ASTRAZIONE E ASTRATTISMO
LA RAFFIGURAZIONE DELL'ASTRATTO
Quello dell'astrazione e' un momento dell'uomo, anzi il momento apice del suo processo raziocinante in cui dall'analisi del particolare egli accede alla sintesi universale superando con un balzo d'intuizione ogni effetto spazio-temporale.
Astrazione pura, in se' e per se', e' Dio, che e' puro spirito e, in quanto tale, non raffigurabile. Dio puo' figurarsi Cristo, che e' sua manifestazione storica, ma Cristo, senza nulla togliere al divino, s'e' incarnato accogliendo nell'unita' della sua Persona anche la natura umana (perfectus Deus et perfectus homo). Allora per rappresentare il divino in Cristo dobbiamo ricorrere all'umano. Dall'uomo non si evade.
In effetti gli informali intendono sorreggere la loro produzione dicendo che pittura e scultura debbono rinunciare totalmente ai contenuti illustrativi per raggiungere la massima purezza o essenza o interiorita' metafisica.
Fra gli espressionisti tedeschi del movimento Blaue Reiter (Cavaliere Azzurro), nato a Monaco nel 1911, Kandinskij assurse a teorico dell'Astrattismo e poi dell’informale in genere con un libro intitolato "Dello spirituale nell'arte". In esso afferma la necessita' di adottare i mezzi della pittura per esprimere direttamente il mondo interiore nelle sue realta' piu' profonde.
L'Espressionismo di Kandinskij intendeva superare al contempo Impressionismo e Postimpressionismo, Cubismo e Futurismo e ogni altra esperienza dell'epoca ponendosi come sintesi astratta, affine alla musica, capace di giungere immediatamente alle fonti piu' segrete dell'emozione e della spiritualita' (linea, colore, massa, posti in rapporto dialettico tra loro in modo analogo al ritmo, al contrappunto e al timbro del discorso musicale). Kandinskij, seguito poi da Paul Klee, e' convinto che certi colori, o certe forme, possano costituire un codice capace di comunicare con immediatezza delle sensazioni quasi oggettive. A riprova di queste teorie compone una sua "musica visiva" calibrando, secondo il suo proprio sentire, un insieme complesso di emozioni, sensazioni, sapori e suggestioni simboliche.
Ora, quasi non bastasse quanto detto sin dall'inizio, possiamo confrontare le tesi con cui Kandinskij e altri informali tentano di dare fondamento teoretico alla negazione dell'unita' psicofisica della persona umana, con le dottrine che invece ne sostengono l'indivisibile osmosi. Cercheremo cosi' di chiarire gli "storici equivoci" su cui si basano molti percorsi contemporanei delle figurazioni e delle audizioni.
VERA E PRESUNTA METAFISICA
Chi piu' di Dio e' metafisico? Chi piu' di Lui ha inteso rivelare all'uomo concetti e realta' di valore dogmatico e annunciare Misteri di Fede? E chi piu' della SS.Trinita' ha promosso l'animo umano al mondo ineffabile dell'interiorita' elevando l'intelletto, la volonta' e l'amore dell'uomo all'ordine soprannaturale?
Come gia' accennato, si tratta della Rivelazione del Verbo incarnato, e cioe' di Dio che per manifestare all'uomo il divino assume la nostra corporeita' (perfectus homo), e questa, lungi dal rappresentare un ostacolo alla Rivelazione, ne e' stata il mezzo eloquente. Dal momento della Concezione verginale nel grembo di Maria fino al Sacrificio della Croce e all'apoteosi della Resurrezione, Cristo, tramite il suo corpo, ha rivelato l'uomo a se stesso innestando il naturale nel soprannaturale, il fisico nel metafisico, il temporale nell'eterno.
Dunque considerando gli infiniti contenuti della Rivelazione, possiamo ricavare, in armonia con essi, anche il principio estetico in base al quale nulla puo' rivelare l'essenza interiore della creatura umana piu' del suo corpo considerato nei tratti fisionomici e nella sua sostanza materica. Prescindere dall'umano per rendere esplicita l'interiorita' significa deviare dall'unica realta' che puo' esprimerla soddisfando pienamente l'intelletto e i sentimenti di chi la recepisce.
Giovanni Paolo II nell'enciclica "Veritatis Splendor" per definire la natura umana associa interiorita' e corporeita' in termini essenziali:
" La natura dell'essere umano puo' precisarsi solo in riferimento alla persona umana nella sua totalita' unificata, cioe' ANIMA CHE SI ESPRIME NEL CORPO E CORPO INFORMATO DA UNO SPIRITO IMMORTALE".
