Siamo nel mese di giugno, l'anno è il 2001 e a Roma la temperatura inizia a salire sensibilmente. In una di queste mattine in cui il cielo è limpido ed il sole risplende sulle teste dei romani impassibile di fronte al caos cittadino, mi reco a fare visita ad un altro importante esponente del panorama musicale cinematografico; Stefano Mainetti. Mi accoglie nel suo attico in modo molto ospitale, mi offre una bibita fresca e sul terrazzo del suo appartamento dal quale c'è una vista molto suggestiva su di un noto parco romano, iniziamo a chiacchierare...
WebMaster: Allora Maestro, supponiamo che Lei adesso avesse di fronte un libro "Intitolato enciclopedia della musica contemporanea e che sfogliandolo lei trovasse il suo nome, cosa pensa che ci sarebbe scritto nella definizione?
Stefano Mainetti: ...mmmhh omicida... assassino.... indagato (n.d.w.m.ride di gusto) beh... scherzi a parte, sicuramente penso qualche definizione collegata al mondo della colonna sonora visto che il 90% della mia attività è stata dedicata a questo che era ciò che io volevo fare, ho scritto una 60ina di colonne sonore tra televisione e cinema, per il resto ho fatto poche escursioni al di fuori di questo campo... c'è il disco del Papa Giovanni XXIIV l'Abba Pater, qualche produzione per chitarra classica che è stato il mio primo amore e all'inizio soprattutto qualcosa che riguardava la musica leggera ma avevo 23... 24 anni.
WM: C'è un famoso critico musicale americano che vi ha definito così: Stefano Mainetti, l'unico uomo che è riuscito ad unire sacro e profano... il sacro di una collaborazione con questo disco con il Papa, e il "profano" riferito alle numerose colonne sonore per film horror che lei ha realizzato.
S.M.: Quando ho cominciato a scrivere musica, a me piaceva nella sua globalità, se mi chiedessero quale fosse il mio pezzo preferito, mi metterebbero in difficoltà, in quanto dovrei dirne qualcuno per ogni genere... A me piace scrivere a volte per una colonna sonora di impostazione jazz per un quartetto, e magari quella successiva di tipo sinfonico ciò comporta anche che non è possibile approfondire un genere al 100% per viaggiare da uno stile all'altro. E' successo che il Vaticano mi interpellò per questi brani di Abba Pater per il Papa che erano un mix di orchestrazione mista etnica e sinfonica e si inquadra proprio in questo discorso, a me piace molto questo tipo di approccio, mix sinfonico etnico elettronico che però non ha nulla a che vedere con le colonne sonore horror che ho realizzato ad esempio Zombi 3 di Lucio Fulci
WM: Si può dire che la sua caratteristica fondamentale è la versatilità...?
S.M.: Beh, questo è un bel complimento e preferirei che fossero altri a dirlo, io ti posso dire che mi sono sempre impegnato in vari generi perchè questa è una peculiarità della mia attività... non scrivo solo per film d'amore o film d'azione, mi piace spaziare e il lavoro che di suo è già variegato consente inoltre la possibilità di viaggiare tra vari generi, lavorare con gruppi e formazioni completamente diverse oppure lavorare da solo di fronte ad un computer.
WM: A questo punto possiamo affermare che questa è una pregiudiziale importantissima per chiunque volesse intraprendere questo tipo di lavoro...?
S.M.: Sicuramente aumenta il panorama delle possibilità poter avere un approccio sia sinfonico che elettronico che etnico e chi più ne ha più ne metta... allo stesso tempo non si è specializzati in un determinato settore... ad esempio io vengo dalla chitarra classica che ho studiato per 10 anni ma non avendo proseguito la pratica,,, ho perso la mano e ho scritto poco... giusto due anni fa ho fatto questo disco ma ho dovuto ristudiare 6 mesi per fare un buon prodotto.
WM: Senta, scavando nel suo passato... quale fu il primo approccio con la musica di Stefano Mainetti.
