Colortron Color System
di Andrea de Prisco
Cosi' com'e' possibile misurare le lunghezze col
metro, i pesi con la bilancia, le velocita' coi tachimetri, esistono strumenti
piu' o meno sofisticati per "misurare" i colori, con metodi diversi
e in grado di fornire risultati piu' o meno accurati. Partendo dal basso
troviamo gli "analizzatori colore" (o semplici colorimetri):
chi si occupa di fotografia o, meglio, di camera oscura ha gia' capito
di cosa si tratta e - piu' o meno - come funzionano. Si tratta di apparecchi
fondamentalmente basati su un elemento sensibile alla luminosita' (a larga
banda, sulla sua linearita' - purche' nota - puo' intervenire il software
di gestione per riequilibrare la "risposta"), utilizzano una
triade di filtri RGB montati su un supporto rotante e una fonte di illuminazione
bianca "stabile nel tempo" per la lettura riflessiva di superfici
colorate. Per analizzare un colore si eseguono tre letture con i tre filtri
monocromatici per stabilire quanto Rosso, quanto Verde e quanto Blu - scritti
in maiuscolo per dovuto rispetto - sono "contenuti" in quella
determinata tinta. Se volete, pensate pure ad uno scanner in grado di leggere
accuratamente un singolo pixel (bello grosso) per dirvi di che colore e'.
All'estremo opposto (massima accuratezza e prezzi riservati al target "industriale")
troviamo i cosiddetti "radiospettrofotometri", ovviamente anch'essi
"colorimetri" in quanto capaci di "misurare" il colore.
Dietro questo nome tanto affascinante quanto difficile da pronunciare senza
averne riempito a mano e riletto velocemente almeno due o tre paginette
di quaderno, si nascondono sofisticate apparecchiature che trattano, dall'alto
della loro assolutezza, la luce effettivamente per quello che e': una radiazione
elettromagnetica, con le sue belle frequenze, al pari delle onde radio,
delle microonde, dei raggi X o dei raggi gamma (tutta roba elettromagnetica).
E' simpatico notare che un ipotetico radiotrasmettitore a banda "extra-extra-large"
collegato, come si conviene, alla sua antenna installata sul tetto, emette
tramite questa onde radio fintantoche' la frequenza delle stesse rimane
entro certi limiti. Man mano che ruotiamo la manopolona verso le frequenze
maggiori (sempre ipoteticamente: a parte i non trascurabili problemi connessi
con l'impedenza dell'antenna, non e' tecnologicamente possibile costruire
un trasmettitore con tali caratteristiche!) osserveremo ad un certo punto
un'emissione di luce rossa da parte dell'antenna, in grado di illuminare
- potenza permettendo - tutto il circondario. Senza accorgercene, poco
era toccato ai raggi infrarossi: modulandoli opportunamente avremmo anche
potuto cambiare canale a tutti i televisori "visibili" dal luogo
di emissione. Continuando ad aumentare lentamente la frequenza, la nostra
instancabile antenna emettera' luce arancione, poi gialla, blu... per passare
subito dopo gli ultravioletti (in questo caso sterilizzando le palazzine
circostanti!), invisibili anch'essi, come noto, al pari degli infrarossi.
Ancora una "ruotata" e potremmo emettere anche i pericolosi raggi
X, "radiografando" gratuitamente tutto il vicinato che, casualmente,
stesse maneggiando materiale fotosensibile. Tornando
a bomba - il riferimento ai successivi raggi gamma e' puramente casuale
- e senza voler a tutti i costi complicare le cose (almeno il sottoscritto
non e' certo solito andare in quella direzione, ndr), possiamo dire che
un radiospettrofotometro tratta la luce cosi' come un analizzatore audio
(avete presente quegli "arnesi" pieni di lucette che salgono
e scendono, normalmente abbinati agli equalizzatori per impianti domestici?)
tratta un segnale sonoro. Quello che otteniamo e', in un certo senso, la
"radiografia" (sarebbe meglio dire la TAC) del colore, la sua
"ricetta cromatica". Tinte calde (tendenti al rosso) saranno
caratterizzate da abbondanza di frequenze basse, le tinte piu' fredde (tendenti
al blu-violetto) avranno quelle alte. Proprio come accade in un assolo
di contrabbasso, dove abbondano le frequenze minori (lunghezza d'onda maggiore),
e nel tintinnio di un triangolo, dove troviamo solo frequenze molto elevate
(lunghezza d'onda minore). E con la luce bianca, cosa succede? Colpo di
scena: sullo schermo del nostro radiospettrofotometro potremmo constatare
un'uguale quantita' di frequenze lungo tutto lo spettro, proprio come accade
col "rumore bianco" in campo audio. Corsi e ricorsi... fisici!.