Il riferimento alla natura in questi termini consente di affermare che ogni pretesa di raffigurare i contenuti dello spirito umano con aggregazioni informali, nel momento in cui e' deviato dalla realta' di natura, lo e' anche dalla ragione e dalla logica del vivere.
D'altro canto loro stessi, i teorici dell'informale, nell'intento di darne giustificazione, riesumano le teorie del negativo; e il Dadaismo, la piu' radicale delle emanazioni della non-forma, qualifica se stesso, per bocca dei medesimi fondatori, come negazione di tutto cio' che e' significante, l'"anti" per antonomasia: anti arte, anti logica, anti morale, e poi anti famiglia, patria, religione, insomma anti tutto.
Facile, troppo facile qualificarsi al negativo. E' come definire l'uomo con le infinite proposizioni su cio' che egli non e', senza mai costruire la sua identita' (il che e' difficile). Proviamo a girare la medaglia dell'informale e ricaviamo positivamente il suo modo negativo di presentarsi, verranno fuori gli aspetti ripugnanti del diabolico, cioe' stoltezza, menzogna, alterigia ignavia, pazzia, abulia' degrado, anarchia libertaria, violenza, sessomania, megalomania, abortismo, terrorismo, profanazione di ogni nobilta' della natura...
Riguardo poi alla critica enfatico-apologetica dei moti informali dadaisti definiti come pensiero puro, grafica ideologica, arte mentale, rivoluzione culturale..., per dare un'idea plastica di quanto sia assurda, immaginiamo il contegno di chi, ricevendo una salivazione in pieno volto, si mettesse a indagare su eventuali parametri culturali dell'evento. E' pazzesco, pur tuttavia un tale atteggiamento alligna in quell'ambito della produzione dell'assurdo che e' l'informale.
Vediamo qualche altro concetto che puo' confermare il primato della figura umana proprio nella raffigurazione astratta:
Se il corpo umano manifesta l'anima (allo stesso modo per cui, direbbe Aristotele, il cavallo e' espressione del concetto astratto di cavallinita'), non v'è dubbio che esso, il corpo, sia all'anima congenito e congeniale, ovvero che la sua configurazione e struttura anatomica sia espressione visibile dell'anima invisibile, o, se si preferisce, sia la ragione estrinseca dell'intrinsecita' dell'anima e in definitiva l'esteriorita' di una corrispondente interiorita', se dunque e' vero questo, allora tutti i contenuti di essa -i quali in modo eminente interessano l'arte - e cioe' amore, sentimenti, stati d'animo, idee, raziocinio, intuizioni... trovano nel corpo il mezzo eloquente per eccellenza onde potersi esternare. Ogni altro tentativo di esprimere quei contenuti per mezzo di altre figurazioni e' riduttivo, o parziale o improprio o addirittura falso.
Da quanto detto si evince senz'ombra di dubbio che UNICO MODO PER DAR FORMA ALL'ASTRATTO E' DARE ALL'UMANO IMPRONTA DI ASTRAZIONE. I grandi d'ogni arte, elevando le loro opere a contenuti universali, hanno raggiunto l'astrazione. Proprio loro sono i maggiori astrattisti d'ogni tempo, Piero della Francesca, gli iconografi orientali, Bach, Brahms, Leopardi, San Francesco, Talete, Masaccio, Sant'Agostino, Cezanne, San Tommaso, San Giovanni della Croce, Beethoven, Ungaretti, Montale, Shapeskeare, Manzoni, Platone, Socrate, Pirandello, Mantegna, Wrigte, Brunelleschi, Paolo Uccello, Leonardo, Einstein...
Ora vien fatto di chiederci se alle opere di pittori e scultori moderni e contemporanei si debbano negare contenuti d'arte per aver essi scelto di esprimere la tensione astrattiva nell'informale negandola implicitamente alla figura umana.
In effetti vi sono imbrattatele, scalpellatori e inventori di suoni con relativi prestigiatori della critica, definibili come "spacciatori d'illusioni" perche' sia l'informale nella pittura e scultura che il rumorismo in musica si prestano alla truffa molto piu' del figurativo e dell'armonico.
Ma occorre distinguere: personaggi come Picasso, Braque e i maggiori cubisti, altri come Klimt, Kandinskij, Klee, Vedova, Afro, Capogrossi, Miro', e come Boccioni, Balla e i maggiori futuristi, dimostrano di poter fare dell'arte. Le loro opere hanno forte potenzialita' poetica e rivelano la volonta' degli autori di giungere alle sfumature del sentimento. Quelle tele riempite di "non forme" lasciano trapelare un'energia che potrebbe scrutare i momenti remoti dell'anima per tradurli in palpiti cromatici e in fascinosi codici lineari.