S.M.: Il primo approccio fu abbastanza casuale... in quanto io provengo da una famiglia di imprenditori e non di musicisti, in casa avevamo un pianoforte... che fin da bambino per me fu un giuoco... A 5 o 6 anni mia zia mi regalò una chitarra dalla quale non mi sono più staccato, la suonavo appoggiandola sulle ginocchia... proprio come un pianoforte... così a quel punto i miei genitori pensarono bene di farmela studiare perchè non era così che si teneva quello strumento... Ti posso dire che già da allora quando mio fratello mi chiedeva cosa volessi fare da grande, io rispondevo... colonne sonore... neanche il musicista... colonne sonore! Non so perchè...
WM: Di solito un bimbo di quell'età vuole fare l'astronauta...
S.M.: Si... he he fino a 4 5 anni volevo fare il pompiere ma ben presto ho ripiegato sulla colonna sonora...
WM: E andando avanti come si è evoluto questo progetto?
S.M.: Ho fatto il pompiere... he he he, si alla fine ho fatto il pompiere... he he no scherzi a parte si è evoluta con gli studi... ho studiato 10 anni chitarra classica, ho fatto concorsi anche internazionali, concerti... quello che si fa a quell'età... avevo 12-13 anni. Poi quando ho finito il liceo mi sono segnato all'università mi sono iscritto a composizione ed inoltre studiavo anche direzione di orchestra e alla fine... intorno ai 30 anni ho fatto una specializzazione all U.C.L.A. dove mi riconobbero parte degli esami fatti in Italia e questo fu una sorta di Master sulle colonne sonore... un vero e proprio corso nel regno delle soundtrack, lì c'è tutta un'altra impostazione... Ho vissuto anni in America e ancora ci vado due tre mesi l'anno da circa 12 anni... Si può dire che ho avuto un'esperienza diversa... lì è completamente diverso con la musica da Film...
WM: Il primo lavoro importante... come l'ha affrontato?
S.M.: Il primo lavoro è stata la musica per un documentario su Fellini, la regia era di Ernesto Laura e mi fu dato l'incarico di scrivere per questa rassegna.... io scrissi la colonna sonora ed ero emozionatissimo... ero molto giovane ed era la primissima volta che scrivevo qualcosa di mio per un progetto audio-visivo...
WM: E come andò?
S.M.: Bene... anche se poi la cosa finì lì, ma servì a farmi conoscere nel campo e da lì piano piano strinsi qualche contatto... come in tutti i campi all'inizio bisogna lavorare sodo e darci dentro... in Italia è una professione particolarmente difficile... richiede molta improvvisazione... le produzioni sono poche e stanno sempre più calando... quindi c'è poco palcoscenico a disposizione, c'è sempre bisogno di affermarsi... saremo molto pochi in Italia a fare esclusivamente questo lavoro... credo una ventina...? Essendo coì pochi il mercato è ovviamente limitato... non si puo fare economia di scala.... mentre in America dove c'è una grande industria si possona fare progetti a medio termine... e si può impostare come in una società, lì ci sono altre cifre... altri zeri... altri numeri... altre considerazioni... c'è una cultura diversa. Stranamente in un paese come l'Italia che ha inventato il melodramma... e io credo che la colonna sonora sia figlia del melodramma nel senso vero e proprio del termine... non c'è questa cultura...Mi piacerebbe che fosse chiara la diferenza tra l'Italia e gli Stati Uniti... lì c'è tutta un altra considerazione per il mio lavoro, addirittura vieni chiamato in fase di sceneggiatura cosa che quì non avviene, parli con il regista con il produttore si fanno scelte di tipo artistico ed il peso che acquista la colonna sonora si sente rispetto alle produzioni nostrane...
WM: Prima diceva una cosa molto interessante riguardo i generi musicali... "non chiedetemi quale è il mio pezzo preferito in quanto potrei risponderti solo se me lo chiedessi all'interno di un genere" Invece le vorrei chiedere, a parte le sue produzioni, un artista nel suo campo che apprezza particolarmente....
