Una nuova tecnica per l'ernioplastica inguinale. Perche' ?
Poniamoci una domanda. Cosa chiediamo ad una tecnica chirurgica per l'ernia inguinale?
Tutti insieme rispondiamo: che non ci faccia avere recidive. E poi? Qui sicuramente le risposte divergeranno. Io rispondo così: il rispetto della fisiologia, della statica e delle regole sulla sintesi dei tessuti. Tutto il resto è in subordine. Ed è in subordine perché oltretutto non potrà che essere ottimizzato da questa scelta.
Una parete «funzionale» può tenerci al riparo da un insuccesso, molto più di un «muro» cicatriziale anelastico e passivo.
Alla ovvia osservazione che il canale inguinale sede di ernia è comunque menomato funzionalmente, la ovvia risposta è: dunque recuperiamo al meglio le sue ridotte risorse funzionali, ma non annulliamole.
La necessità del rispetto delle regole di sintesi dei tessuti non merita neppure un commento, oltretutto ne abbiamo già parlato
Gli inconvenienti e i limiti delle tecniche tradizionali di erniorrafia sono stati già esposti.
Diremo in sintesi che questi metodi, l'un per l'altro, sono gravati da numerosi inconvenienti:
-alta incidenza di recidive (fatta eccezione per la Shouldice)
-mancato rispetto dei meccanismi fisiologici di difesa (sfincter effect e shutter effect)
-mancato rispetto delle regole sulla sintesi dei tessuti: suture in trazione, che comprendono i muscoli e che trapassano la parete a tutto spessore
-cattiva ricostruzione dell'anello profondo
-valutazione esclusiva della parete posteriore e disinteresse per la parete anteriore del canale inguinale
-resezione del cremastere.
Le tecniche più recenti che utilizzano le protesi molto spesso non rispettano la fisiologia: abbiamo già parlato dell'intrappolamento del muscolo obliquo interno da parte delle protesi prefasciali e dell'«effetto vela» nelle tecniche «tension free».
Solo la protesi in properitoneo, se non crea solide aderenze con la fascia trasversalis, può rispettare i meccanismi fisiologici. Ha tuttavia l'inconveniente di richiedere una vasta dissezione per far spazio ad una grande rete. La rete piccola, se non sopravanza la porta erniaria e se non è usata per rinforzare l'erniorrafia, ma per colmare la perdita di sostanza, è ad alto rischio di recidiva. A parte il fatto che la protesi, per quanto ben tollerata, resta pur sempre un corpo estraneo, da usare dunque nei casi in cui apppare strettamente necessaria.
Queste considerazioni mi hanno portato al convincimento che l'uso delle protesi «di principio», cioè sempre, sia errato e da evitare, mentre riaffermo i grandi e indiscutibili vantaggi delle protesi, quando c'è la giusta indicazione.
Un importante punto a favore della protesi è la possibilità di restituire in modo soddisfacente la funzione di «impermeabilizzazione» alla parete posteriore.
L'anello inguinale profondo, quando è sede di ernia obliqua esterna, risulta quasi sempre sfiancato, debole e mal definito; se non viene resecato il cremastere, è anche di difficile reperimento. Nessuna tecnica di erniorrafia consente una ricostruzione soddisfacente dell'anello profondo. Bisogna scegliere tra una ricostruzione funzionale ed anatomica con tessuti molto deboli ed una ricostruzione antifisiologica con l'utilizzazione del legamento inguinale.
Ho pensato che, piuttosto che recuperare male l'anello, fosse di gran lunga preferibile trasporlo medialmente, dove la fascia trasversalis è robusta, ben definita e protetta dal muscolo obliquo interno che la ricopre. Dunque un neo-orifizio profondo e obliterazione completa con rinforzo dell'orifizio originario senza sacrificare il cremastere, anzi utilizzandolo. Si viene a realizzare così un neorifizio funzionale e ben calibrato.
Un altro importante aspetto da considerare è che, nel canale inguinale affetto da ernia, troviamo spesso un muscolo obliquo interno ipotrofico che si inserisce in alto sulla guaina del muscolo retto e lascia un ampio triangolo debole (triangolo inguinale) in cui solo una sottile lamina formata da fascia trasversalis + aponeurosi del muscolo trasverso fa da barriera agli aumenti di pressione endoaddominale. E ancora, aponeurosi del muscolo traverso fa da barriera agli aumenti di pressione endoaddominale. E ancora, questo piano, anche nella porzione craniale, è mal protetto dalla debole contrazione del muscolo obliquo interno ipotrofico e spesso sovradisteso dall'ernia stessa.
I miei obiettivi, che privilegiano il rispetto delle leggi della statica, sono:
- aumentare la presenza di tessuto musco lare nella regione inguinale
- ridurre la distanza tra il margine laterale del muscolo retto e il legamento inguinale, per ridurre il «momento flettente»
-rinforzare il triangolo inguinale
-lasciare una completa possibilità di contrazione efficace al muscolo obliquo interno.
Il tutto nel rispetto rigoroso delle regole sulla sintesi dei tessuti.
Per realizzare questi obiettivi era necessario riprogettare l'anatomia della regione inguinale: dunque modificarla per recuperare al meglio le ridotte risorse funzionali e per minimizzare le aree «passive».


Da: LA NUOVA CHIRURGIA DELL'ERNIA
- ANTONIO GUARNIERI- Masson editore 1995.