Questo ed altro dice la poetica degli informali onesti, ma la negazione pregiudiziale della figura umana vanifica la loro ricerca impedendole di spaziare nella grande poesia e costringendola ai termini angusti della potenzialita'. Le loro opere argomentano effetti di un decorativismo raffinato, propongono spazi attraenti, sono piene di spunti artistici, ma tronche, come ispirazioni abbandonate alle soglie della poesia, come temi sonori frustrati all'atto di svolgersi in discorso musicale.
Spesso la fase esecutiva di questa sciupata astrazione, trova compimento in elaborazioni tecniche attuate con zelo artigianale e dovizia di sostanze chimico-fisiche: è una sorta di alchimia che serve a compensare con preziosismi e spessori cromatici, con eccentrici materiali pittorici e scultorei (resine e plastiche incluse) la frantumazione del messaggio poetico. L'analisi di queste opere impegna i sentimenti e l'intelletto in modo molto relativo perche' l'osservatore recepisce pochi elementi che vadano oltre il dato sensoriale; il risultato della sua indagine supera appena gli strati dell'emotivita', e di fatto l'attenzione critica si dissolve nella ridda di ipotesi scatenate dalla imponderabilita' delle raffigurazioni e dall'astrusita' dei titoli, senza mai approdare alla organica riflessione.
Se strappassimo un testo della Divina Commedia, avremmo disarticolati frammenti dai quali potrebbe dedursi una capacita' di alta poesia, ma nulla piu' di questo.
Gli informali, nel momento stesso in cui affermano i loro astrattismi negano alla forma umana la prerogativa di esprimerli; come se l'anima, in correlazione con il corpo che la traduce fisicamente, avesse esaurito ogni possibilita' di essere attuale e non potesse piu' rendere eloquenti i contenuti della sua inesauribile vitalita'.
In realta' l'unica astrazione possibile all'uomo, e pienamente rispondente al significato di questo termine, e' la pura contemplazione che ha luogo nella meditazione dei mistici (alla quale per altro giunge anche la riflessione di artisti e scienziati nel momento contemplativo o dell’ispirazione, quando la tensione di ricerca approda alla comunione con l'universale e l'ideazione folgora l'intelletto).
Adottare una tecnica di valore strumentale per la trasposizione del pensiero astratto-contemplativo in un linguaggio convenzionale fatto di segni, suoni, colori o parole, significa far precipitare l'astrazione nella sfera del sensibile negandole percio' stesso il valore di astrazione.
Socrate aveva compreso la relazione dialettica fra il particolare e l'universale, e per caratterizzare la sua speculazione a quel livello la comunicava nella tecnica viva del dialogo, unica a rispettare le dimensioni astrattive perche' calzante con i ritmi del pensiero e capace di esprimerlo nella simultaneita' (sebbene rispetto alla contemplazione silenziosa, l'articolarsi della parola verifichi una certa sminuizione dell'astratto).
Allora chiamare astratto o metafisico un prodotto eseguito con marmo, bronzo, colore, o con strumenti musicali, e' fatale che dia luogo ad equivoci.
MUSICA
La musica si definisce astratta per eccellenza in quanto fatta di suoni e anche per la ragione valida che non e' ingombrata da tele, marmi, bronzi, muri..., e', come suol dirsi, volatile. Cio' e' vero, ma occorre tener presente il significato ontologico di musica che, come per tutte le arti, e' la poesia, quindi in quanto tale obbedisce a quel dato logico del quale s'è ampiamente trattato nelle pagine precedenti. Inoltre ha senso considerarla come espressione discorsiva (il discorso musicale) di valore concettuale.
Il tema musicale e' l'argomento del discorso, mentre lo sviluppo armonico del tema ne e' il filo logico; infatti armonia e' essenzialmente collegamento del fraseggio secondo una linea melodica variamente modellata dall'orchestrazione.
Un rigore matematico e' scontato, ad esempio, nei generi della fuga e del contrappunto, ma e' doveroso indicare il canto monodico gregoriano come discorso di contenuto mistico che si modula su una linea logica il cui rigore induce l'opinione universale a parlare di "armonia allo stato puro" e "archetipo di ogni altro impianto musicale".
Abbiamo cosi' discorsi musicali teologici (Bach, Palestrina, Vivaldi...), filosofici (Schubert, Brahms, Beethoven...), Intellettuali (Liszt, Chaikowski...), sentimentali (Chopin, Mendelssohn...), briosi (Mozart, Rossini...) e cosi' via patriottici, descrittivi, fiabeschi, pastorali, folkloristici..., tutti strutturati secondo un'architettura melodica avente un fine da raggiungere e un messaggio da comunicare secondo la logica del sentimento e della ragione.
