L'implacabile giudice interiore





Anche la depressione, come l'ansia, e' un preciso messaggio dell'inconscio che ci manifesta la nostra segreta insofferenza per tutto ciò che facciamo (o non facciamo) nella nostra vita. Sentirsi depressi è cioè spesso l'effetto di pensieri interni di insoddisfazione, che spesso si trovano sotto la soglia della coscienza ma che riescono a modificare il nostro umore fino a darci la sensazione che nulla al mondo può darci gioia, e non vale la pena di fare una qualunque attività. E' come se all'interno della nostra mente ci fosse un giudice severo e implacabile che ci accusa, e dice "Non sei capace di prendere la vita nelle tue mani, hai sempre fallito, fallirai ancora". Spesso questo tipo di messaggi ci vengono da un'infanzia difficile, in cui siamo stati convinti dai nostri genitori che non abbiamo capacita', che nulla di quello che facevamo li soddisfaceva, che potevamo fare di più; e questo messaggio e' stato cosi' assorbito dalla nostra mente che ancora lo ascoltiamo dentro di noi senza rendercene conto. E' difficile riuscire a "captare" questi pensieri, che spesso si innescano da una serie di ragionamenti interiori che sfuggono al nostro controllo; ma se prestiamo attenzione ai nostri pensieri, possiamo intravedere a volte da quale immagine interiore e' nato un improvviso senso di depressione.

L'inconscio non ha parole per esprimersi, e si rivela con le immagini, in primo luogo i sogni, ma anche i sogni ad occhi aperti e le fantasie. Anche se non e' facile entrare in contatto con l'inconscio, possiamo lavorare con il suo stesso linguaggio, con il linguaggio delle immagini, l'unico che ci permette di sintonizzarci con il nostro mondo interiore. La figura all'inizio di questa pagina raffigura il nostro giudice interiore, severo, implacabile; quando la tristezza si impossessa di noi possiamo immaginare una figura di questa tipo che ripete nella nostra mente il pensiero che ha scatenato la nostra tristezza. Ad esempio, se in una relazione con gli altri ci sentiamo inferiori, o colpiti nel nostro orgoglio, possiamo immaginare il nostro giudice interiore che dice "sei un fallito". Ora il passo da fare e' semplice: trasformare quel giudice in una figura buffa, ridicola, di cui afferriamo immediatamente la natura poco seria e poco importante, ad esempio la figura qui sotto.



Le parole che ascoltiamo dentro di noi sono le stesse, il messaggio interiore di senso di inadeguatezza e' lo stesso, ma ora chi ce lo dice e' una persona ridicola, non degna di fede, che ci fa sorridere; con l'ironia sul giudice (cioè con l'ironia su noi stessi) riusciamo a prenderci meno sul serio e a valutare con più obiettività le critiche autodistruttive che ci rivolgiamo, semplicemente perché, guardandole con ironia, le guardiamo dall'esterno, non le sentiamo più pesare sopra di noi.


In questo modo ci siamo distaccati dalla nostra sofferenza, dalla nostra depressione, e riusciamo a vederla per quello che veramente è: l'effetto dei nostri pensieri tristi e di sconfitta, una specie di illusione che ci soffoca ma di cui possiamo liberarci, paradossalmente, sorridendoci su.



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