S.M.: Ovviamente anche quì ci sono generi e stili diversi... se parliamo della colonna sonora in generale e di capiscuola Bernard Herrmann è uno dei miei preferiti... per capirci è l'autore di molte delle colonne sonore di Hitchcok, però aveva anche lui la peculiarità (per carità non voglio paragonarmici ) di spaziare per esempio è quello che ha scritto Taxi driver... per dirti quanto era lontano dal giallo classico di Hitchcok... morì fra l'altro mentre stavano mixando proprio quel film ed è un esempio eccezionale di binomio tra regista e musicista.... Hitchcok Herrman... Leone Morricone... Rota Fellini... Spielberg Williams... Questa è una cosa che mi piacerebbe attuare... avere una sintonia con un regista, è un salto di qualità... il film lo riconosci da poche note ed è girato anche per lasciare spazio al musicista e questi binomi sono rarissimi probabilmente ci fermiamo a questi esempi...
WM: Una domanda più personale, quando compone c'è un qualche luogo, persona o fatto che la ispira, o le idee nascono dalla tecnica? Come procede?
S.M.: L'approccio con la musica è estremamente soggettivo, ognuno ha i propri desideri da realizzare... l'ispirazione classica del termine c'è... credo che poi tutto nasca da lì... ad esempio a me quando chiedono "perchè hai cominciato?" perchè... sostanzialmente c'è una spinta e provi soddisfazione solo se ti muovi nel mondo della musica è un'esigenza e puoi affinare con la tecnica, con lo studio, però all'inizio è un'esigenza, una forma di espressione a cui tu cerchi di dare corpo perfezionandola poi con la conoscenza musicale... Non sempre questa ispirazione c'è soprattutto quando sei nel mondo del lavoro... Mica sempre ci si sveglia nella notte con i capelli dritti urlando "c'è l'ispirazione! corri corri prima che mi scappa...." Quando non c'è fai ricorso alla tecnica o ad appunti messi da parte precedentemente... La tecnica è molto d'aiuto, sai conoscendo gli elementi di base della composizione e della psicoacustica che è quella scienza che fa capire come idealmente uno spettatore risponde ad una combinazione di suoni e applicando queste leggi sai di provocare certe situazioni.... un accordo consonante crea situazioni di tranquillità, mentre un intervallo dissonante crea immediatamente una situazione di tensione perchè sono due note che sbattono una con l'altra con frequenze lontane fra loro provocando delle vibrazioni difficilmente divisbili.... il timpano trasmette una situazione di tensione al cervello... conoscendo questa legge e modulandola all'interno di un commento musicale si riesce ad ottenere e a dare all'ascoltatore una situazione mirata... Quindi c'è un discorso di ispirazione all'inizio ma se questa manca si fa ricorso alla tecnica in questo senso... e poi è un mix tra queste due cose...
WM: Le è mai capitato di essere immerso in tutt'altra attività e di essere improvvisamente ispirato artisticamente?
S.M.: Si si... capita capita... capita di scrivere all'improvviso qualcosa magari su di un pacchetto di sigarette mentre sei a cena con un amico e poi non vedi l'ora di sviluppare l'dea, oppure mentre stai suonando con altra gente ti isoli in un ricordo che può essere qualsiasi cosa... un amore un profumo... ma sostanzialmente alla base di tutto questo c'è un'esigenza, una forma di espressione e comunicazione.
WM: Hai mai scritto dedicando a qualcuno?
S.M.: Si nella mia vita spesso è successo, le emozioni più forti ho sempre cercato di tradurle in musica...
WM: Ricorda uno dei suoi pezzi in particolare che ha questo tipo di genesi?