Debussy e gli impressionisti concepiscono una logica musicale intellettualmente complessa che raggiunge obbiettivi poetici originali e diversamente orientati rispetto alla linea melodica tradizionale; da loro prende avvio la musica contemporanea che si evolve nell'espressionismo di Strawinskij e di Orf. Sara' la dodecafonia a creare una scala musicale "antiarmonica", ma se consideriamo ad esempio Bela Bartok, le dissonanze obbediscono alle regole di un linguaggio di sintesi, paragonabile all'Ermetismo, capace di simbolismi pregni di significati.
La spaccatura si verifica con il Rumorismo che non ha logica e si appella al sensismo in modi piu' o meno morbosi (a volte psichedelici) essendo vuoto di ogni finalita' discorsiva e quindi di ogni possibilita' oggettiva. Il rumorismo puo' apparentarsi col peggiore astrattismo o con il paroliberismo onomatopeico del primo futurismo letterario.
CRISI DELLA LOGICA
La crisi della logica e' la breccia attraverso cui puo' passare, e di fatto passa, la menzogna.
L'informale, se trattato da autentici poeti, diventa emblema di una poesia potenziale, un test da cui si possono dedurre sogni di danze sorridenti o impressioni di ridde urlanti o, al limite, visioni di armonie decorative frutto di incontestabili abilita' di mestiere. Ma l'informale e' facile preda - lo abbiamo detto - delle intenzioni fraudolente di esecutori e di critici colmi soltanto di commercialismo.
La crisi della logica consente persino ai drogati e agli alcolizzati una collocazione sugli scanni dell'arte dando seguito da una parte alla letteratura enfatica e arbitraria della critica che storicizza Pop e Dada' (e i rumoristi in musica), e dall'altra alla cosiddetta "cronaca del reperto" e cioe': se la societa' produce l'orrido e il cretino, due son le cose: o si riesce a farlo passare per un bello intelligente tutto da capire, o viene immortalato come "documento d'epoca", mentre gli espositori lo incorniciano, i galleristi lo gallerizzano a livelli nazionali e internazionali e i critici lo ammanniscono al pubblico con ridondanti fraseologie di circostanza, tanto di affumagliare gli occhi gia' opachi di quegli amatori oberati dal complesso di avanguardismo.
Diceva un sapiente: "Da quando esistono le tronfie emanazioni di alcuni critici d'arte contemporanea, il vuoto assoluto e' sperimentabile sensibilmente da chiunque li ascolti".
LA QUESTIONE DEL DISEGNO
Nell'arte figurativa il disegno e' alfa e omega d'ogni opera; dipingere e' un continuo disegnare , dar forma, strutturare e concludere. L'informale e' pittura senza disegno; a volte c'e' il segno, ma non e' segno che costruisce, non ha valore "grammaticale", tanto e' vero che finisce per significarsi nel "gesto".
Cos'e' il gesto? E' l'impeto di una vitalita' interiore che si comunica attraverso le vibrazioni della mano che muove il pennello o aziona il mazzolo e lo scalpello. Abbiamo gesti famosi di altrettanto audaci e innovative pennellate: Cezanne, Van Gogh, Manet, Francesco Guardi, Leonardo, Guttuso, e scalpellature possenti come i "non finiti" michelangioleschi o le furiose costruzioni modellate-incise di Manzu' o di Jacopo della Quercia. Gesti strumentali in funzione di una resa formale, di un volto, di un paesaggio, di oggetti concreti sprizzanti vitalità grazie a quei gesti.
Ma il gesto che segna se stesso e' un assurdo estraneo all'arte e facente parte piuttosto dei test in uso nella psicologia e nella psicanalisi. Il gesto riportato sulla tela puo' essere l'esito grafico di un tic nervoso o il
referto di un elettroencefalogramma, puo' andar bene per individuare il momento attuale di una psicologia disturbata..., in definitiva, ospitarlo nell'arte e' come far dipendere i contenuti di un poema dalla grafia di chi l'ha scritto.
Dal Cubismo e dal Futurismo in poi si e' esasperata la frantumazione del soggetto umano cosi' che ogni elemento che ne costituiva la raffigurazione e' stato considerato a se stante, come codice di scuola pittorica o di scultura, con tanto di etichetta differenziata.
Una sorta di big-bang, di esplosione intrinseca all'arte figurativa che ha proiettato in direzioni - le piu' disparate e divergenti - frammenti di contenuti e forme.
