa. Per distinguerli dalle Nuvolette aggiunsero un po’ di miele e li chiamarono “Sospiri”. Tutto andò bene per degli anni, finché i figli crebbero, diventarono degli ometti e continuarono a produrre biscotti. Ma le due famiglie erano aumentate, i figli ebbero altri figli e i guadagni non bastavano più. Allora nonna Lina pensò di rendere i suoi biscotti più allettanti, aggiunse un po’ di nocciole e li incartò in carta colorata rossa. La famiglia del paese vicino aggiunse un po’ di granella di cioccolato e li incartò in carta colorata azzurra. Ovviamente ora costavano di più, ma per avere lo stesso guadagno dovettero prendere degli aiutanti per produrne di più. Dopo un altro po’ di tempo i figli di nonna Lina cominciarono a confezionarli in sacchetti di carta dorata. L’altra famiglia li confezionò in sacchetti di carta dipinta. Si era sparsa la voce della bontà di questi biscotti e le due famiglie cominciarono a spedirli nei paesi vicini. Ma l’appetito vien mangiando e per aumentare i guadagni i nipoti di nonna Lina fecero affiggere nei dintorni dei cartelli che decantavano la bontà delle Nuvolette. Anche gli altri fecero lo stesso per decantare i Sospiri. Per compensare le spese delle confezioni e delle affissioni dovettero aumentare il prezzo dei biscotti, ma in definitiva guadagnarono tutti di meno. Cercarono di rimediare sostituendo al burro la margarina, alle uova un colorante e allo zucchero un dolcificante. I biscotti non erano più così buoni ma grazie al nome e alla pubblicità continuarono a venderli come prima. Ma dovettero pagare gli aiutanti, i pubblicitari, le tasse e tante altre spese, tutto sommato guadagnavano di più ma erano più felici quando i biscotti li faceva mamma Lina. E’ così comunque che nacque la pubblicità.
Venivo spesso chiamato a girare degli short pubblicitari. All’inizio erano i famosi “Caroselli” che erano filmini in cui la pubblicità del prodotto appariva solo nei pochi secondi finali. Si facevano vedere ai bambini prima di mandarli a letto. Tra tanti di questi lavori ne ricordo uno in particolare. Con la regia dei fratelli Taviani facemmo un viaggio attraverso l’Europa per pubblicizzare una fibra tessile sintetica. In ogni capitale, delle modelle locali o venute da Roma conducevano lo spettatore a scoprire le bellezze del luogo. Visitammo Madrid, Lisbona, Parigi, Londra, Amsterdam, Copenhagen e infine Venezia. Fu un viaggio stupendo, lavorando un paio d’ore al giorno avevamo il tempo di visitare tutta la città. A Londra la produzione aveva affittato un Bus a due piani col quale ci spostavamo tutti insieme. Bellissimo. A quel tempo la pubblicità era concepita ancora come uno spettacolino, erano scene alla fine delle quali si veniva a sapere qual’era il messaggio pubblicitario. Erano serie di 6 o 10 short, soltanto uno poteva essere passato due volte.
Da un certo giorno in poi le ripetizioni aumentarono. La Rai favoriva i clienti per dare loro la possibilità di fare più passaggi con lo stesso short, spendendo molto meno. L’introito pubblicitario della Rai aumentò, ma il lavoro dei pubblicitari diminuì a un decimo. Rimasero a produrre solo le società più forti. Io non lavorai quasi più.
La pubblicità spettacolino è finita, gli short vengono ripetuti centinaia di volte, fino alla nausea. Si è formata una catena, in testa ci sono le corporazioni americane, le multinazionali e le grandi aziende per le quali è di vitale importanza pubblicizzare e quindi vendere a qualsiasi costo. Televisione e giornali sono ormai al servizio della pubblicità senza la quale non ci sarebbero più né televisione né giornali. La Rai col solo canone potrebbe mandare in onda al massimo qualche telegiornale e forse qualche cartone animato. I politici non contano più, sono ormai anche loro agli ordini del capitale, cioè delle banche. E il telespettatore è costretto a subire gli orrendi sketch del bucato sempre più bianco, i prodotti che inquinano fiumi e mari, decine di marche di caffè che sono più o meno tutti uguali, acque minerali che sono minerali quanto quella del rubinetto di casa, alcolici che fanno sempre più vittime, macchine velocissime delle quali si pubblicizza solo la velocità e che si schiantano il sabato notte, vini scadenti, telefonini sempre più sofisticati e prodotti dimagranti inutili se non dannosi. Il telespettatore viene bombardato da falsi messaggi sempre più stupidi e assillanti e finisce per consumare cose inutili che promettono risultati miracolosi ma sono solo aria fritta. Come non bastasse, le confezioni presentate non sono mai quelle che si trovano in commercio, sono confezioni speciali fatte apposta per risultare più appetibili e più invitanti. La fanno da padroni le multinazionali che producono e vendono un paio di prodotti che sembrano ottimi, poi sfruttano lo stesso marchio per mettere in commercio dei prodotti scadenti. Io mi sento preso in giro, offeso, dalla pubblicità che considera gli utenti televisivi come imbecilli pronti a credere a tutto, a provare tutto, mi girano le scatole quando sento qualcuno che dice: “Hai visto, è uscito un nuovo prodotto miracoloso per la pelle” e così via. C’è in Austria uno stabilimento chimico che produce, tra l’altro, la lanolina, la fornisce a tutta Europa, tutti i cosmetici sono a base di lanolina alla quale ogni produttore aggiunge qualcosa per farla più o meno cremosa più o meno profumata, ma sempre lanolina è. Ma nella pubblicità diventa miracolosa, fa sparire le impurità, fa la pelle liscia e vellutata. Le modelle per la pubblicità dei cosmetici sono sedicenni, massimo diciottenni, questo è l’inganno.