Piccolo & nero
Il Colortron (prodotto dalla californiana Light Source)
non e', ovviamente, un radiospettrofotometro... ma gli assomiglia un bel
po'. Utilizzando tecniche di rifrazione ottica, suddivide "meccanicamente"
lo spettro visibile in trentadue sottobande e per ognuna di esse esegue
una lettura quantitativa. In questo modo ricostruisce (con un'approssimazione
piu' che sufficiente per le applicazioni "umane") la distribuzione
spettrale del campione misurato, fornendo una lettura intrinsecamente piu'
accurata di quanto possibile con un semplice analizzatore colore. Il Colortron
puo' essere utilizzato sia per misurare sorgenti emissive (fotocolor retroilluminati,
ma anche monitor da tarare), sia superfici riflessive. Per queste ultime,
addirittura, distingue tra riflessione assoluta (oggetti colorati, superfici
smaltate, tinte piatte) e riflessione relativa (colori stampati su carta).
Nel primo caso il "bianco" e' rappresentato da una quantita'
nota e ben precisa (fornita a corredo con l'apparecchio sotto forma di
colore campione rilasciato appositamente, con tanto di numero di serie
riportato, per l'esemplare in nostro possesso), nel secondo caso il bianco
e' il colore della carta sulla quale sono stampate le tinte da misurare
ed e' su questo che lo strumento si tara prima della lettura. Gia' con
il software fornito a corredo, oltre ad svelare i segreti di qualsiasi
colore (e a compiere con esso molti "giochetti" divertenti, come
vedremo) permette di calibrare il proprio monitor generando il corrispondente
profilo ColorSync da posizionare nella cartella sistema. Abbinato ad alcuni
programmi di acquisizione e/o stampa, permette (sempre molto agevolmente)
di calibrare anche i dispositivi di ingresso e uscita (generando altrettanti
profili colore) per ottenere una completa catena di acquisizione-visualizzazione-fruizione
perfettamente allineata... con le nostre aspettative. L'apparecchio, di
ridotte dimensioni, si collega alla porta ADB tra tastiera e computer ed
e' fornito con due adattatori. Il primo serve per analizzare colori stampati
o tinte piatte, il secondo (dotato di ventose) si utilizza per la calibrazione
del monitor. Al
primo utilizzo dello strumento (e dopo determinate scadenze fissabili dall'utente)
e' necessario effettuare "la sua" calibrazione. Per effettuarla
si ricorre al gia' citato "colore campione" per il bianco e ad
una stupenda "black trap box" (per brevita' BTB) per la calibrazione
del nero. La BTB non e' altro che un cubo, interamente realizzato in cartoncino
opaco nero, al cui interno e' inserita una piramide (anch'essa nera). Al
centro del lato superiore e' presente un'apertura rettangolare attraverso
la quale - almeno nelle intenzioni del costruttore - la luce viene completamente
"intrappolata" e assorbita (praticamente... un buco nero!). Sul
manuale e' ben evidenziato di non tentare la calibrazione del nero utilizzando
una comune superficie di questo (non)colore, in quanto comunque sarebbe
dotata di un minimo potere riflettente. Comunque, effettuate le due calibrazioni
(quella del bianco e' facoltativa se non dobbiamo leggere tinte piatte
colorate, smaltate, verniciate, ecc.) possiamo eseguire il test diagnostico
per verificare il corretto funzionamento dell'apparecchio. Sempre sulla
tavola dei colori campione, accanto al bianco di cui sopra, possiamo trovare
anche un magenta, un ciano, un giallo, un nero, un grigio e un generico
"bianco carta" (da non utilizzare come bianco assoluto: si vede
anche ad occhio nudo che e' ben diverso). Dopo questi rapidi preparativi,
il nostro Colortron e' pronto per funzionare. Lanciato il software di gestione
(e' lo stesso che permette la calibrazione dell'apparecchio e il test diagnostico)
possiamo divertirci a "giocare" con i colori. Qui anticiperemo
soltanto che ogni tinta analizzata puo' essere inserita in apposite palette,
singolarmente salvabili su hard disk e altrettanto facilmente richiamabili.