E' appunto cio' che si e' detto in precedenza: se lo spirito, realta' aggregante, viene meno, la materia esplode e schizza per ogni dove senza piu' organicita' provocando la babele di linguaggi antilogici e dissociativi dei quali il momento attuale e' palese manifestazione.
Appare chiara qui l'affermazione di un sapiente; "Veri materialisti sono gli spiritualisti, che' essi della materia hanno cognizione autenticamente umana, mentre i materialisti, concependo la materia senza l'animazione dello spirito, la cadaverizzano. Ed e' cosi' che diventano i teorici del macabro".
D’altro canto la grave circostanza contemporanea di smembrare l’arte figurativa scindendo le sue componenti strutturali - linea, colore, chiaroscuro - per rappresentarle fini a se stesse e non più in funzione della realtà, può considerarsi il momento estetico di quel degrado storico accennato all’inizio di questo scritto, per cui l’umanità, sempre più dimentica di Dio, è andata via via dissolvendo se stessa fino a subordinarsi a quell’"altro da sé" che è la tecnica e a degenerare nel suicidio, chè i genocidi sistematici dovuti alla droga, all’aborto, agli inquinamenti, alle guerre e alla violenza, configurano un’umanità gravemente autolesionista.
A questo strutturalismo ateo e materialista, foriero di morte, corrisponde appunto la aberrante concezione dell’opera d’arte come sommatoria di strutture grafiche, cromatiche a sé stanti; o, nel caso della musica, successione disarticolata di suoni, quindi rumori, chiasso.
Ora, se manca la struttura portante dell’opera, cioè il soggetto proveniente da quella realtà di cui tutti hanno esperienza, manca l’unico elemento che può conferire unità al quadro (al brano musicale se viene meno il tema), praticamente si elimina l’unico dato che può comporre le strutture dando loro al contempo le dimensioni quantitative e qualitative richieste dall’opera d’arte.
A questo punto accade un big-bang: tolto il soggetto (nella musica il tema), con la diaspora delle strutture che ne segue, l’operatore può far consistere un quadro in linee, punti o cromatismi caotici secondo l’umore del momento e così dar luogo a grafiche di natura istintuale. Sarà poi un "titolo" del prodotto (in genere una frase di enigmatiche significazioni inventata da "critici" complici e soci in affari) a conferirgli aloni intellettualistici.
L'INFORMALE SENZA MASCHERATURE
(Variabile e costante, relativo e assoluto, contingente e
necessario).
Ogni variabile si conosce come tale, come variabile, in relazione a una costante. Einstein per fissare le leggi fisiche e matematiche della relativita' ha assunto come entita' costante la velocita' della luce. Tutto e' relativo, si, ma a un assoluto, altrimenti diventa assoluto il relativo, e cio' e' assurdo.
Lo stesso puo' dirsi per l'astratto: lo si percepisce solo in relazione al concreto inteso come forma e contenuto della natura, sia essa umana o animale o vegetale o in generale cosmica. Un'astrazione dipinta a se' stante e' in realta' una concretezza informale, un "pezzo di materia": non possiamo indicarlo come concretezza astratta o astrazione concreta perche' l'un termine annulla l'altro.
In conclusione, nella pura verita' delle cose, una macchia su tela non e' che questo: macchia su tela. Se vogliamo simboleggiarla con didascalie del tipo "Dinamismo meta-storico d'una notte di mezza estate" dobbiamo far violenza alla nostra normalita' ed entrare nella psicosi progettata dall'esecutore e teorizzata dai critici soci in affari, e in questa alienazione adottare i linguaggi del nulla.
L'ASTRAZIONE AUTENTICA
Ora vediamo il vero astrattismo, o meglio quanto di valore astrattivo puo' darsi nell'opera di artisti figurativi.
Capace di astrazione e' il genio, il cui intelletto giunge a spaziare nel mondo degli universali da lui conquistato con dura ascesi.
Ogni essere umano accoglie uno spirito che puo' osservare da grandi altezze le vicende terrene saturandosi negli argomenti che le trascendono. Lo spirito umano puo' intendere gioire, amare e soffrire in un ordine superiore nel quale la storia dei singoli e dei popoli e' vista in una sommatoria di convenzioni marchiate di transitorieta'. Altre leggi, altri parametri, altre liberta' e aspirazioni presiede questo mondo soprannaturale. Ad esso accede l'intelletto quando i famosi dualismi anima-corpo, fede-ragione, tempo eternita', spazio infinita' si risolvono in unita' armonica, quando i sensi per via di ascesi aderiscono al volo altissimo dello spirito che li anima. E' sempre un momento di sintesi poetica in cui s'incontrano e si equivalgono tutti i prototipi ottenuti dalla fecondita' astrattiva dei veri artisti.