S.M.: Beh, il primo che mi viene in mente è un brano per chitarra e orchestra intitolato Francesca, che è una donna che ho amato molto, e che poi con la sua autorizzazione è stato utilizzato in un originale televisivo della RAI intitolato "FINE SECOLO" che andò in onda circa un annetto fa... succede succede... previa autorizzazione della musa ispiratrice he he Non c'è una forma di possesso e gelosia e l'atto di creazione è troppo puro in se stesso per essere contaminato dalla commercializzazione. Anche perchè, aggiungo, quandi si ha l'ispirazione per fare un pezzo del genere poi lo si realizza su pianoforte o chitarra o semplicemente su carta, il poterlo realizzare con una grande orchestra diventa poi molto difficile... immaginiamoci che se ogni volta che dovessi realizzare una ispirazione chiamando un'orchestra perchè voglio dedicare un pezzo ad una donna o un amico non avrei neanche avuto l'apparecchiatura per registrare questa intervista he he he!
WM: Stefano Mainetti è un artista giovane con una bella carriera già alle spalle, e al quale auguriamo di avere molte cose da dire e comunicare per parecchio tempo, ma supponiamo un giorno, il più lontanto possibile, quando il maestro Mainetti non ci sarà più che qualcuno incappasse in quella famosa enciclopedia della musica contemporanea e che sfogliandola ci fosse scritto il suo nome... cosa le piacerebbe ci fosse scritto nella definizione?
S.M.: Beh mi piacerebbe essere riuscito a dare qualcosa agli altri attraverso il mio lavoro, il cui fondamento è riuscire a comunicare. Non ha senso se non esiste un destinatario del mio messaggio, come in tutte le forme d'arte chiaramente... Quindi è mia cura cercare di comunicare e capire gli altri e a mia volta di farmi capire subito e semplicemente... La musica ha questo pregio rispetto ad altre forme di comunicazione e cioè di essere immediata, salta delle barriere. Se qualcuno ci parlasse in una lingua sconosciuta, sarebbe molto difficile avere un rapporto, mentre in musica ciò non avviene è un linguaggio internazionale. Riuscire a penetrare nelle persone e ad entrare nell' intimo della gente è ciò che io perseguo e se dovesse risultare nel mio epitaffio ne sarei molto gratificato...
WM: Praticamente lasciare una traccia del proprio passaggio....
S.M.: Soprattutto essendo riusciti a comunicare qualcosa...
WM: Un ultima domanda... In tutte le tue numeriose esperienze se mi può raccontare un paio di eventi simpatici degni di essere raccontati
S.M.: Essendo un mondo molto vario, di eventi strani ce ne sarebbero parecchi da raccontare... Un po' di tempo fa stavo scrivendo una colonna sonora per un regista americano Ted Kocheff (il regista di Rambo), e contemporaneamente si accavallò un originale televisivo che era la storia di Anna Karienina e si chiamava "il grande fuoco", contemporaneamente avevo due lavori, un film americano ed una produzione per canale 5 e i tempi si sovrapposero... alla fine riuscii a far coincidere l'editore cosicchè avrei potuto utilizzare la stessa orchestra, il problema era che avevo tutti e due i registi in sala... registravo con l'orchestra della Scala di Milano... i due registi diventarono amici però ogni tanto si litigavano i turni con l'orchestra.Io cercavo di gestire come possibile la situazione... di giorno registravo i vari M dei film e la notte arrivavano una volta uno una volta l'altro fonico e mixavamo il materiale che poi spedivamo alle produzioni per farlo montare... mi ricordo inoltre quella Francesca di cui ti parlavo prima, che mi portava le camicie ed il dentifricio. Per 3 giorni e per 3 notti non uscii da quella sala dirigendo di giorno e mixando di notte... non mi sono più ripreso da quella esperienza...! Questo per far capire quanto questo lavoro possa essere impegnativo a tratti...
E' stata una piacevole chiacchierata di circa mezz'ora quella che è appena terminata, chiedo alcune foto al Maestro e mi allontano dopo avergli stretto la mano...
Il maestro Stefano Mainetti nel suo studio
Il maestro Stefano Mainetti