Ipotesi su una grande incompiuta




Come l'Orlando Innamorato di Matteo Boiardo, o The mystery of Edwin Drood di Charles Dickens, Tintin e l'Alph-art, ultima avventura del leggendario reporter belga, non è mai stata portata a termine a causa della morte del suo autore, scomparso nel 1983 a 76 anni.
Peccato. Dopo Tintin e i Picaros, ultima e peggiore storia di Hergé, l'Alph-art avrebbe riportato il personaggio su livelli accettabili, se non proprio su quelli migliori: a mio giudizio, sarebbe stata la storia più riuscita dai tempi di Tintin in Tibet, senz'altro superiore non solo a i Picaros, ma anche alla discutibile Volo 714 destinazione Sidney, e alla frivola I gioielli della Castafiore.
Scoprire che i toni buffoneschi di queste ultime, deprimenti storie, scompaiono del tutto ne l'Alph-art, è una sorpresa piacevolissima ! Tutto questo, naturalmente, se la versione definitiva si fosse rivelata all'altezza di quanto ci è arrivato ...
Quello che oggi si può leggere è una specie di taccuino con il layout della storia, fino all'inizio della tavola numero 42, e una trascrizione della sceneggiatura (desunta dal layout), necessaria per orientarsi tra gli schizzi di Hergé, e la miriade di cancellazioni e note in margine che affollano le sue tavole, sempre più approssimative man mano che si procede verso la fine; solo le prime 3 tavole sono realizzate con più cura, e danno una vaga idea di quello che la storia poteva diventare ...

La trama è presto riassunta: si tratta di un giallo cittadino, come non accadeva da Il segreto del Liocorno, e non mancano colpi di scena e perfino morti ammazzati (rari, ma non insoliti nelle storie di Tintin); comunque tutto ruota intorno a una galleria d'arte che espone le opere di un certo Ramo Nash (orribili sculture astratte a forma di lettere maiuscole !): costui, in realtà, fa parte di una banda che produce e spaccia quadri falsi, banda capeggiata da un "santone" dal nome astruso (Endaddine Akass). Ben due persone al corrente delle attività della banda vengono uccise nella prima parte della storia (la loro morte, però, si svolge "fuori scena"): dapprima un complice dei falsari, e quindi il direttore della galleria d'arte, che non aveva voluto prenderne il posto, e, anzi, stava per contattare Tintin.
Nella seconda parte della storia Tintin e Haddock si recano ad Ischia sulle tracce del santone, e invitati nella sua villa dalla Castafiore (seguace delle sue idee), vi restano a dormire. Nel corso della notte Tintin, svegliato da alcuni rumori, scopre quali siano le attività della banda; ma, catturato quasi subito, è destinato ad essere trasformato in statua astratta per mano di un altro complice di Endaddine, uno scultore che lavora col poliestere fuso: all'alba, dopo essere riuscito a mandare, tramite Milou, una richiesta d'aiuto al capitano, viene condotto al suo destino ...
E qui, a due terzi circa del suo svolgimento presunto, termina il layout.

Molti sono i punti su cui riflettere: innanzitutto, come sarebbe finita la storia ? Pare che lo stesso Hergé non avesse ancora preso una decisione, né ci sono rimasti appunti dai quali ricavare qualche idea; ma forse, qualche spunto si può ricavare dalle storie precedenti ...
Purtroppo in nessuna storia vi è una situazione davvero simile a quella con cui l'Alph-art si interrompe, anche se nei finali de Il segreto del Liocorno e de Il paese dell'oro nero si possono riscontrare delle analogie; più in generale si può dire che: Con queste premesse, un finale abbastanza plausibile potrebbe vedere il capitano catturato all'insaputa di Tintin (cosa che renderebbe inutile la missione di Milou); ma poi questi riuscirebbe a liberarsi da solo, magari all'ultimo momento e grazie a qualche evento inaspettato (comparsa della Castafiore ?), e infine a sopraffare i banditi dopo molte scazzottate e rovesciamenti di fronte.
Comunque 20 tavole per finire la storia sono tante ... troppe. Chissà se Hergé aveva almeno una vaga idea del finale !