Il mondo degli universali al quale accede l'intelletto umano nella tensione astrattiva (che in definitiva e' tensione di fede) sotto gli impulsi della volonta' ("Assensus intellecti sub imperio voluntatis", e' la definizione di Fede data da San Tommaso), questo mondo appunto e' la Metafisica, precisamente il luogo in cui risiede l'assoluto di tutto il relativo.
In questo Iperuranio non abbiamo difficolta' ad associare le figure di Piero della Francesca all'Amleto di Shakespeare come a trovare una rispondenza, ad esempio, tra il Mose' di Michelangelo e le equazioni musicali di una fuga di Bach, tra il geometrismo architettonico di un Leon Battista Alberti o di un Le Corbusier e l'Enrico IV oppure i "Sei Personaggi" di Pirandello.
Nell'habitat della vera poesia, dove l'umano si cimenta a livello astrattivo, tutto e' possibile: dei semplici limoni, ambientati in un freddo cortile di una metropoli grigia di nebbia, diventano "le trombe d'oro della solarita'"(Montale), il nitrito di una cavalla assume l'eloquenza di un'arringa accusatoria (Pascoli); Il suono martellante della campana con il quale Manzoni realizza l'unita' spazio-tempo delle molteplici circostanze concomitanti al "matrimonio segreto" equivale al periodico "Laudato sie mi' Signore" che da' unita' al quadro cosmologico di San Francesco; le "Cinque vie" di San Tommaso approdano dolcemente nell'Infinito leopardiano, quell'universale astratto in cui la mente naufragando s'entusiasma e si spaura, e nel quale anche Sant'Agostino proietta il lettore delle Confessioni con la sua concezione spazio-temporale.
Un simile Iperuranio, una volta conquistato, risultera' necessariamente affascinante in quanto foriero di continue scoperte e di un alto grado di liberta': la mente spazia sicura, confortata dalla percezione della sua sostanziale unita' con tutto cio' che e'; essa, la mente, puo' saturarsi di verita', mentre il creato le appare ricondotto ad una entita' causale assolutamente semplice.
Nel campo delle arti questo "tutto" si pone come poesia pura, e cosi' il contrasto fra generi e produzioni artistiche ritenute fino a quel momento eterogenee e persino opposte, da' luogo ad una perfetta armonia. In effetti si verifica una convergenza di contenuti astratti finalmente sfrondati da quelle apparenze contingenti legate a periodi e a mode temporali, apparenze che influenzano e a volte condizionano il giudizio critico.
Vero e' che allo scorrere dei secoli tutto si rimette a posto, nel senso che l'arte resta e le finzioni cadono, ma una capacita' astrattiva di giudicare in chiave universale consente di anticipare i tempi. E allora non si ha alcuna difficolta' a riscontrare la coincidenza fra i contenuti ideali, ad esempio, dell'astrazione fidiaca e quelli del ritratto del Giovin Signore della satira pariniana. Ma c'e' posto anche per l'allegria perche' l'umorismo giunge all'arguzia seguendo i parametri dell'intuizione; e cosi' troviamo naturale l'incontro di tipologie tragiche come il Machbet shakespeariano con il Gastone di Petrolini, o dell'Anna Karenina di Tolstoi con Filumena Marturano di De Filippo, di Eurialo e Niso con Tonio e Gervasio...
Fattore coibente di tanta eterogeneita' e' appunto il dato universale, per cui un personaggio tragico ne vale uno comico in quanto ambedue sono archetipi, ambedue esprimono una tipologia umana valida sempre.
GLI INTERSPAZI
In questo spazio incommensurabile e tempo senza cronologia possiamo inoltrarci attraverso quelle "aperture" che, ad esempio, un'analisi iconografica del Giudizio della Sistina identifica negli spazi di luce arginati dalle membra possenti dell'umanita' protagonista della composizione. I famosi interspazi, tipici di ogni grande opera figurativa, stanno tra loro in un rapporto geometrico e formano un quadro a se', certamente astratto, ma solo perche' in diretta dipendenza dal concreto umano al quale si rapportano. Essi costituiscono delle superfici dimensionate e distanziate secondo i canoni di un'armonia che ha riscontro nel criterio distributivo dei gruppi di figure sulla superficie della parete.