Oltre a conoscere "tutto" sulle letture cromatiche eseguite (dalle
componenti di colore primario, alla sua distribuzione spettrale) possiamo
generare automaticamente altri colori. Ad esempio tinte intermedie partendo
da colori noti (specificando il "ratio" desiderato), ma anche
abbinamenti cromatici gradevoli. Partendo da un colore (letto con lo strumento
o impostato manualmente) possiamo chiedere al software di generare abbinamenti
cromatici di due-tre o anche sei tinte ben armonizzate tra loro. Sembra
strano, ma con i colori e' possibile anche fare ragionamenti matematici
che non offendono affatto il gusto di noi (poveri) umani. Nella "ruota
dei colori", le tinte sono gradevolmente abbinabili quando sono equidistanti
tra loro - o comunque disposte secondo simmetrie ben precise - ovvero,
sommandole cromaticamente si ottiene un grigio neutro (l'algoritmo di "Color
Harmony" si basa sulle teorie dello svizzero Johannes Itten, 1888-1967).
Banalmente, 'LA' tinta meglio abbinabile con il campione di partenza e'
quella diametralmente opposta (complementare). Con tre tinte si prende
di base un triangolo equilatero (120 gradi di rotazione tra un colore e
il successivo), ma e' possibile allargare o stringere la base, spaziando
nell'infinito campo dei triangoli isosceli, per ottenere sempre terzetti
- attenzione: nel loro insieme, non se consideriamo singole coppie - armonicamente
equilibrati. E cosi' via per il caso delle quadruple, delle quintuple o
delle sestuple. A che serve tutto questo? Anche a produrre tessuti (united
color of...), oggetti d'arredamento variopinti, abbinamenti di display
differentemente retroilluminati (avete presente le "autoradio a colori")
o carte da parato di sicuro successo. La moda passa, la matematica resta...
Colortron Calibrator
Per chi si occupa di fotografia digitale, l'aspetto piu' appetibile del Colortron e' quasi certamente la calibrazione del proprio monitor. Se non disponete di un'unita' video stabilizzata (come lo splendido Barco Reference Calibrator o il piu' accessibile Personal Calibrator in prova presto su MC) non fatevi pero' troppe illusioni. Il problema della navigazione cromatica del vostro schermo nel corso della giornata rimane, ma almeno potete "buttare l'ancora" nel punto giusto e per di piu' dove l'acqua e' piuttosto bassa (in modo tale che le "correntI" spostino il vostro monitor il meno possibile). Per calibrare il monitor e' necessario installare la "protesi appiccicosa" al Colortron. Al posto del piedino "normale" si inserisce l'adattatore dotato di ventose col quale e' possibile far aderire lo strumento allo schermo. Prima e' necessario regolare opportunamente i controlli di luminosita' e contrasto (fissandoli subito dopo con pezzi di nastro adesivo affinche' ne' noi ne' nessun altro si azzardi a spostarli: i monitor Barco di cui sopra hanno, sapientemente, i controlli protetti da password!). Per questa prima regolazione "ad occhio", e' lo stesso software di calibrazione a venirci in aiuto mostrandoci alcuni grigi campione che, a taratura manuale effettuata, devono essere tutti ben visibili e ben distinguibili tra loro. Nient'altro. Subito parte la calibrazione automatica che consiste nel sottoporre al Colortron le capacita' di visualizzazione colore del monitor. Vedremo scorrere i tre colori primari in varie intensita', ma anche il bianco e il nero per i consueti riferimenti di massima e minima luminosita'. L'operazione complessivamente non dura piu' di qualche decina di secondi e al termine il software genera il "prezioso" profilo di calibrazione del NOSTRO monitor. Inutile ripetere che se avete piu' computer con piu' monitor e' NECESSARIO ripetere la calibrazione per ognuno di essi.