Secondo la pubblicità viviamo in un paese di gente ricca, felice, con l’unica preoccupazione di possedere l’ultimo modello di tutto, di essere puliti, profumati, sazi ma snelli, eleganti, sorridenti, con delle case bellissime, senza polvere, senza acari. Chi non è così non conta, non esiste, per essere degni cittadini bisogna essere ricchi, avere un conto in banca, una buona assicurazione, una bella casa piena di divani, una scorta di pappine e pannolini per i neonati, di merendine per i bambini, e tanti detersivi e spendere, spendere e spendere! Tanti non possono fare nulla di tutto questo con i loro sette-ottocento euro al mese, ma sono una trascurabile minoranza che comunque comprerà almeno i detersivi e i pannolini.
Ultimamente è stata scoperta una truffa enorme, tonnellate di carne usata per gli omogeneizzati per neonati era di bovini provenienti da paesi lontani e nutriti con mangimi proibiti. Il tutto con sovvenzioni della comunità europea. Truffa doppia.
Inoltre incombe la pubblicità occulta, gli schermi televisivi sono sempre più pieni di attori che accendono sigarette di continuo. Ho lavorato con un regista che dopo aver fatto fumare una sigaretta a un attore, facendo vedere bene anche il pacchetto, cambiò la vecchia automobile con una molto lussuosa dicendomi: “Ovvia, in fondo era solo una sigaretta!” Ogni qualvolta sullo schermo cinema o televisivo appare un qualsiasi prodotto, da una innocente bottiglia d’acqua minerale a un capo firmato, c’è un premio per chi lo presenta o lo inquadra, che può essere il produttore o il regista o l’operatore o l’attrezzista. Quando ancora lavoravo c’era un certo signor T. che appariva e spariva se nell’ambiente c’era, anche seminascosta, una scatolina di stuzzicadenti. Il lato divertente era quando nello short si doveva presentare il prodotto che sarebbe apparso nel finale. Improvvisamente arrivavano sul set dei personaggi sconosciuti. Erano: il cliente, l’esperto, il perito dell’agenzia pubblicitaria, il responsabile più i loro aiuti e gli aiuti degli aiuti. Tutti volevano guardare l’inquadratura dalla macchina da presa, si formava una coda come per prendere l’autobus e uno per volta guardavano nel visore o nel monitor ma ognuno doveva dire la sua. Uno voleva la macchina più alta, uno più bassa, uno voleva lo zoom più stretto, uno più largo, uno diceva che c’era poca luce, uno troppa e parlavano a lungo prima di mettersi d’accordo.
C’erano lunghe discussioni in cui ognuno di questi pubblicitari cercava di imporre il proprio punto di vista. Alla fine si poteva impressionare la pellicola o il nastro video. Era sempre una comica. In seguito nacquero gli specialisti che giravano il prodotto, noi giravamo la scena. Comunque i primi tempi feci tanti viaggi, per il tonno in Sicilia, per la birra Peroni andammo in Jugoslavia in un posto bellissimo con tanti laghi e cascate, per la Campari in montagna, per la Coca Cola in Austria, per dei gelati in Tailandia e in Costa d’Avorio, per un liquore a Boston, e poi a Londra, in Congo ecc. Ma il posto più interessante in assoluto è stato in Messico. Ad alcune ore di viaggio a ovest di Mexico City c’è un lago circondato da colline, il lago di Patzcuaro, al centro del quale c’è un’isola straordinaria che da lontano sembra deserta. Ha la forma di un panettone. C’è un servizio di motoscafo per raggiungerla e a mano a mano che ci si avvicina, ci si rende conto che è coperta di vegetazione e di tante piccole case. Le strade partono dal lago e girano intorno all’isola fino ad arrivare sulla cima dove c’è il monumento dell’eroe nazionale messicano, il Morello. Tutt’intorno ci sono molte barche da pesca e tante reti stese ad asciugare. Le barche sono canoe ricavate da tronchi d’albero pazientemente scavati. Gli abitanti vivono della pesca e di un po’ di turismo. Si pesca un pesce particolare, il pesce “blanco de Patzcuaro”, che viene pescato con delle reti che sembrano farfalle, le mariposas. E’ un’isola incontaminata dove gli abitanti vivono come secoli fa. Ci siamo capitati il giorno dei Morti. C’è in riva al lago una spianata dove gli abitanti vanno a ricordare i loro morti, è una distesa di altarini con le fotografie dei defunti, ogni famiglia porta del cibo, della frutta, dei dolci e degli oggetti fatti di zucchero, come omaggio per le persone care che non ci sono più. La sera accendono candele e lumini, diventa una distesa di luci. E’uno spettacolo. Rimangono tutta la notte a pregare. Nel silenzio si sente solo il brusio delle preghiere. In tanta pace mi sentivo un intruso, ma è un’immagine che non potrò mai dimenticare.