Considerando ancora la distribuzione e la forma di queste "finestre" che, sempre nel Giudizio Universale, evidenziano luce e spazio atmosferico tra figura e figura, possiamo apprezzare anche un astrattismo luministico. La luce livida delle folgorazioni apocalittiche da' forma a un paesaggio che sconfina in un ambito di profondita' indefinita. La linea di demarcazione fra il reale umano e l'astratto geometrico--luministico, e' ambientata in modo da divenire addirittura simbolica del destino dell'umanita'; un'umanita' discriminata in eletti e dannati, un destino pronunciato dal gesto definitivo di Cristo. La giustizia del Dio che scandisce l'eternita' si compone all'infinita misericordia impersonata in Maria. Madre e Figlio costituiscono un' unica centralita' isolata per forma e contenuto da tutto il resto. La luce soprannaturale esplode al suono distruttivo delle trombe del Giudizio e sprizza dagli interspazi con sinistri bagliori.
Nel solo Giudizio della Sistina c'e' tanta astrazione quanta non ve n'e' in tutta la storia della produzione informale; a noi interessa proprio indicarla come necessariamente dipendente dalla figura umana, e ribadiamo come il "coefficiente astrattivo" provenga dalla concretezza figurativa e come effettivamente l'astrattismo, per esprimersi in vero linguaggio concettuale artistico abbia bisogno della forma umana o comunque di un riferimento di natura (paesaggio, oggetti...). L'astrattismo, in se' non figurabile, diventa invece possibile nei contenuti intellettivi delle opere e persino passibile di forma quando acquista il significato di rapporto fra i canoni umani e la dimensione spazio-tempo-luce in cui i protagonisti dell'opera si collocano.
Sempre nel Giudizio della Sistina il fascino del linguaggio astrattivo proviene da una "dialettica degli opposti" realizzata da quel rapporto fra i termini concreti della forma anatomica e l'imponderabilita' dello spazio atmosferico. Questa sintesi altro non e' che la poesia presente nell'animo di Michelangelo, e in essa consiste il messaggio culturale ed estetico che egli intende comunicare.
Arte e' propriamente il discorso proposto dall'opera quando in essa coincidono due opposti interdipendenti: quello del concreto storico e quello dell'astratto universale.
Ma l'unita' dell'opera, nella compostezza del suo messaggio di poesia, risiede anche nei volti e negli atti dei personaggi raffigurati, i quali, nelle opere d'arte, manifestano autentica vita interiore.
Cosa pensano le sibille, i profeti, gli eletti e i dannati della Sistina? Dove guardano? Cosa vedono? Qual'e' il loro mondo? Non certo quello reale; infatti e' impossibile dire di essi che appartengano a un momento storico. La loro forza e bellezza ne fa dei soggetti di un Eden astratto, certamente inafferrabile e tuttavia "apparentato" con l'uomo d'oggi e con quello d'ogni tempo.
Gli astrattisti contemporanei, quelli onesti, rivelerebbero nelle loro opere la capacita' di dipingere modelli umani universali se invece di abiurare la realtà sapessero imprimere in essa l’intelligenza dell’astratto.
CONCLUSIONE
Riportandoci alla premessa dove si afferma che nella presente ricerca l'arte porterebbe chiarimenti alla vita e questa all'arte, a conti fatti si vede che le due - arte e vita - convergono nell'uomo; maggiormente in quel certo uomo che e' il santo.
Ora, non tutti gli artisti sono santi, anche se inequivocabilmente e senza eccezioni sono asceti e, a modo loro, mistici, ma certamente tutti i santi sono artisti, avendo essi operato eroicamente e genialmente all'origine dell'arte e di ogni realta', cioe' nella vita. I santi hanno fatto della loro vita un capolavoro di poesia.
Concluso il Mose', Michelangelo fronteggio' la sua opera: nemmeno Mose', quello storico, incarnava se stesso piu' di quanto la statua ne dava l'idea. Era davvero una sfida alla perfezione.
Una formica girovaga e sperduta portava la sua vivida inconsistenza fra le anse del panneggio; Michelangelo osserva quell'andare brioso e disordinato, e improvvisamente il Mose' gli appare in tutta la sua fredda incapacita' marmorea.
Il genio s'accascia sconfitto: le sue sculture erano piu' vive d'ogni marmo, ma meno vere della piu' infima forma di vita. "Parla! in nome di Dio parla, vivi!" e nell' eccesso di furia scaglia il mazzolo.
Forse l'aneddoto e' inventato, ma certamente svela il dramma dell'arte: far si' che le forme racchiudano o svelino la forza impetuosa dell'amore con cui gli autori le hanno fatte nascere nell'anima ed esistere nella storia.