L'altro grande mistero della storia riguarda l'identità di Endaddine: chi è in realtà ? In più di una occasione a Tintin sembra di riconoscere la sua voce ("Cette voix... Certaines intonations me rappellent quelqu'un"), quindi non vi è dubbio che dovrebbe trattarsi di uno dei suoi nemici di vecchia data, ovviamente travestito (con quegli occhiali e quella barba non può essere diversamente !). Ma chi ?
Il pensiero corre subito a Rastapopoulos, la cui riapparizione dopo il suo rapimento da parte degli alieni (alla fine di Volo 714) sarebbe clamorosa; pure non sembra esserci molta somiglianza (Endaddine pare molto più simile ad Haddock !): Rastapopoulos è corpulento, e il suo naso è prominente e rivolto verso il basso, mentre Endaddine pare magro e ha un naso regolare. Tuttavia, se si va per esclusione, si nota che dei possibili candidati il solo Rastapopoulos, nonostante tutto, ha un naso che assomiglia a quello di Endaddine (Muller, Allan e Sponz ce l'hanno sottile); né bisogna scordare che in fondo, il suo aspetto più recente (in Volo 714) è un pò troppo caricaturale: infatti, se si confrontano l'Endaddine della tavola 40, e il più serio Rastapopoulos di Coke in Stock, si vede che, tutto sommato, non c'è tanta differenza ... e poi il disegno del santone non è mai estremamente preciso: in fondo stiamo parlando di un layout !
Per di più, è proprio dalla voce, e con le stesse parole ("Cette voix"), che Tintin riconosce, in Volo 714, il cattivissimo greco: infine, anche il tipo di reato commesso e la spietatezza dimostrata dal santone ricordano Rastapopoulos: serve altro ? Direi proprio di no !

Un ultimo piccolo mistero riguarda, a mio giudizio, la figura di Martine, la segretaria del defunto direttore della galleria d'arte: è la prima volta che una donna non collegata a qualcuno dei protagonisti (come la moglie di Alcazar ne i Picaros o la stessa Castafiore) ha una parte così importante nelle storie di Tintin, personaggio misogino quanto molti suoi omologhi ... come mai ? Forse Hergé voleva modernizzarsi o forse il ruolo di Martine è più importante di quello che sembra ... chissà.
Certo è difficile credere che Martine sia solo una segretaria, strumento inconsapevole nelle mani di Endaddine, il quale sarebbe al corrente delle mosse di Tintin tramite un microfono nascosto nel ciondolo che lei porta al collo; se invece fosse davvero un membro della banda, così come Tintin suppone inizialmente ? In fondo, per come si svolgono i fatti, nulla prova il contrario, né si può escludere che sia stata davvero lei ad avvertire i sicari che in due occasioni cercano di uccidere il reporter; per di più l'ipotesi di un microfono all'interno del ciondolo non trova ulteriori conferme, anzi: nella tavola 13 si vede invece un "magnetophone" nascosto sotto un bancone, nella galleria d'arte: possibile che Martine ne sia del tutto all'oscuro ? E se fosse una finta ingenua ? Che magnifico colpo di scena che sarebbe !
Altra e più intrigante ipotesi è che Tintin e Martine fossero destinati ad avere una ... ehm ... relazione: sarebbe un colpo di scena ancora più sensazionale ! Vi sono indicazioni anche in questo senso: Tintin sembra sensibile al fascino della segretaria, e si reca ben tre volte da lei, sia pure per interrogarla; in una quarta occasione la incontra per caso e si affretta a riaccompagnarla a casa. Inoltre, di fronte alla sue lacrime e alle sue proteste d'innocenza, cambia subito idea dopo averla sospettata di far parte della banda. Del resto anche Martine non sembra indifferente, visto che, in occasione del quarto incontro, lo accoglie con un clamoroso "Je suis toujours tres hereuse de vous voir", e lo saluta con un premuroso "Mon Dieu ! Soyez prudent !".
Beh, forse sarebbe stato un colpo di scena eccessivo ... propendo più per la prima ipotesi, cioè per una complicità di Martine con la banda di Endaddine; però ammetto che la seconda ipotesi mi intriga davvero !
Peccato non poter dire "se son rose fioriranno" ... Hergé non ha voluto che altri prendessero in mano il suo personaggio. E forse è giusto così.

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