L'angoscia del bello che vuol esser vero lacera i sentimenti degli artisti che mettono nelle opere pezzi di se', brandelli del proprio io che accetta di andar morendo pur di dar vita a quel tratto d'infinito carpito a Dio con la violenza della fede e il martirio di un lavoro senza tregua.
L'arte e' religione, ma troppe volte profanata.
I santi hanno in animo tanta arte quanta ne puo' contenere il loro identificarsi in Dio. E chi piu' di loro ne ha ispirata? E quali esistenze sono state piu' spremute dagli artisti per attingere dalla fecondita' del loro amore a Dio, alla Vergine, agli uomini e alla natura le ragioni di opere immortali? Musiche, poemi, cattedrali, affreschi, sculture...;basta nominare qualche "cittadino del cielo" come Francesco, Pietro, Chiara, Caterina, Giovanni Battista... per dar corpo ai patroni dell'ispirazione artistica e ai motori delle piu' imponenti idealizzazioni d'ogni tempo.
Un'obiezione a quanto si afferma in questa conclusione potrebbe avere questa consistenza: all'inizio dello scritto si sdrammatizza l'arte dei geni calando questi nella vita ordinaria fatta di amore, lotte, gioie, lavoro, e mettendo quindi ogni essere umano nelle condizioni di far fiorire nella propria anima la poesia che e' essenza d'ogni arte; ealla fine emerge il santo che e' una figura piu' ardua dell'artista, cosi' lontana dalle dimensioni della comune esistenza da essere aspirazione rarissima e raggiungimento di pochi privilegiati e... vocati.
Fatto e' che la Chiesa oggi rilancia l'ideale di santita' universale indicando il detto evangelico "Siate perfetti come il Padre che e' nei cieli" in tutta la sua carica di imperativo assoluto. La santita' non solo e' accessibile a tutti, ma indispensabile per vivere secondo Verita', per vivere la vita piena e non le sue versioni distorte o riduttive.
Dopo questa impostazione puo' intendersi deviato dalla realta' o sbandato ai sensi della comune accezione di normalita', chi non intraprende una via di perfezione interpretando saggiamente gli elementi della sua condizione di uomo, facente parte di una determinata societa' in un preciso momento storico, elementi della quotidianita': lavoro, famiglia, sport, rapporti umani e di parentela, salute, economia, alimentazione, politica, abitazione, arredamento, moda, studio, riposo, allegria...
Se dunque la santita' e' accessibile a tutti, con piu' ragione lo sono la poesia e l'arte.
ARTE SACRA - Come il santo e' la verifica dell'uomo, il sacro e' la verifica dell'arte, e poiche' Dio prende forma umana in Gesu' Cristo combinando in essa ogni perfezione divina, il sacro esclude l'informale non trovandovi alcuna possibilita' di esprimere le verita' della Creazione e della Redenzione. Proprio per questo il sacro orienta tutte le potenze intellettive, volitive e affettive indispensabili all'esecuzione dell'opera verso un costante arricchimento della figura umana, nell'aspirazione di raggiungere, all'interno dei canoni della sua natura, la sintesi astrattiva di contenuti inesauribili. Qui il segreto della liberta' dell'arte e qui il campo operativo della sua intramontabile modernita'.
FINE
I N D I C E
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PARTE PRIMA - Una storia curiosa; Medioevo; Umanesimo e Rinascimento; Sei e Settecento; Ottocento; Rivoluzioni e capitolazioni artistiche; Novecento; Oggi e domani.
PARTE SECONDA - L'arte; Sensibilita' e poesia; Poesia e meditazione; Il bello; Bellezza e raziocinio.
PARTE TERZA - Spunti per una teologia dell'estetica; Schema conclusivo.
PARTE QUARTA - Il Corpo Cosmico (genesi del senso estetico); L'eredita' di Adamo (facolta' di idealizzare); Ereditarieta' del bene; Creazione artistica o trasformazione? ; Vero, Bello e Buono.
PARTE QUINTA - Processi spirituali, procedimenti logici ed elaborazioni artistiche; Rigore logico e liberta' creativa; Logico e "dislogico" - ascesi e "discesi"; Riassumendo: Corpo cosmico e corpo umano; Quando l'arte evade dalle forme della natura non e' piu' arte; Crisi della logica; Nominalismi; Utopia.
PARTE SESTA - Arte come trasformazione; Arte e liberta'; Grandezza dell'essere umano; Arte e gerarchia di valori; Due corollari.
PARTE SETTIMA - Raffigurazione dell'astratto; Vera e presunta metafisica; Musica; Ancora crisi della logica; La questione del disegno; L'informale senza mascherature; L'astrazione autentica; Gli interspazi; Conclusione; Arte sacra.